Culture

Il Polifilo dei misteri (e il giallo del furto a Lugano)

Dal fascino per l’Hypnerotomachia Poliphili nasce ‘Battaglie d’amore in sogno’, esordio di Giovanna Lepori. ‘Anche un omaggio alle eccellenze ticinesi’

Giovanna Lepori con un esemplare dell’Hypnerotomachia Poliphili alla Bibliothèque Mazarine di Parigi
7 gennaio 2023
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Luoghi e personaggi reali: il centro di Bellinzona deserto la domenica e la Golena dove passeggiare con il cane; Lugano con la chiesa Santa Maria degli Angeli e la Biblioteca Salita dei Frati; l’illustre padre Giovanni Pozzi, frate cappuccino dalla figura poliedrica (italianista e filologo di notevole caratura, professore di letteratura italiana all’Università di Friburgo, nato nel 1923 e morto nel 2002 e per trent’anni responsabile della Biblioteca); un libro antico dal titolo che pare uno scioglilingua, l’‘Hypnerotomachia Poliphili’, definito uno dei più belli mai stampati da mano d’uomo. Fatti inventati: tutto il resto o quasi. A partire dal furto del ‘Polifilo’ di Francesco Colonna, sparito nel nulla a Lugano. ‘Battaglie d’amore in sogno’ (Dadò editore), esordio letterario di Giovanna Lepori, è un piccolo giallo come lo chiama lei. Per numero di pagine (ottanta figure comprese) e perché il mistero è una sorta di pretesto. Ne parliamo con l’autrice.

Lei è docente di matematica alla scuola media di Bellinzona. Come si passa dai numeri alle parole?

Più che passare dagli uni alle altre, direi che si tratta di una convivenza tra due anime che si completano. Al liceo ho frequentato l’indirizzo classico, poi è di matematica che mi sono occupata e, lo scorso anno, ho seguito una formazione in Biblioteconomia alla Supsi. Va detto che l’insegnamento della matematica è intimamente legato al racconto: pensiamo all’importanza di far conoscere agli allievi sistemi numerici e procedure in uso nelle civiltà del passato e poi giunte fino a noi attraverso i secoli. I confini tra i due mondi, quello dei numeri e quello delle parole, non sono quindi così netti come si potrebbe pensare e la scuola è il luogo ideale per sperimentare entrambi.

Com’è maturata l’idea di un libro e di una storia ambientata in casa?

Ad affascinarmi è stata innanzitutto l’‘Hypnerotomachia Poliphili’, opera pubblicata dall’editore veneziano Aldo Manuzio nel 1499, agli albori dell’introduzione della stampa a caratteri mobili. Manuzio ha promosso e favorito la diffusione di testi classici, latini e greci, a partire dai molti manoscritti presenti nella città lagunare. A lui si devono inoltre importanti innovazioni che hanno trasformato l’oggetto libro in quello che oggi conosciamo, come il carattere corsivo, la numerazione della pagina e il formato in-ottavo, noi diremmo ‘tascabile’, che ha sostituito i ben più ingombranti codici manoscritti, dando così il via alla democratizzazione della lettura. Nel Polifilo, come si è soliti chiamare l’incunabolo aldino, sono contenute anche 170 xilografie, così belle che ho voluto darne un assaggio tra le pagine del mio romanzo. Il palcoscenico ideale dove inserire questo capolavoro del Rinascimento è stato per me evidente sin dall’inizio: la Biblioteca Salita dei Frati di Lugano, costruita alla fine degli anni Settanta per ospitare il fondo dei frati Cappuccini, frutto dell’intuizione geniale di padre Giovanni Pozzi e dell’architetto Mario Botta. Oggi ne è direttore Pietro Montorfani che ha avuto la gentilezza di scrivere la prefazione al mio romanzo. È uno spazio di lettura e silenzio che si sviluppa al di sotto del vigneto, una ‘grotta’ del sapere sovrastata da un lucernario che lascia entrare la luce e, purtroppo, anche la persona misteriosa che desidera impossessarsi del famoso incunabolo. Infine volevo fare una breve incursione, da non addetta ai lavori, nel mondo affascinante degli accademici che si dedicano con ostinazione e passione a questioni letterarie dall’apparenza forse marginale ma, in realtà, capaci di dare forti emozioni a ciascuno di noi. E attorno al Polifilo, sin dalla sua pubblicazione, persone affascinanti se ne trovano parecchie, a partire dal suo autore.

Perché un giallo?

È stata una scelta naturale, dettata dalla mia curiosità verso i libri antichi e il mondo dei bibliofili che passano la vita a collezionarli, leggerli e commentarli. Il furto mi sembrava un buon punto di partenza per invitare il lettore a seguirmi in questo percorso che non conduce al caveau di una banca bensì nella sala di lettura della Biblioteca Salita dei Frati.

In mezzo a personaggi fittizi cita alcune persone realmente esistite: in primis Padre Pozzi, ma anche i Barocchisti diretti da Diego Fasolis. Perché ci ha tenuto a inserirli?

Padre Pozzi è stata una figura fondamentale per il nostro territorio e, durante il suo magistero friburghese, ha formato decine di intellettuali ticinesi; Diego Fasolis è ambasciatore della cultura nel mondo. Il mio vuol essere quindi anche un omaggio alle persone di casa nostra, delle quali a volte scordiamo l’importanza. Ce ne sono in vari ambiti: l’architettura, la musica, l’arte, la letteratura, ed è davvero sorprendente come un fazzoletto di terra sappia produrre una tale eccellenza.

Nel romanzo emerge la questione, ancora attuale, della difficoltà per le donne di accedere a posizioni di vertice e al vedersi riconosciuti ruoli di responsabilità. È un tema a lei caro?

Sì, il tema mi sta a cuore perché in questo ambito c’è ancora molto da fare. Trovo quindi importante che la questione venga toccata anche in un ‘piccolo’ giallo come il mio, si tratti dell’uso non discriminatorio della lingua per indicare le professioni o del ricordo dello sciopero delle donne del 14 giugno 2019. Anche nella scuola la tematica è di attualità: penso alla femminilizzazione dell’insegnamento, che va di pari passo con inferiori retribuzione e possibilità di carriera rispetto alle attività a prevalenza maschile, o alla presenza ancora limitata delle donne in ruoli scolastici dirigenziali. Ho però l’impressione che le nuove generazioni manifestino sempre maggior sensibilità verso la parità di genere e rispettino le differenze di compagni e compagne, sapendo cogliere la ricchezza che ognuno e ognuna porta con sé.

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