Naufraghi.ch

Giorgio Gaber, in scena come dietro le quinte

Con Paolo Dal Bon, suo manager prima, presidente della Fondazione poi, aspettando il tributo Rsi di questa sera allo Stelio Molo

Da ‘Me, fuori di me’, 1973
(Rsi)
11 gennaio 2023
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Il 2022 si è chiuso con la settimana gaberiana di naufraghi.ch, un tributo a Giorgio Gaber intitolato ‘Ricordando il Signor G’. Coinvolti, alcuni ticinesi a proprio agio con la parola scritta e un paio d’illustri esperti. Nello specifico, Andrea Scanzi, autore del libro ‘E pensare che c’era Giorgio Gaber’ e Paolo Dal Bon, per anni manager dell’artista e oggi presidente della Fondazione Giorgio Gaber. Concludiamo il tributo al Signor G su queste pagine proprio con un estratto dalla lunga intervista di Enrico Lombardi a Dal Bon, in attesa di ulteriori capitoli della commemorazione di Gaber (morto il primo gennaio di vent’anni fa) e rilanciando l’appuntamento di questa sera a Besso, nell’Auditorio Stelio Molo della Rsi. RED

Paolo Dal Bon, parliamo di Gaber cominciando dal nostro ‘osservatorio ticinese’, un approdo importante nel suo percorso artistico…

Giorgio era molto affezionato a tutta la zona ticinese. Lo dimostra il fatto che tutti i suoi spettacoli sono stati rappresentati a Lugano. E ancor prima dell’attività teatrale, quindi del 1970, frequenti erano le serate nella vostra zona. Quello ticinese è un pubblico molto sensibile e intelligente. Non a caso, sempre con grande piacere, da voi Giorgio ha accettato di essere ripreso nella sua attività teatrale ancor più che con le televisioni italiane. Anzi, ha realizzato prodotti appositamente per la tv svizzera. Ne ricordo uno in particolare, che cade quasi a cinquant’anni da quell’evento. È lo spettacolo ‘Far finta di essere sani’, ripreso non in teatro bensì in studio, con appositi accorgimenti anche scenografici. Tutto quel repertorio divenne una serie di quattro puntate intitolata ‘Me fuori di me’, bellissima, con un Gaber in splendida forma e una curiosa situazione che non si è più ripetuta in altre situazioni televisive.

Potremmo aggiungere la relazione particolare con Marco Blaser, poi direttore della Rtsi, che conosceva Gaber sin dagli anni 60 e lo portò a registrare diversi programmi per la televisione svizzera…

Certamente, un rapporto personale del quale io non sono stato testimone, perché sono arrivato soltanto nel 1985, anche se è proprio in quell’anno che siamo venuti per la prima volta a Lugano. Un altro elemento decisivo nella scelta di essere così vicino al Ticino, alla città di Lugano in particolare e alla televisione della Svizzera italiana, era la grande professionalità di una struttura non mastodontica come quella della Rai, ma capace di garantire un livello professionale al quale Giorgio era sensibilissimo. Perché Giorgio era svizzero, in quanto persona precisissima, meticolosa, puntuale, e ogni volta che si veniva a lavorare in Ticino, che fosse televisione o teatro, era sempre garanzia di qualità, di lavoro e di vita.

Alcuni cultori del suo repertorio, non addetti ai lavori ma felicemente o malinconicamente fedeli alla sua opera, sono stati emblematicamente proposti in questi giorni con testi originali incentrati su un brano del vasto repertorio gaberiano. Ti propongo di parlare del Signor G partendo da questa nostra parzialissima ma particolare antologia. Inizierei con una delle canzoni più popolari e cruciali: come nasce ‘La libertà’?

