Microcosmi

Uno spazio, un albero, le chiatte

Di rami che si aprono a ventaglio, e di poesie di Viola Poli. Partendo da Bellinzona, al ‘5b’, contributo culturale di Luca Berla

Linguaggio
(Massimo Pacciorini)
17 ottobre 2021
|

A cosa pensiamo quando parliamo di spazio, di aree e superfici? Quale tra le diverse immagini di una giornata resta in noi? In un passaggio interessante della sua opera, ‘Il pensiero visivo’, Rudolf Arnheim parla dell’apparenza. “La luna piena è, in verità, rotonda al meglio delle nostre capacità visive. Ma la maggior parte delle cose che vediamo rotonde non incarnano letteralmente la rotondità; sono pure approssimazioni”. Vediamo, forse, quando torniamo inconsapevolmente a qualche struttura e forma remota del pensiero e l’adattiamo al presente; è un intreccio di percezioni a tenere unite le cose più di quanto crediamo.

Entro nello spazio espositivo ‘5b’, via Carlo Salvioni, Bellinzona, per incontrare Luca Berla, docente di economia presso la Supsi: collezionista, appassionato d’arte contemporanea, espositore. Luca Berla dà vita a mostre che corrispondono alla sua visione dell’arte, in relazione stretta con i volumi presenti, alla luce e ai riflessi che si aprono tra interno ed esterno. Nella sua collezione gli artisti Adriana Beretta, Andrea Crociani, José Davila, Luca Frei, Jakob Kolding, Ugo Rondinone. E Alex Hanimann, che fino al 30 aprile 2022 (info@spazio5b.ch) propone un lavoro sul linguaggio mettendone in evidenza l’uso nella sfera quotidiana – anche frasi utili se ci troviamo in un paese senza conoscerne la lingua – allo stesso tempo narrazione del possibile, crocevia di detti in un luogo dove si generano espressioni, nuove tavole semantiche. Titolo della mostra, ‘Gli uccelli dormono all’ombra dei fiori’.

Chiedo a Luca di raccontare il suo progetto, le origini, le motivazioni. “Ho aperto in modo un po’ casuale. Qui sopra abita Adriana Beretta di cui ero già collezionista, prendendo da lei una parte di questa superficie. Sottolineo che non sono un gallerista e non lo voglio fare; non sono un curatore. Aggiungo che non sono un critico, uno storico dell’arte; essendo collezionista cercavo uno spazio inserito nella mia attività”. Diversamente dal collezionista tradizionale. “Quella figura di solito frequenta i laboratori, sceglie un’opera, l’acquista e la porta a casa, tutto sommato un’attività un po’ passiva. Invece, il mio obiettivo è promuovere gli artisti dando loro la possibilità di fare delle mostre producendo determinati lavori”. Mi sembra essere l’originalità del progetto. “Come ti dicevo, quello che desidero è portare allo ‘spazio 5b’ degli artisti che conosco e stimo, presentando le loro opere in un contesto non commerciale”. Pensi quindi a una relazione tra soggetto e luogo, tra la tua ricerca e il pubblico. “Vorrei dare alla città un piccolo contributo culturale. In primo piano c’è l’interesse per l’artista, soprattutto in un momento come questo dove l’arte è condizionata dagli aspetti economici e dal mercato. Non vivo d’arte, non vendo, posso quindi fare delle mostre sperimentali”. Una strada personale. “Parlerei di una via di mezzo tra il museo e la galleria, qualcosa che non si trova nella galleria e nei musei, o raramente. È trovare un’identità mantenendo la qualità di quello che si vuole presentare”. Le mostre realizzate? “Questa in corso è la quinta. La prima è stata con Andrea Crociani; qualche mese fa hai visto ‘Incontri’, con i lavori di Adriana Beretta e Reto Rigassi. Comunque ne organizzo una all’anno, non di più”.

Quando nasce il tuo interesse per l’arte? “Nel periodo del liceo e di quello universitario avevo diversi interessi culturali. Nello specifico devo a Hugo Lazzarotto, un caro amico che non c’è più, questa passione. Mi portava in giro facendomi conoscere gli artisti e così ho iniziato acquistando qualche opera e soprattutto leggendo molto per sviluppare una capacità analitica, interpretativa dei lavori, con un interesse prevalente per l’arte contemporanea, concettuale”.

Interpretare, è sentire una tensione verso l’opera. “Dopo anni, penso che il bello dell’arte è proprio lo sforzo per capire i lavori degli artisti, cosa che adesso vivo positivamente”. Tutto questo, in uno spazio non legato a delle etichette. È così? “Il tema di fondo era trovare un’identità. Le persone che vengono qui si confrontano, discutono e questo è già un elemento di diversità. Un’interazione spontanea. Oggi, c’è una concezione della cultura piuttosto insoddisfacente. Un passatempo, qualcosa di piacevole da fare nel tempo libero e si è persa la dimensione del piacere associato a una forma d’impegno e conoscenza. Se la scopri trovi un diverso rapporto con la realtà”.

Per approfondire la ‘Collezione Berla’, interessante è il ‘Cahiers D’Art, Angolazioni 2’. Le frasi di Alex Hanimann sono una marea che sorprende e risucchia. Tra le molte, a noi è arrivata questa: ‘Un bel gioco dura poco’. E credo, purtroppo, valga ancora.

L’albero, le chiatte

Tra il paese di Brusino Arsizio e la Dogana, vicino a una delle ultime case sul lago, un tronco d’albero è immerso nell’acqua, i rami aperti all’orizzonte. Nella linea che il litorale forma, sentiamo una combinazione di elementi che persistono; il muretto stradale, il bosco con i suoi sentieri, il pontile alle spalle. Quale, il sentimento provato nell’avvicinarsi all’albero, cogliendo la sua mutazione naturale, i colori che ogni giorno lo circondano? Cosa è avvenuto perché il suo genere si unisse ai contorni dell’acqua, tra fondo e superficie? Intanto, ben allineate delle chiatte partite giorni fa da Riva San Vitale, piattaforme blu, esplorano per un obiettivo tecnico i fondali, una piccola carovana che contribuisce ad aumentare l’immediatezza dello sguardo, uno sguardo periferico sulla vita e sulla natura, un senso di libertà che intensifica il rapporto con una storia minima. La tua, la nostra.

Avviciniamo i margini, i residui sempre più presenti in questo passaggio d’epoca; frammenti, tracce che tornano a vivere se attese e scoperte. Scorgiamo la frontiera, i distributori dove i clienti si servono da anni. Davanti a noi i ‘Terrains vagues’ di cui ha preso atto e scritto in una bella raccolta Viola Poli, attenta allo studio delle arti visive e del paesaggio. Viola, ha inserito nella sua ricognizione anche due intense poesie. Eccone una. “Pétales couchées / aiguilles incarnées / roses régurgitées / Tu les ressens sur ton corps, / comme du fil de fer qui se tord / Depuis le balcon, / tu le vois, /tu attends. / Tu te retournes, / une barrière / Le vent court, / sur ce terrain vague /”. L’albero, ora che si fa sera, è un piccolo segno della nostra memoria. E della vita che continua in altre forme.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE