Culture

‘Be my voice’, donne iraniane contro l’apartheid di genere

In un documentario il percorso di Masih Alinejad, attivista e giornalista iraniana, nella battaglia iniziata in Iran e continuata negli Usa

Masih Alinejad (Facebook official)
27 febbraio 2022
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Basta "legittimazioni e normalizzazione da parte dei governi occidentali, delle leggi barbariche della Repubblica islamica in Iran. Ogni volta che accettate le loro regole, date al loro governo il potere di reprimere e uccidere di più". È uno dei passi concreti con il quale l’Occidente potrebbe favorire un reale cambiamento in Iran, anche per eliminare "l’apartheid di genere del quale continuano a essere vittime le donne". Lo spiega nell’incontro con i giornalisti in streaming l’attivista e giornalista iraniana Masih Alinejad, classe 1976, esule da oltre 13 anni (ora vive con il marito a New York) diventata voce e motore a livello globale, mediatica e via social del movimento di disobbedienza civile delle donne iraniane all’hijab forzato, e un punto di riferimento per far conoscere sia le proteste nelle piazze, che le repressioni violente nel Paese.

Un impegno raccontato dal documentario ‘Be My Voice’ della cineasta iraniana, anche lei dissidente, Nahid Persson, in arrivo il 7 marzo nelle sale italiane distribuito da Tucker Film in collaborazione con Pordenone Doc Fest - Le Voci del Documentario (dove aveva vinto il Premio del pubblico). Un debutto preceduto da un tour di anteprime con Masih Alinejad e Nahid Persson. "Il nostro messaggio è anche per tutte le donne, gli uomini e i politici occidentali: le donne nel mio Paese vengono censurate, frustate, mandate in prigione a cause dalla sharia, ma a volte quando condividiamo queste storie veniamo viste come promotrici dell’islamofobia. Noi invece difendiamo il diritto delle donne a non aver paura, a essere libere". Il coraggio delle iraniane "nell’opporsi a certe regole, dovrebbe essere supportato da una sorellanza, che ora manca, con le donne di tutto il mondo".

Il documentario racconta il percorso di Masih Alinejad nella battaglia per i diritti delle donne (e non solo) iniziata in Iran e poi continuata negli Usa con campagne mediatiche che ottengono migliaia di adesioni (ha oltre 6 milioni di follower). Una ‘missione’ quella di Masih che l’ha resa un bersaglio. Un anno fa il dipartimento di Giustizia Usa ha infatti svelato un piano per il suo rapimento che avrebbe coinvolto alcuni funzionari iraniani.

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