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Alla scoperta de ‘Il capitale’ in compagnia di Paolo Favilli

A Mendrisio, il 5 febbraio, lo storico toscano discuterà della sua ultima opera ‘A proposito de Il capitale’ con Virginio Pedroni e Christian Marazzi

L’autore e l’opera
1 febbraio 2023
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Il pensiero di Marx ha conosciuto un revival spettacolare dalla crisi finanziaria del 2008, tanto in ambito accademico e letterario che, in parte minore, in ambito politico. Nell’oceano di pubblicazioni sul tema spicca l’ultima opera dello storico toscano (e Ticinese d’adozione) Paolo Favilli, ‘A proposito de Il capitale’. Il lungo presente e i miei studenti. Corso di storia contemporanea (Franco Angeli, 2021), indubbiamente una tra le più originali. Conosciuto da noi anche per essere stato docente di storia al Liceo di Lugano, Favilli ha insegnato Storia contemporanea e Teoria della conoscenza storica all’Università di Genova, presso la quale è stato inoltre direttore del Dipartimento di Studi umanistici (Distum). Tra i suoi campi di specializzazione figura proprio quello relativo alla storia del marxismo, a cui ha dedicato numerosi saggi tradotti nelle principali lingue del pianeta. Il prossimo 5 febbraio, una tavola rotonda presso la Filanda di Mendrisio sarà l’occasione per scoprire la sua ultima fatica. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Cominciamo con una domanda facile e leggera: cos’è Il capitale di Marx?

Un autorevole storico della filosofia e germanista, Nicolao Merker, sosteneva che "parlare di qualunque autore senza avere contezza delle fonti materiali (…) che lo riguardano sembra più un esercizio di fiato che un discorso". Condivido del tutto questa importante indicazione metodologica che poi, nel caso de Il Capitale, assume quasi un carattere discriminante per la comprensione delle logiche di pensiero che hanno caratterizzato tutta la vita scientifica di Marx.

Durante la sua vita Marx ha scritto tutti i libri che oggi appaiono sotto il nome de Il capitale, cioè quattro libri in sei tomi (o sette od otto a seconda delle edizioni), ma ne ha pubblicato solo il primo. E anche il primo libro non ha una versione marxiana "definitiva". L’indispensabile viaggio filologico all’interno di questa dimensione dell’«oggetto materiale» è un viaggio attraverso una produzione intellettuale iniziata verso la metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento e non ancora conclusa nel 1883, al momento della morte di Marx. In questo lungo periodo egli scriverà e pubblicherà numerosi altri volumi tutti in sé compiuti. Il suo opus magnum, invece, resterà incompiuto dopo quasi trent’anni di ininterrotta (ri)elaborazione. Un processo contrassegnato da una continua tensione verso un livello globale di comprensione e di rappresentazione del reale. Uno sforzo prometeico per abbracciare un insieme di relazioni tendenzialmente «totale» e contemporaneamente la necessità di ritorni, ripartenze, modifiche degli strumenti analitici per la conoscenza della realtà del capitale in perpetuo mutamento.

Al termine del nostro viaggio sulla composizione dell’"oggetto materiale", saremo forse in grado di avere idee più precise su ciò che è e su ciò che non è Il capitale. È un’opera pensata per la comprensione di un «sistema», ma non è sistematica. È un’opera teorica innervata di ricerca storica, e quindi non dottrinaria. È un’opera kantianamente «critica», del tutto aliena da ogni forma di dogmatismo.

In che modo Marx, con Il capitale, ci aiuta a vedere l’economia con occhi diversi?

Dobbiamo avere ben presente il sottotitolo de Il capitale: Critica dell’economia politica. Il riferimento marxiano è all’"economia classica", quella di Adam Smith e David Ricardo. Marx ripete continuamente che i loro scritti erano lavori scientifici, rappresentavano l’analisi spregiudicata, "cinica" (usa più volte questo termine) della scienza economica con tutto il complesso delle sue contraddizioni. Essi erano consapevoli "dell’opposizione tra gli interessi delle classi, tra salario e profitto". La loro analisi, tuttavia, svolgeva il meccanismo delle contraddizioni sul piano della "forma di natura" della produzione sociale. La "critica" marxiana concerne, appunto, il problema della naturalizzazione delle relazioni economiche, delle relazioni di dominio. La caratterizzazione naturale di un rapporto sociale, al contrario di una caratterizzazione storica, non prevede la possibilità di cambiare un mondo che su tali categorie abbia il suo fondamento. Il capitale, invece, come critica dell’economia politica, è critica di tali categorie – critica, quindi, dell’assolutizzazione dei rapporti sociali capitalistici. Si tratta, dunque, di una vera cesura epistemologica che si articola, comunque, ancora nell’ambito della «economia politica».

