Il 5 luglio al Monte Verità, il danzatore e coreografo italiano in dialogo con Riccardo Blumer per esplorare il ménage à trois tra gesto, spazio e natura
Monte Verità è un nome che suona come una trasmutazione alchemica, e forse lo è davvero, dato che nei primi del Novecento è stato il palcoscenico di sperimentazione artistica e filosofica. Ed è proprio l’Auditorium di Monte Verità che venerdì 5 luglio ospiterà Virgilio Sieni – danzatore e coreografo italiano, artista attivo in ambito internazionale per le massime istituzioni teatrali, musicali, fondazioni d’arte e musei – in dialogo con Riccardo Blumer dell'Accademia di Mendrisio, per esplorare il ménage à trois tra gesto, spazio e natura. L'evento che anticipa il futuro progetto dell'Accademia del Gesto, fondata dallo stesso Sieni nel 2007, e si focalizzerà sull’importanza della manualità e dello spazio tattile. «Si partirà dall'essenza stessa di Monte Verità», ci dice Sieni. «Cercheremo di esplorare soprattutto come il corpo può essere accolto e ospitato dalla natura».
Nel 1913 il celebre danzatore Rudolf von Laban trasformò quest’angolo di mondo in una culla della danza moderna, consacrando Monte Verità come il santuario dell'avanguardia coreutica. Sieni lo descrive come «la congiunzione cosmologica di tante menti, tanti pensieri, tanti corpi». Un festival della mente e del corpo, dove l'idea di emancipazione fisica trovava il suo habitat naturale, fiorendo in un continuo dialogo con l'ambiente circostante. Il coreografo, riflettendo su questa eredità, afferma: «Monte Verità ha suscitato interesse per esplorare come il corpo possa emanciparsi verso nuove forme di esistenza nel mondo». E con Riccardo Blumer si dedicherà a come il corpo possa fondersi con l'ambiente, in un'armonia che va oltre il semplice contatto.
La danza emerge come l'antidoto perfetto alla monotonia della vita contemporanea. «È quell'elemento che si intromette in tutto quello che è la schematizzazione del quotidiano, degli schemi abitudinari che abbiamo», afferma il fondatore dell’Accademia del Gesto, realtà che non fa selezione all’ingresso né bisogna essere in lista per accedervi: accoglie tutti dai professionisti ai semplici appassionati, diventando un laboratorio dove il gesto si trasforma in un linguaggio universale. «Siamo tutti danzatori se impariamo ad ascoltare il nostro corpo», enfatizza, sottolineando come attraverso l'Accademia si approfondisca il gesto come una via di esplorazione del corpo in relazione allo spazio e agli altri. «Le persone che decidono di intraprendere un percorso attraverso il corpo si incontrano e gradualmente sviluppano legami di amicizia. Questo processo rigenera il senso di una memoria rinnovata, perché la memoria non è fissa: si sposta e muta».
La sua filosofia ingloba espressioni astratte che sembrano difficili come “spazio tattile”, ma sono più concrete di quanto possa sembrare. «Ci muoviamo perché esiste uno spazio, dunque la tattilità non riguarda solo il toccare l'altro, ma anche la capacità di sentirsi toccati dallo spazio», spiega Sieni. Ci sono pure concetti già conosciuti sin dalle ore di scienze sui banchi di scuola, come l’inevitabilità della gravità, evoluti e applicati al movimento e alla vitalità dell’essere umano. «Naturalmente, tutti noi siamo soggetti alla gravità. Allo stesso tempo però dobbiamo attuare delle forme di risonanza, il che è più complicato poiché coinvolge il nostro sistema articolare». La flessibilità delle giunture permette un continuo processo di rigenerazione per l'individuo. «Se fossimo completamente rigidi, saremmo bloccati e contratti, prossimi alla morte. Le articolazioni servono per creare un sistema articolare che risponda alla gravità e si metta in contatto con tutta la dimensione auratica». Fondendo scienza e arte, il corpo, secondo il suo credo, è una macchina tanto poetica quanto tecnologica, capace di trasformarsi senza fine. «Il corpo ha una complessità talmente dettagliata che non ci rendiamo conto che appaiono quotidianamente delle novità su dei gesti fatti migliaia di volte», sottolinea. Una continua metamorfosi che richiede esplorazione e una ricerca costante di libertà. «È una forma di attenzione politica, perché richiede la partecipazione di chi si mette in opera e dunque anche la capacità di ascolto della persona che è davanti».
Questa resistenza all'eccessiva produttività contemporanea trasforma il movimento e la danza in un manifesto sventolato per il cambiamento sociale. «Il corpo è un campo dove si può elaborare il concetto di liberazione e dunque anche di democrazia». Verrebbe da dire che tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, ma l’artista e danzatore mostra come il gesto più banale possa diventare un'azione consapevole volto a crescere sia noi che la comunità: «Anche mettere la mano sulla spalla di una persona, che è un gesto che tutti noi possiamo fare, può essere rivissuto e ripercorso attraverso forme di ascolto». Riesumare e riappropriarsi dei gesti comuni diventa così una dichiarazione politica di rinascita e partecipazione attiva.
Si cade spesso nell’errore comune di pensare che la danza sia solo per chi sa farla, ma il dialogo con Sieni esplorerà un nuovo punto di vista che coinvolge chiunque, dove ogni gesto quotidiano diventa un atto di creazione e rinascita. «Il nostro corpo non si ferma», conclude. «È infinito poiché si adatta continuamente alla vita: la nostra fisiologia cambia di minuto in minuto, invecchiamo con nuove sostanze e nuove esperienze. E questo nostro mutare esige un andare avanti con il proprio gesto e farlo emancipare».