Ricordiamo che tutto il teatro canzone di Giorgio Gaber è stato scritto insieme a Sandro Luporini, un binomio che bisogna sempre tenere molto ben presente, come molto ben presente lo teneva Giorgio ogni volta che parlava di sé e del suo lavoro. ‘La libertà’ è un brano molto popolare, che ha avuto una popolarità forse superiore a quella che Giorgio e Sandro avrebbero desiderato avesse. Giorgio spesso diceva che "libertà è partecipazione" non era esattamente ciò che desideravano dire, che la canzone se n’era uscita così perché erano ancora un po’ grezzi nello scrivere un certo tipo di pezzi e un certo tipo di spettacolo. In questo caso, lo spettacolo è ‘Dialogo tra un impegnato e un non so’. La canzone è del 1972, quindi di un signor G neonato.

"Libertà è partecipazione" rifletteva sicuramente i temi le sensibilità di quel momento storico particolare, quindi l’invito a essere partecipativi, ma soprattutto la libertà e la possibilità data a ciascuno di lasciare un segno significativo nella vita degli altri, o comunque in quella collettiva. Poter dare sempre all’individuo questa opportunità è sinonimo di libertà. Il concetto è dunque leggermente più sfumato, più articolato rispetto al semplice enunciato "libertà e partecipazione". Tant’è, quell’enunciato è usato moltissimo. Nella nostra rassegna stampa quotidiana, che ci mostra qualsiasi cosa appaia di Gaber, e ovunque appaia, ogni giorno c’è qualcuno che cita "libertà e partecipazione", spesso anche a sproposito o in modo speculativo. I politici la utilizzano tantissimo, per esempio, ma la frase non è mai stata rivolta ai politici, o perlomeno lo era nel senso migliore di concetto politico, quello non partitico. Ci sono stati politici che hanno detto "andate a votare, perché libertà è partecipazione, come diceva Gaber". E in quel caso Gaber diceva: "No, ragazzi no, ci stiamo proprio sbagliando…".

Devo dire che però, pensando all’oggi e alle possibili strumentalizzazioni, rimane un fatto certo che Gaber dica che libertà non è farsi gli affari propri, seduti sopra un albero, ma confrontarsi con gli altri…

Certamente. E io credo anche che il grande successo della canzone, mi permetto di dire, sia nella musica. Giorgio ha trovato una melodia particolarmente efficace, che è uno degli aspetti vincenti al di là della suggestione del verso. D’altra parte, Giorgio è un grandissimo creatore di melodie, e qui ha dato il meglio di sé.

A proposito di politica, democrazia, ideologia, temi che Gaber ha sondato in tanti suoi brani: parliamo di ‘Destra-sinistra’?

‘Destra-sinistra’ nasce nel 1993, prima ancora, o comunque poco prima, che in Italia si tornasse al maggioritario. C’erano molti partiti, dal Pci alla Democrazia Cristiana, dal Partito Liberale ai Socialisti, un arco molto ampio. C’erano ovviamente una destra e una sinistra, però assai diluite, sfaccettate. Il maggioritario ha creato due blocchi, un consolidamento che Giorgio e Sandro non hanno considerato come un elemento di progresso della vita collettiva. Questa finta contrapposizione ha scatenato la loro ironia, soprattutto quell’accaloramento che si è tornati ad avere per la politica in una contrapposizione molto isterica, caricata, esasperata nei toni, senza che vi fosse una reale diversità o contrapposizione. ‘Destra-sinistra’ è nata prima che Berlusconi scendesse in campo, quindi ancora una volta Gaber e Luporini sono stati dei precursori. La canzone nasce ovviamente per il teatro: come tutte le canzoni che Gaber scriveva, l’attività discografica era una semplice testimonianza dal vivo di ciò che accadeva in teatro, i suoi dischi erano in fondo la registrazione degli spettacoli.

Gaber ha sempre proposto uno sguardo interrogativo anche sul privato, sulla persona, nelle nevrosi, nelle paure, nell’incertezza esistenziale che per lui, mi viene da dire, è anche politica. Due esempi tratti dalla nostra antologia: ‘Lo shampoo’ e ‘Quello che perde i pezzi’…

Sono due brani significativi, divertenti e anche molto originali. ‘Lo shampoo’ è stato forse il suo successo teatrale più grande, nel senso che la voce su quella canzone si è diffusa più a livello teatrale che discografico, tanto che il bis non mancava mai. E anche se… Io ho fatto 1’523 repliche con Gaber, e ascoltare nei bis per 1’523 volte ‘Lo shampoo’, come minimo diventi calvo (ride, ndr). Al di là di questo, erano due pezzi molto divertenti che rappresentano bene quel periodo, anche se non solo un aspetto del linguaggio che hanno usato.

