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Le conseguenze del vuoto

Una metamorfosi in tre parti. Tra le righe di ‘Vita degli anfibi’ di Piero Balzoni (alter ego, 2023)

Piero Balzoni
(Facebook)
29 maggio 2023
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Titolo e copertina del romanzo di Balzoni suscitano curiosità che solo la lettura potrà soddisfare. L’oggetto del romanzo, in effetti, è (almeno apparentemente) un altro rispetto alla vita degli anfibi: la scomparsa di un padre il giorno del compleanno della bimba, proprio mentre gioca con lei. È la figlia a raccontare le conseguenze del vuoto che le si è aperto intorno, e lo fa a distanza di anni, ma con la stessa sofferenza e, si potrebbe dire, lo stesso sgomento incredulo dei primi momenti. La prosa è semplice, ma restituisce le emozioni e i piccoli cortocircuiti di una mente che prima non sa, poi non vuole capire l’accaduto. Anche il lettore, di conseguenza, si trova preso tra il desiderio di conoscere la sorte capitata all’uomo e l’impossibilità di farlo, irretito da una narrazione che non muta mai il punto di vista.

Il romanzo è articolato in tre parti, che seguono lo sviluppo – o la metamorfosi, da uovo a girino a rana – della protagonista. Bambina, assimila la scomparsa del padre alla dimensione magica delle fiabe che lui le raccontava. Gli spazi reali divengono allora i fondali in cui sono messe in scena speranze e delusioni. Così, mentre fervono effettivamente le ricerche dell’uomo, la bambina si dedica alla sua impresa personale: portare al dio del lago, nella cattedrale della città sommersa, il suo ‘dono di luce’, per ottenere in premio il soddisfacimento del suo unico desiderio.

La narrazione è condizionata, come detto, dalla visione della protagonista; così la prima parte del romanzo è ambientata in luoghi desolati e sfiancati dal caldo, sulle rive di un lago scuro e immobile. Tutto è dominato da segni di incuria e di abbandono, fino agli edifici rosi dalle intemperie e dagli insetti. Anche le relazioni con gli altri personaggi, e con la madre in particolare, sono deformate dalla diffidenza verso il mondo adulto che tradisce le attese di una soluzione felice.

Con la seconda parte si assiste a un mutamento di scenario: madre e figlia vivono ora in una città qualsiasi, anonima, quasi solo un perimetro entro cui muoversi. Il tempo scorre rapidamente e troviamo la protagonista presa nell’inevitabile sviluppo dell’adolescenza, a cui oppone però resistenza, immobile nel suo mondo cristallizzato. Solo durante un ricovero in ospedale accetta la possibilità che le persone si prendano cura le une delle altre; è da questa esperienza che scaturiscono spiragli di apertura verso un futuro diverso e più tollerabile.

Nello stesso tempo, sebbene solo sottotraccia e filtrate con diffidenza, la narratrice lascia trasparire ipotesi attorno alla scomparsa del padre. Perché, naturalmente, esiste una verità: la si intravede tra le parole della protagonista, ma resta nascosta, ambigua, impalpabile. Perché non è questo il tema che interessa Balzoni, la cui attenzione è focalizzata sul modo in cui la protagonista affronta l’assenza, sull’inattendibilità dei suoi ricordi, se non sulla loro manipolazione.

La terza parte vede infine la protagonista infermiera nell’ospedale di una città sul mare, ormai giovane adulta. Si tratta della sua prima apertura verso il mondo: occuparsi degli altri durante il giorno, per poi rinchiudersi la sera nel suo piccolo appartamento asfittico, sempre prigioniera delle proprie ossessioni. Ma il mare, a lungo ignorato, porterà con sé la brezza e la mutevolezza del tempo, per cui finalmente si delinea la possibilità che la scomparsa possa essere accettata.

‘La vita degli anfibi’, dunque, è un libro sulla fatica del crescere, in cui la soluzione delle ambivalenze che ci condizionano – tanto più quando si tratta di colmare il vuoto di un’assenza – è trasformata in metamorfosi: un’evoluzione inarrestabile, che porta alla vita.

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