Culture

Non esistono formule magiche

I meccanismi della narrazione audiovisiva in un Convegno alla Zürcher Hochschule der Künste

Molti si lasciano guidare dall’intuito, ma a volte non basta.
(Depositphotos)
25 marzo 2022
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Siamo circondati da storie, siamo immersi in esse, fanno parte del nostro quotidiano. Durante il giorno la nostra mente è occupata per ore a creare, recepire, valutare, decostruire storie. Anche di notte, quando sogniamo, abbiamo a che fare con narrazioni. Il cosiddetto storytelling ha invaso molti ambiti della nostra economia, è diventato fondamentale nel giornalismo, nella pubblicità, nella comunicazione politica e via dicendo. E poi ovviamente ci sono le serie, il cinema, il teatro, la letteratura, i fumetti, i cartoni animati. Come spettatori siamo diventati molto abili a leggere, decifrare, valutare le storie veicolate da questi media, ma non abbiamo ancora capito, come narratori, i segreti per crearne di funzionanti con un buon margine di sicurezza. Molti si lasciano guidare dall’intuito, ma a volte non basta.

Molti insuccessi

Comprendere i meccanismi della narrazione non è affatto semplice. La possibilità di fare degli errori è dietro l’angolo. Per ogni buon prodotto, ce ne sono altri cento che hanno fallito nel loro intento. Ci hanno provato in tanti a creare delle formule. Uno dei primi è stato Aristotele che nella sua Poetica ha introdotto un modello che è utilizzato ancora oggi, anche nell’ambito del cinema e della serialità. Un modello però che non convince tutti i professionisti dell’audiovisivo, soprattutto oggi in cui lo spettatore richiede narrazioni sempre più complesse e originali. In questi ultimi anni si è capito infatti quanto la scrittura che precede il processo produttivo sia importante nell’ambito cinetelevisivo. Non bastano belle immagini, occorre strutturare storie che funzionano e sorprendono. La seconda edizione del convegno Zfiction, organizzata dalla Zürcher Hochschule der Künste (ZHdK), che si è tenuta il 24 e il 25 marzo presso gli spazi della Gessnerallee di Zurigo, è stata proprio dedicata ai segreti della narrazione. Teorici dei media, sceneggiatori, consulenti drammaturgici, registi, operatori del settore si sono ritrovati per discutere di formule vecchie e nuove della drammaturgia audiovisiva. Tra gli invitati figurava, tra gli altri, anche un personaggio del calibro di Linda Seger che ha venduto milioni di copie con i suoi manuali di sceneggiatura. Un’autrice che ha fatto fortuna divulgando un metodo di scrittura cinematografico, quello classico hollywoodiano, che ha segnato tutto il Novecento ed è ancora oggi egemone.

Oltre gli schemi

I metodi troppo strutturati, quelli classici alla Hollywood di cui sopra, non sembravano raccogliere però troppi consensi tra i relatori del convegno. Vinca Wiedemann, ad esempio, consulente drammaturgica danese che ha lavorato con registi del calibro di Lars von Trier, ha riportato il pubblico indietro nel tempo, ovvero nel momento in cui in Danimarca si è affermata l’esperienza di Dogma 95. Il movimento cinematografico, animato tra gli altri da Von Trier stesso e da Thomas Vinterberg, ha significato una forte rottura con la narrazione cinematografica classica, che negli anni Novanta non sembrava più rispondere ai bisogni di un certo pubblico. Grazie alla Wiedemann gli studenti della ZHdK hanno potuto gettare uno sguardo nel laboratorio narrativo di registi danesi che hanno segnato un’epoca. Oltre a Von Trier e Vinterberg, autore geniale e sorprendente, la Wiedemann ha parlato anche del cinema di Susanne Bier, autrice più giovane che ha sempre diretto film in cui non era possibile identificare un unico protagonista. Kathrin Resetarits, regista, sceneggiatrice, attrice e docente, si è scagliata contro tutte quelle narrazioni audiovisive che seguono pedissequamente le regole drammaturgiche più classiche. Secondo la Resetarits, che lavora a stretto contatto con un regista eterodosso come Michael Haneke, è tempo di tornare a delle narrazioni più aperte, meno scontate, meno centrate sulla trama, sul suo funzionamento, e più capaci di aderire alla complessità del reale. La Resetarits ha criticato aspramente il principio di causalità, lo spettatore passivo, portato all’interno della storia attraverso trucchetti di bassa lega. Per la Resetarits è fondamentale cambiare approccio e coinvolgere lo spettatore attraverso meccanismi che prevedano una sua partecipazione attiva alla narrazione. Una sfida non certo semplice.

Il pubblico

Se è vero che non esistono formule magiche, è altrettanto vero che non si può fare un discorso sulla narrazione senza considerare il pubblico. Ci ha pensato Fritz Breithaupt, professore alla Indiana University e direttore di un laboratorio di ricerca sulla narrazione, che ha parlato delle sue ricerche straordinarie. A partire da un campione enorme di persone (oltre 12mila) e da un semplice esperimento che consiste nella reiterazione di brevi storie da parte di più persone, una sorta di telefono senza fili, Breithaupt, insieme al suo gruppo di ricerca, è riuscito a evincere quali siano gli elementi più importanti all’interno di una narrazione. Ciò che nella trasmissione di una storia rimane, più di ogni altra cosa, è infatti l’emozione che la caratterizza. Via via che le storie sono trasmesse, infatti, si perdono elementi di complessità, di coerenza, di causalità, mentre rimangono le emozioni che la caratterizzano. Queste stesse emozioni permettono, a detta di Breithaupt, di "uscire" soddisfatti, appagati dall’universo narrativo.

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