Letteratura

L’ultimo regalo di Erminio Ferrari

La raccolta postuma del collega scomparso, ‘Ma liberaci dal male’, è stata presentata venerdì scorso al Monte Verità, in un auditorium stracolmo

Un occhio sensibile sul mondo
(©Erminio Ferrari)
5 settembre 2022
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È stato un atto collettivo di elaborazione del lutto. Una sorta di messa laica. Ogni persona che lo ha conosciuto porta con sé una sua "reliquia", che sia un libro, un disco, una foto, un ritaglio di giornale, un’e-mail... Pezzi di Ermi che provano a riempire un vuoto, proprio come l’incontro di venerdì sera al Monte Verità. Sto cascando nella trappola della santificazione e l’Ermi sarebbe stato in disaccordo (altroché). Nonostante i gropp, torniamo all’ordine.

L’auditorium della Fondazione Monte Verità, ospite dell’evento di venerdì scorso, era pieno: a stimare, saremo stati in cento e più, tra familiari, amici, colleghi (di anni vicini e lontani), estimatori. L’occasione era la presentazione di ‘Ma liberaci dal male. Racconti sparsi’ (2022), una raccolta di Erminio Ferrari pubblicata postuma da Tararà: «L’ultimo regalo». Così è stata definita. All’incontro hanno partecipato Marta, la figlia di Erminio, l’editore Giovanni Margaroli, la curatrice del volume Paola Giacoletti, il giornalista de ‘laRegione’ Stefano Guerra.

La genesi del libro l’ha raccontata il collega Stefano nell’intervista a Marta, pubblicata nell’edizione de ‘laRegione’ di lunedì 29 agosto 2022 (‘Sul filo della montagna’), cui rimandiamo. Dopo la nota dell’editore, la raccolta – nella collana "storie" – si apre con il racconto eponimo, ne seguono otto: ‘La parete’, ‘La discesa’, ‘Pizzo di Claro’, ‘Sassariente’, ‘Cima dell’uomo’, ‘Soccorso alpino’, ‘Kacem’, ‘Un blues per Gilardi’. Chiudono ‘14 ottobre’ (scritto da Marta) e una postfazione di Giacoletti, in cui l’autrice costruisce una bussola per la lettura "ragionata" dei testi. La maggior parte delle foto contenute in ‘Ma liberaci dal male’ è stata scattata da Ermi: era anche un bravo fotografo, con occhio sensibile, ciò la diceva lunga del suo sguardo sul mondo, peculiarità che lo contraddistingueva come uomo, scrittore e giornalista.

E giornalista

Schivo e umile; burbero per mascherare la sua sensibilità. «È stato un maestro in tante cose, anche della ritrosia». Stefano ha ricordato un collega certo, soprattutto un amico e lo ha fatto dapprima in musica, diffondendo le note di Van Morrison. Fra aneddoti personali – i due erano legati da una profonda amicizia – e redazionali, il giornalista ha tratteggiato un accorato ritratto di un uomo «che ancora oggi è una presenza costante. Curioso di musica e letteratura, per i suoi colleghi era un’inesauribile fonte di spunti e un "contrabbandiere" sempre disponibile». Il suo vecchio ufficio – una volta con vista sul Pizzo di Claro – prima, la sua postazione in newsroom poi, sono sempre stati un porto sicuro per noi colleghi, dove a turno ci rifugiavamo per scambiare due parole, chiedere un consiglio.

Oltre che un porto sicuro, e. («puntato») era un riferimento per il mestiere: «Erminio considerava il suo un lavoro d’artigianato, da farsi con rigore, studio e fatica. Credeva nel giornalismo di buona coscienza», quello che non schiamazza e che non cede al voyeurismo. Fra ‘Eco di Locarno’ e ‘laRegione’, il Ferrari ha lavorato per ben trentuno anni, ma non si considerava un maestro (anzi aborriva definizioni di sorta). Con il suo essere e i suoi articoli ha però insegnato molto, dandoci con la pratica grandi lezioni di giornalismo, da farsi quotidianamente con sensibilità, acume, chiarezza e anche ironia, laddove necessaria. Soprattutto, ci ha insegnato a "non sporcare in giro" con le parole, con il nostro lavoro. «Ancora oggi – ha confessato Stefano –, quando ho un dubbio riguardo a un articolo o un commento che sto scrivendo, mi chiedo: ‘Qui, l’Ermi cosa farebbe?’. Lui risponde sempre».

E scrittore

«La pubblicazione esile (dal titolo fortemente meneghelliano, ndr) di certo è lontana dal colmare il vuoto che ha lasciato Erminio. Ma è stata un regalo». Così l’editore Margaroli, che ha riportato alla memoria il rapporto dell’Erminio con la casa editrice. Fin dai primordi (a metà anni Novanta) di Tararà, Ferrari è stato coinvolto nel progetto di una casa editrice che voleva «contribuire a creare una biblioteca della montagna, dando voce alla storia e alle storie del nostro territorio e penso a Ossola, Verbano e Ticino». Con Tararà, l’Erminio ha pubblicato circa una decina di titoli, dove irrinunciabile protagonista è la montagna, con le sue facce, le sue storie, i suoi luoghi. «Un amor de lonh (come nella lirica cortese, ndr) per la montagna»; ha quindi continuato la curatrice del volume, che ha raccontato alla platea lo scrittore, che amalgamava vicende vissute in prima persona con le storie dei personaggi che andava a intervistare. Narrazioni scritte con il suo inconfondibile stile colloquiale, "cifra esatta che rende bene, inseguendo il trascolorare degli stati d’animo, ‘lo sciame’ dei pensieri di chi li ha scritti, e trascina anche i pensieri di chi legge", scrive Giacoletti nella sua postfazione.

E uomo

Chiudiamo con il ricordo sentito e conciso (perché per Dire non servono tante parole) della figlia, fra le forze propulsive della pubblicazione. Marta, con voce rotta dall’emozione, ha chiarito le ragioni dell’inserimento nella raccolta del suo racconto ‘14 ottobre’ (data dell’incidente fatale): «Era per provare a far capire quanto Ermi fosse speciale. Per far capire che la sua perdita non è solo affettiva. Essere giusti, corretti e umili come lui è difficile. Non ha mai dato istruzioni su come diventare anche solo la metà della persona che era. Non ha mai voluto insegnare nulla a nessuno. Semplicemente era, e aveva il coraggio di essere, senza mai mancare di rispetto a nessuno».

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