Microcosmi/Microcinema

Cinelario. Esserci, è la parola.

A Menaggio, la sala animata da ‘cineD’AUTORE’ è un valore per una comunità piuttosto povera di iniziative culturali, uno spazio per creare relazioni

In sala
(Cinelario)
4 febbraio 2023
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Il litorale prende e dà forma, le sue linee anticipano curve e strettoie, trova insenature, spiagge divise tra sassi scuri e bianchi. Oggi, un vento freddo scende da nord, capace di farti sentire nuovo, vivo, attento. Intorno, case antiche e recenti, orti, giardini, fino al porto che occupa una parte della riva. L’acqua non è ferma, anche quella di uno stagno racconta Philippe Jaccottet. Accade, quando "un vento ricco di vivacità l’anima: linee che fuggono, obliquamente, sulla superficie (pioggia allungata), leggeri rigonfiamenti o ondulazioni, che mostrano il vento; qualcosa come un miscuglio di acqua e di vento". Sono arrivato a Menaggio dalla strada bassa, la giornata è limpida, i colori si diffondono veloci, si consumano e tornano, scelgono dove posarsi. Passa un battello, poi due passi sul lungolago, a sinistra la piazza.

Esserci

L’appuntamento all’entrata di ‘Cinelario’ è per le 14.30, qui conosco Davide Capone, fisioterapista, uno degli animatori del gruppo ‘cineD’AUTORE’, insieme al gestore ed operatore Bruno Bertarini, cresciuto con la pellicola in mano lavorando con quel proiettore d’annata che si vede prima di entrare in sala. All’interno, centotrenta poltrone rosse, un clima riconoscibile. Tra i temi affrontati, alcuni hanno particolare risonanza. Davide, parla dell’importanza della sala per ‘esserci’, luogo di relazione e incontro. Bruno, della possibilità di far capire ai giovani l’essenza del cinema.

Cosa vuol dire essere gestore di una monosala? «Lo sono dal 2006. È un servizio che diamo alla nostra popolazione, tenendo conto anche delle scuole con cui collaboriamo. Una delle poche cose che può nutrire di cultura i nostri paesi». La tua esperienza? «Come gestore, è la prima. Come operatore ho iniziato al vecchio cinema ‘Illiria’, non più in uso; nel ’70 avevo sedici anni e considerando che sono del ’54, è stato un periodo molto importante nella mia vita. Una passione». Quando scatta? «In quel momento, da ragazzo, là nasce tutto». Un’esperienza ricca. «Sì. Con in mezzo una pausa. Ma al cinema ci sono sempre andato». Parli del ’70, arriviamo ad oggi. Non un secolo, ma un tempo di notevoli cambiamenti. «Ho conosciuto un cinema dove la presenza era tanta, i film che passavano in televisione avevano almeno vent’anni. Tecnica diversa rispetto al digitale, anche se fino al 2013 era in funzione il proiettore che vedi a un passo dalla sala. Un bel ricordo». Piattaforme, tecnologie. Il cinema in sé, resta? «Una volta era più facile, c’era solo il cinema o andavi a ballare. Chi viene adesso è una platea di affezionati, non è più una cosa popolare». La sala parrocchiale, ex oratorio, ci fa compiere un piccolo viaggio all’indietro; poco lontano, Bruno ricorda lo sterrato dove si giocava a pallone tutto il pomeriggio. Con Davide, parliamo del gruppo di amici che hanno rilanciato il cinema, dopo la pandemia. «Come diceva Bruno, la sala rappresenta un valore per una comunità piuttosto povera di iniziative culturali, spazio che promuove cultura, una proposta continuativa». Una risorsa. «Per chi vuole, attraverso il cinema, fare aggregazione sociale, oltre le piattaforme. Facciamo fatica a starci dietro, pacchetti appetibili in aggiornamento costante e magari cerchiamo dei film già usciti. La differenza è l’idea di vederli in sala, di commentarli insieme. Quello che è cineforum».

Il vostro gruppo? «Nasce da due caratteristiche. L’amicizia che ci lega e la passione per il cinema. Menaggio ha tremila abitanti, quindi l’idea è creare sinergie con altre realtà del territorio. Dall’amministrazione comunale, che ha compreso l’importanza di un luogo per la cultura, riceviamo un utile sostegno». D’estate? «Da qualche anno facciamo delle proiezioni all’aperto nell’agorà delle scuole medie, più di intrattenimento, in avanti rifletteremo su cosa integrare alla rassegna autoriale. Visto quanto è accaduto dobbiamo essere prudenti». Qualche giovane si accosta? «L’impressione è favorevole, anche se le serie tv spopolano. Ci vuole pazienza». Il gruppo, impegnato nella programmazione discute qualche mese prima, si ascolta chi ha visto un film, letto una critica. «Per noi – aggiunge Davide – un grande piacere. Abbiamo creato momenti emozionanti se penso al film ‘Sulla mia pelle’ di Alessio Cremonini, la vita di Stefano Cucchi nei drammatici ultimi giorni, con l’intervento della sorella Ilaria, un pezzo doloroso della nostra storia». Il cartellone che ho sottomano è interessante, il giovedì sera, ore 20.30, l’appuntamento fino a marzo ed è possibile un prolungamento. Bruno Bertarini è tornato alla sua passione, «una grande passione, un senso di libertà», aggiunge. E mi sembra proprio così.

La vita (non?) è altrove

Di cosa parla il romanzo di Milan Kundera, ‘La vita altrove’? Di un mondo parallelo, del poeta Jaromil che crea il personaggio di Xavier, sempre più reale nella sua irrealtà, impegnato nella rivoluzione, attraversando il mondo dei sensi e della politica. Sento Luca Crosta, laurea in ‘Scienze Umanistiche’, anche lui del gruppo ‘cineD’AUTORE’. Parlerà sullo sfondo, dell’altrove e del qui. E delle aree discoste. «Se devo trovare un motivo per impegnarmi nel progetto, oltre all’amicizia che mi lega al gruppo, è che lo spazio di ‘Cinelario’ è l’unico punto del luogo dove sviluppare relazioni, incontrarsi, fare cultura. I numeri della partecipazione testimoniano qualcosa che ha un valore e che non c’è in tutta la costa del lago». Dando corpo a una narrazione. «Sì. Facendo vedere mondi diversi e nel portare delle testimonianze esterne, preziose; qualcosa che secondo me, per un territorio, è impagabile». Si parte da cosa c’è. «Sperando di fare sempre di più, senza perdere la voglia di andare avanti. Abitiamo in un luogo che vive bene grazie al lavoro al di là del confine e per il turismo, in mezzo è facile dimenticarsi cosa voglia dire vivere, presi da una dipendenza esterna. Avere qualcosa al di fuori della vita in casa e di quella lavorativa».

Luca, è affascinato dall’incantevole borgo di Naggio, poco più di trecento abitanti, forse, un’isola. Gli chiedo un nome di un regista, tra i diversi che apprezza; è Paul Thomas Anderson, pluripremiato, attento nel disegnare contesti di disperazione, a una vita parallela, altra. «Non c’è un suo film – dice – che non mi emozioni e, soprattutto, mette le immagini e il loro interagire sopra ogni cosa». Non so se a Naggio ci siano magnolie, ma Anderson ci ha fatto conoscere i personaggi disadattati di ‘Magnolia’ che troveranno in un’indimenticabile scena finale la forza di superare sé stessi, amando ancora. Petali.

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