In seguito, con la scomparsa del termine "politica" dal binomio, scompare il modo di pensare la suddetta sfera nell’ampia accezione di insieme di relazioni sociali mediate dall’economia. La "scienza economica" si occupa di rapporti tra "cose economiche" (Economica, Economics), e non di rapporti economico-sociali. Ne Il Capitale, invece, l’indagine si concentra proprio su quello che c’è dietro le cose, soprattutto sulla considerazione delle "cose", concetti e/o fatti economici, nell’ambito del processo storico di mutamento. Il che è l’esatto contrario di qualsiasi tipo di "naturalizzazione". Questo sguardo, che lei definisce "diverso", è in grado di farci "vedere di più" all’interno delle dinamiche dei rapporti di domino, e sulle forme che assumono in contesti storici differenti nello spazio e nel tempo.

In che modo le categorie analitiche de Il capitale permettono di definire e capire il nostro "lungo presente" iniziato con la Rivoluzione industriale e la Rivoluzione francese?

La categoria analitica che ho chiamato "lungo presente" è concettualmente diversa da quella utilizzata per definire la periodizzazione che lei indica e che è ormai comunemente accettata per definire la "storia contemporanea". Quest’ultima ha assunto piena dignità accademica solo a partire dagli anni Settanta, permettendo a tale denominazione di entrare progressivamente nei programmi della scuola e dell’università. Il "presente come storia" invece era categoria già utilizzata da tempo dai grandi storici, e teorizzata da filosofi insigni – esemplare in questo senso è il caso di Walter Benjamin. Mentre la "storia" contemporanea consolidava la propria presenza sia accademica che nella Public History, diventava evidente un nesso che collegava le due categorie, un nesso che partiva proprio dal nucleo profondo dell’analisi economica del Il Capitale. La "storia contemporanea" si definiva sempre di più come la storia della modernità del capitalismo maturo. E ciò apriva, con tutta evidenza, a nuove prospettive all’analisi secondo il "presente come storia".

Il suo libro è un "corso di storia contemporanea", ma costituisce anche un’importante riflessione sull’attualità politica e le prospettive della sinistra. Marx è ancora attuale?

Il "presente come storia" è essenziale per riflettere sull’attualità di Marx anche nella sfera politica, e sulle prospettive della sinistra. Se non si tiene conto del fatto che nel "momento attuale" convergono differenti temporalità storiche tanto nel senso della linearità che in quello della profondità, il presente appare come la risultante della manovra politica contingente. Il che va benissimo per le élite dominanti che vedono scomparire dall’orizzonte della politica le logiche profonde dell’accumulazione del capitale. Alla fine degli anni Settanta si è aperta l’attuale fase di accumulazione, quella del capitale globale, quella del "non ci sono alternative". Una sinistra che intenda essere erede della funzione storica che ha avuto la vicenda del movimento operaio e socialista per più di un secolo non può prescindere da ragionare in termini alternativi rispetto alla razionalità neoliberista, la dominante della fase in corso. E qui gli strumenti della "critica dell’economia politica" ci sono indispensabili. Non sufficienti naturalmente. Marx ci solleciterebbe a studiare attentamente il "nuovo", ma a non confonderlo con il "novello", tipo il vino di pronta beva, sia Chianti o Beaujolais.

Paolo Favilli discuterà della sua ultima opera in compagnia del filosofo Virginio Pedroni e dell’economista Christian Marazzi in occasione di una tavola rotonda dal titolo significativo: ‘Cosa significa sinistra oggi? Chiediamolo a Karl Marx’. Un’occasione per riflettere, anche in modo critico, su potenziali contributi e limiti del pensiero di Marx per il dibattito politico contemporaneo. L’appuntamento è fissato per domenica 5 febbraio alle 14.30 presso la Filanda di Mendrisio.

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