Al festival di letteratura per ragazzi lo scrittore francese Christophe Léon ha presentato il suo romanzo ‘Reato di fuga’
Gli incontri pubblici dell’ultimo Storie Controvento (www.storiecontrovento.ch) hanno incluso quello con lo scrittore Christophe Léon, a colloquio con Paolo Buletti nel cortile della libreria Casagrande di Bellinzona. Nato ad Algeri nel 1959, in Francia Léon ha pubblicato più di 30 romanzi per bambini e ragazzi: i temi a lui più cari sono la protezione dell’ambiente, i fatti di cronaca e i pericoli della globalizzazione. Il suo libro ‘Reato di fuga’ ha ricevuto nel 2016 il Premio Andersen e racconta dell’incontro tra Sébastien e Loïc. Il primo ha quattordici anni, i suoi genitori sono separati e un po’ immaturi, lui è viziato e quasi annoiato. Una sera suo padre investe una persona e non si ferma. Loïc ha diciassette anni, vive solo con sua madre e divide la sua vita tra la scuola e il lavoro in una fattoria, almeno fino al giorno in cui una macchina pirata investe sua madre.
Christoph Léon, in questo libro lei affronta un conflitto generazionale: il padre di Sébastien fugge dalle proprie responsabilità e così non gli dà certo il buon esempio…
Esattamente. La questione è sapere quale comportamento adotteremmo noi se fossimo stati al suo posto, e poi anche nel seguito. Più che di una fuga, quella del padre di Sébastien è una negazione, un diniego. Egli rimuove i fatti: il suo rango sociale e la sua situazione professionale fanno sì che egli abbia molto da perdere, per questo forse la sua reazione. Avviato un simile processo, è poi difficile per lui fare marcia indietro. Più che di un conflitto generazionale, sicuramente per il padre si tratta di una virata pericolosa, senza scampo.
Cosa pensa della frase "Se i genitori ritornano adolescenti, perché i figli dovrebbero diventare adulti"?
Penso che un adulto non è mai così adulto come nel momento in cui guarda l’animo di un bambino. E sì, è vero: chiediamoci come possono i bambini diventare adulti quando si vede cosa attualmente fanno molti adulti. Personalmente, mi piace questa citazione di Simone de Beauvoir: "Qu’est-ce qu’un adulte? Un enfant gonflé d’âge" ("Cos’è un adulto? Un bambino gonfio di anni").
Se un tempo i figli seguivano il modello dei genitori, oggi i giovani seguono i modelli di persone della stessa età?
Non so bene quali siano i modelli dei giovani oggi. Ci saranno diverse fonti a dipendenza degli interessi dei giovani (sport, artisti, genitori eccetera). In effetti mi sembra che nella nostra società, più in generale ma sempre a questo proposito, sia stata svalutata la nozione di rispetto. Rispetto verso l’adulto, dunque, ma anche nella direzione opposta, verso i giovani.
I genitori separati di Sébastien si riavvicinano alla fine della storia: un lieto fine?
Il finale è aperto, tocca al lettore scegliere. E se ho un’opinione, la tengo per me…
La gioventù ci mette in parecchio questione, a noi adulti: è sempre stato così o è una tendenza attuale?
La messa in questione degli adulti da parte dei giovani è cosa buona a condizione che sia argomentata. Per l’adulto non può che essere una cosa benefica e per il giovane è un’occasione di crescita e di opposizione. A mio parere i genitori dovrebbero più spesso dire no piuttosto che sì per incoraggiare i figli a difendere il proprio punto di vista, instaurando così il dialogo, cemento delle relazioni familiari.
Prendiamo la questione dei cambiamenti climatici… è di nuovo la nostra irresponsabilità che mette in pericolo il mondo, la vita, le nuove generazioni?
Non è la generazione giovanile a essere responsabile del cambiamento climatico, bensì noi, gli adulti, che con i nostri eccessi, il consumismo, la produzione ad ogni costo e l’avidità dell’economia capitalista lasciamo loro in eredità questo mondo sregolato, sia sul piano climatico, sia riguardo alla convivenza. Convivenza che è divenuta piuttosto un’arena, un luogo di competizione. Invece è solo condividendo, mettendo in comune le esperienze e attuando il motto "meno beni, più legami" che, almeno inizialmente, potremo ammortizzare lo choc climatico.
Nella sua storia si ha l’impressione che i genitori di Sébastien siano egoisti mentre la madre di Loïc ha buon cuore: anche una questione di status socio-economico?
È un’impressione un po’ caricaturale, ma non sbagliata. C’è un cliché, che vale quel che vale: il povero dà, il ricco prende. Spieghiamolo forse così: il padre di Sébastien possiede e ha paura di perdere quel che ha, di sicuro più della madre di Loïc. Un proverbio spagnolo dice molto giustamente: dal povero al ricco, due mani; dal ricco al povero, due dita.