È giusto dire che Gaber fosse molto legato al privato, ma significava sostanzialmente che sia lui che Sandro, in questi lunghi mesi estivi – nei quali si confrontavano due intelligenze superiori, che si incontravano e fumavano centinaia di sigarette, e bevevano litri di caffè, discutendo di tutto – mettevano in gioco loro stessi, s’interrogavano sulla propria vita, su qualsiasi aspetto della propria esistenza. Ecco perché, io credo, Giorgio è stato così amato: in qualche modo, si metteva in gioco come persona, esattamente come tutte le persone che venivano a vederlo a teatro. La sua era una riflessione a partire da se stesso, che cercava di condividere con gli altri; ogni spettacolo del teatro canzone, anche quelli della prosa, soprattutto quelli, erano un attraversare tutti gli aspetti, dal politico al personale al rapporto di coppia, tutto ciò che riguarda la persona.

In questo senso Giorgio era d’accordo nel dire che il personale è politico, nel senso che riguarda l’individuo in sé. Tutto questo, sempre in rapporto agli altri, perché Gaber non era un eremita; lo è un po di più Sandro, più riservato, un pochino più ‘orso’. Giorgio, al contrario, era una persona da trincea, anche soltanto per le duecento repliche all’anno. E poi tu sai quanta coda ci fosse davanti ai camerini ogni volta, e quanto volentieri Giorgio ricevesse tutti. Gli unici non contenti erano i custodi dei teatri che dovevano chiudere al mattino, o i ristoratori che non vedevano l’ora che si finisse di cenare.

Il Gaber personale, il tuo Gaber privato?

È importante dire che Gaber era davvero una persona eccezionale, che è poi ciò che il pubblico intuisce. D’altra parte, a un uomo che faceva e diceva quelle cose sul palco non poteva non corrispondere nel privato una persona altrettanto valida. Giorgio era veramente una persona speciale per qualità umane, per i valori che rappresentava e per la capacità che aveva d’instaurare un rapporto straordinario con il prossimo. Se ne andava da una città dopo un trionfo e diceva "siamo stati bravi", e non c’era modo di dirgli che quello che era stato bravo era lui. Giorgio amava la condivisione, aveva un rispetto assoluto per i suoi collaboratori e per il suo pubblico. Era molto esigente, sì, ma dava moltissimo, risultando di esempio per gli altri. Giorgio era una persona eccezionale, mi manca tantissimo il confronto quotidiano con lui. Io sono stato un privilegiato, probabilmente non ho saputo essere all’altezza di un tale privilegio, ho il rimpianto che avrei potuto fare/dare molto di più, però il rapporto continua, idealmente, perché una persona così ce l’hai nel cuore e non la abbandonerai mai più.

La versione integrale dell’intervista è disponibile sul sito www.naufraghi.ch (estratto pubblicato per gentile concessione)

Anche in live streaming

Quasi quasi gli faccio un Omaggio

Elio, Andrea Mirò, Federico Sirianni, Murubutu e Valentina Londino con Mattia ‘Mad’ Mantello. Tutti artisti per i quali Giorgio Gaber rimane – per dirla con i naufraghi – un faro nella tempesta, o semplicemente un punto di riferimento. Con ospite Paolo dal Bon, è questo il cast dell’Omaggio al Signor G di questa sera alle 20 nell’Auditorio Stelio Molo della Rsi a Besso. L’evento, condotto da Gian Luca Verga, è per il momento al completo, ma è possibile annunciarsi per la lista d’attesa a eventi@rsi.ch. L’Omaggio al Signor G sarà comunque trasmesso in diretta live streaming.


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