La recensione

L’aspro stil novo di Ligeti nel weekend di quartetti

Per LuganoMusica, al Teatro Studio del Lac, ampi consensi per il Quartetto Belcea e per il Quartetto Diotima. Delude il Quartetto d’archi della Scala

Quartetto Belcea
(Marco Boggreve)
14 febbraio 2023
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Londra, Parigi, Milano: il Quartetto Belcea, il Quartetto Diotima, il Quartetto d’archi della Scala. Cessati i vincoli della pandemia, Lugano Musica è tornata a offrire l’esclusiva rassegna di quartetti d’archi nel disadorno parallelepipedo di cemento chiamato Teatro Studio, dove su una tribuna allestita con tubolari da cantiere edile ci sono un centinaio di sedie, più che sufficienti per l’esiguo pubblico che segue questi concerti, spazio ideale per la musica da camera, con esecutori e ascoltatori a due passi, un ascolto diretto senza alcun problema di acustica.

Quattro volte su quattro corde, in meno di tre secoli la civiltà occidentale ha costruito le forme più elevate della sua musica. Da Joseph Haydn ai nostri contemporanei la letteratura è immensa e per molti autori di oggi comporre un quartetto d’archi resta l’ambizione maggiore. Ma la complessità di quanto si può fare sulle sedici corde richiede ai quattro strumentisti affinità elettive e metodi di lavoro congruenti, la ricerca di un fraseggio che concili la fisicità del suono con l’astrattezza delle idee musicali, la consapevolezza che il tutto è molto più della somma delle singole parti.

Venerdì

Venerdì sera Corina Belcea e Pablo Hernán Benedí, violini, Krzysztof Chorzelski, viola, Antoine Lederlin, violoncello hanno presentato in prima esecuzione svizzera "Les instants retrouvés" (2022), un’opera loro dedicata dal cinquantaduenne compositore Guillaume Connesson: un’evocazione di momenti di vita a lui cari, una narrazione musicale che vorrebbe mettere sotto le ali protettive della "Recherche" di Marcel Proust. Sul programma di sala c’è anche la citazione "Il ricordo di una certa immagine è solo il rimpianto di un certo momento", come un viatico per un’accurata lettura della partitura ancora fresca d’inchiostro. Il brano di Connesson è stato scortato da due opere d’inizio e fine Ottocento: il Quartetto n. 10 (1813) di Franz Schubert e il Quartetto (1893) di Claude Debussy. I consensi del pubblico per la splendida esecuzione di Debussy sono stati ricambiati da un bis: il Presto dell’op. 17 n. 5 di Joseph Haydn.


Lyodoh Kaneko
Quartetto Diotima

Sabato

Ricorderò l’edizione 2023 del Weekend di quartetti soprattutto per il concerto di sabato sera affidato al Quartetto Diotima. Yun-Peng Zhao e Léo Marillier, violini, Franck Chevalier, viola, Pierre Morlet, violoncello, hanno eseguito due Quartetti di György Ligeti, nell’ordine il n. 2 del 1968 e il n. 1 "Métamorphoses nocturnes" del 1954, freschi di una registrazione discografica che porta la data 2023. Scrivo queste righe mentre ascolto questa registrazione. L’aspro stil novo di Ligeti mi richiama anche i tragici eventi storici che separano queste due composizioni: la rivolta ungherese del 1956, soffocata nel sangue dall’esercito sovietico, durante la quale Ligeti fuggì in occidente e poté continuare in Germania la sua vita di compositore. Si tratta di due opere stupende, che sembrano avere radici nei Quartetti di Béla Bartok e nella Lyrische Suite di Alban Berg. Non tento di descriverne la complessa struttura musicale, ricordo almeno l’assoluto silenzio dei fortunati ascoltatori del Teatro Studio, forse accresciuto dall’emozione del ricordo della vita tragica di Ligeti, cacciato dai nazisti perché ebreo, conculcato nelle sue idee dai comunisti perché adepto della libertà di pensiero. Non dimenticherò anche la perfetta esecuzione dei due Quartetti di Leos Janáček, il n. 1 "Sonata a Kreutzer" (1923) e il n. 2 "Lettere intime" (1928), che hanno aperto e chiuso il programma di sabato.


Quartetto d’archi della Scala

Domenica

Domenica pomeriggio era di scena il Quartetto d’archi della Scala, una formazione che non può lavorare a tempo pieno, ma solo quando è libera dagli impegni con l’Orchestra. Francesco Manara e Daniele Pascoletti, violini, Simonide Braconi, viola, Massimo Polidori, violoncello, hanno presentato tre opere famose: di Joseph Haydn il celebre Kaiserquartett op. 76 n. 3 (1797), con l’inno austriaco "Gott erhalte Franz der Kaiser" nel tempo lento, l’ultimo Quartetto di Ludwig van Beethoven, l’op. 135 (1827), il Quartetto op. 51 n.1 (1873) di Johannes Brahms.

Il Quartetto scaligero ha deluso assai. Improponibili per il Weekend di quartetti il suo Haydn e il suo Beethoven, si è riscattato un po’ con Brahms. Ma va detto che ha incontrato i favori del pubblico, forse desideroso, dopo due serate ascetiche, di un pomeriggio distensivo. Alla fine il concerto è diventato una piacevole conversazione fra esecutori e ascoltatori coronata da due bis: due trascrizioni di arie dal Rigoletto di Giuseppe Verdi.

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