Culture

Lo Stato liberale è in crisi, gli effetti dagli Usa all’Europa

All’Usi ospiti lo storico Lucio Caracciolo e il filosofo Carlo Lottieri, in un confronto di idee e visioni tra più o meno Stato

Donald Trump
9 febbraio 2023
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«È un tema molto complesso», per dirla con il giornalista Roberto Antonini che ha moderato l’incontro organizzato dal Circolo liberale di cultura Carlo Battaglini mercoledì all’Università della Svizzera italiana. A parlare di ‘Attacco allo Stato liberale’ – questo il titolo della serata – di fronte a un Auditorium gremito, sono stati Carlo Lottieri, filosofo e professore, fondatore dell’Istituto Bruno Leoni e Lucio Caracciolo, storico, giornalista, fondatore e direttore di Limes, rivista italiana di geopolitica, in un confronto di visioni e idee opposte sulla libertà individuale e il ruolo dello Stato.

«La democrazia liberale è in crisi da qualche tempo – ha esordito Antonini, introducendo la discussione –, ciò lo si misura con la crescita dei movimenti populisti in varie forme». Un malessere «vero, probabilmente legato in particolare alla globalizzazione, che ha spostato il baricentro dalla politica all’economia ai mercati e i cui processi sono all’origine dell’esplosione delle disuguaglianze negli ultimi anni». L’elezione di Trump nel 2016 ha dato per certi versi la ‘mazzata’ definitiva, perché avvenuta nel Paese, gli Stati Uniti, considerato la più vecchia democrazia dell’epoca moderna.

La crisi dello stato liberale americano, ha affermato Caracciolo, è «una crisi di identità. Nati per combattere un impero, quello britannico, gli Usa sono poi diventati loro stessi un impero; soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale con la creazione di una struttura reticolare di ottocento basi militari nel mondo, spesso richieste più dai popoli dentro ‘l’impero’ che non voluta dall’impero senza imperatore. Oggi dentro gli Usa si manifesta quella che si chiama fatica imperiale, perché mantenere l’impero è ritenuto troppo costoso sia in termini economici che di guerre. E per la prima volta gli americani si chiedono ‘who are we?’, chi siamo?». Domande, dubbi e crepe della potenza statunitense le cui conseguenze possono interessare anche l’Europa. «L’Unione europea – ricorda Caracciolo – è una creazione degli Usa. Se gli americani non fossero sbarcati sul continente, saremmo in una situazione assai diversa. Storicamente gli europei si sono fatti sempre la guerra, perché al loro interno c’erano quantità di potenze e capacità culturali e sociali. La polarizzazione nata dalla Guerra Fredda, ha di fatto permesso di compattare l’Europa». Un declino e un disimpegno degli Stati Uniti, per Caracciolo, avrebbe conseguenze anche su «noi europei».

Dal canto suo Lottieri ritiene che «molte cose funzionano, quando c’è un ordine spontaneo. O pensiamo che la società debba reggersi su qualcosa di costrittivo, oppure crediamo che la società sia talmente articolata da trovare le proprie logiche attraverso interazioni e scambi». Ciò che c’è di fondo nel progetto europeo – stando al filosofo – è «il tradimento dell’Europa stessa. Caratterizzata storicamente per essere un’area fondamentalmente unitaria dal punto di vista culturale, è sempre stata divisa. A parere mio l’Unione europea dovrebbe dirigersi verso una logica di confederazione. Non è necessario avere un potere centrale e in tal senso la Svizzera è un esempio».

A giocare un ruolo fondamentale, sempre secondo Carlo Lottieri, è la questione culturale. «È tanto più facile convivere con gli altri, quanto più uno rimane padrone a casa sua». Perché gli Usa, si chiede, sono passati dalla statua della libertà che ha le braccia aperte ad accogliere, alla costruzione di muri? «Una delle ragioni è che più alto è il welfare, maggiori sono i motivi di non voler lasciare benefici ad altri. Il mio invito è riflettere sulle libertà, mettendo in discussione un dogma: quello cioè che l’unico modo per risolvere il problema della convivenza civile, sia lo Stato moderno. Proviamo a relativizzare questa invenzione tipicamente europea occidentale e moderna».

Di tutt’altro avviso s’è detto Lucio Caracciolo. «Quando uno Stato si sfascia, non tiene o non funziona bene, poteri che basano la loro potenza sulla mancanza di controllo e delle istituzioni, come le mafie ma non solo, si contendono il potere magari armi in pugno; e, in assenza di monopolio della violenza, si crea spesso violenza diffusa. La disgregazione di quel poco o molto delle istituzioni, anche discutibili, porta con sé la fine della garanzia che anzitutto si stia in pace».

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