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Si accendono le luci qui sul palco (i service audio resistono)

Il mondo dei tecnici audio, luci, video e quant’altro, parte cospicua dei lavoratori dello spettacolo. Uno sguardo ticinese, ora che qualcosa si muove...

’Quando si perdono capacità come queste, che si formano principalmente sul campo, è poi difficile recuperarle’ (Depositphotos)
13 ottobre 2021
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Prima del febbraio 2020, la lotta più dura era stata quella contro i larsen, dal nome del fisico Søren Absalon Larsen che per primo, del feedback acustico o ‘ritorno’, scoprì il principio, dandovi il proprio cognome. Prima del febbraio 2020, meglio di noi li conoscevano gli artisti, che alle loro mani di norma affidano il suono – perché senza di esso l’intrattenimento avrebbe sempre i sottotitoli – e la faccia – perché se nessuno t’illumina, tanto vale ascoltare il cd. Con l’avvento della pandemia, hanno conosciuto una certa popolarità che non s’erano mai sognati di chiedere, scendendo in piazza in una delle manifestazioni, per assurdo, più coreografiche di tutto il lockdown: quella dei ‘Bauli in piazza’.

Uno dei capolavori di Jackson Browne, ‘The Load-Out’, li riassume nella loro operosità: sono quelli appesi alle strutture dei palchi a tirar cavi e sollevare casse acustiche, quelli che tolgono gli strumenti dalle valigie, che manovrano quelli che oggi si chiamano seguipersone e una volta, più culinariamente, occhi di bue; quelli con gli occhi e le orecchie aperti alle richieste dei cantanti, dinamiche che, se di professione fai il fonico di palco, può essere utile masticare un po’ di psicanalisi; è la costellazione di professionalità che si occupa di audio, luci, video e quant’altro debba essere amplificato, in senso anche visivo; sono parte cospicua di quel tutto denominato ‘lavoratori dello spettacolo’, rispolverati nella loro imprescindibilità dagli artisti stessi una volta privati del palco e di tutto quel che vi sta sopra e tutt’intorno. Quando tutto si è fermato, i cantanti hanno continuato a cantare dalle proprie case (facendo crollare miti adolescenziali per l’accostamento tra divani e cuscini), ma per i cosiddetti ‘service’ non è stato così.


Roma, aprile 2021 (Keystone)

Il problema in più

‘Si accendono le luci qui sul palco’. Citiamo Venditti per dire che in Ticino c’è chi non ha mollato e nemmeno molla ora che la gente ha rimesso il naso fuori di casa. Nessuno, in fondo, mollerebbe dopo essere sopravvissuto al peggio, in un settore che ha registrato crolli dell’attività superiori all’80 per cento. «Dal Locarno Film Festival in poi, e qualche piccolo concerto, qualcosa è ripartito, certamente. Molti hanno rinunciato a organizzare, parlo soprattutto delle manifestazioni gratuite, che sono ancora in bilico, spostate più o meno tutte al 2022. Ma speriamo per il meglio». Claudio Lepera, a Losone, tiene duro con la sua L Sound: «Confrontati al 2019, il calo rimane netto, cosa dovuta anche alla stagione: andiamo verso il fresco e non potrebbe essere diversamente». E visto anche che l’allentamento delle restrizioni sanitarie è arrivato solo a stagione pressoché finita. «Ci vincola il buio dopo le otto di sera e il fatto che dopo quell’ora ormai fa già freddo».

Trascorso il periodo d’impasse – «C’è stato quel momento di tamponi e certificati, l’attesa per la chiarezza sulle capienze. Qualche organizzatore ha rinunciato, cosa ricaduta inevitabilmente anche su di noi» – e fronteggiato il peggio con il lavoro ridotto – «Perché le spese rimanevano le stesse, gli affitti, i magazzini…» – qualcosa si sta muovendo: «Possiamo iniziare a pianificare, più che altro eventi all’interno. Ma il nostro lavoro dipende da chi organizza e chi organizza è vincolato dalla capacità di far rispettare la normativa. Tempo fa – conclude Lepera – la preoccupazione era la ricerca dello sponsor, ora si è aggiunto il Green pass».

Professionalità persa

In pensione da quasi cinque anni, dopo aver venduto gran parte del materiale della sua Cem, è parte della storia di questo settore. Progettazione, installazione e assistenza non si sono mai fermate, motivo per il quale, durante la pandemia, Virgilio Kohler è stato forse il meno toccato del settore. «La mia è una pensione durante la quale continuo a lavorare», ci dice. Vuoi perché i progetti di quanto si vede e si muove al Lac, nella Cattedrale di Lugano o al Palacongressi, per esempio, sono ancora ben chiari nella sua testa in quanto è da lì che arrivano, è lui il primo a essere chiamato quando c’è un problema. Vuoi perché «so dove mettere le mani», detto in breve. «I miei colleghi hanno sofferto tanto per riuscire a tenersi stretto un personale molto prezioso, ricorrendo in alcuni casi anche a investimenti di grande portata. Perché non è facile, senza quel personale specializzato, una volta superata l’emergenza, trovare altro personale giusto al momento giusto. I tecnici audio e i tecnici luci non sono professionalità che si recuperano ogni giorno agli angoli delle strade. Vanno formati».

Il peggio è che «oggi tanti di quei tecnici rimasti senza lavoro, ora che si può tornare a far concerti, si trovano da un’altra parte». Nemmeno sono andati alla concorrenza ma «a fare proprio tutt’altro, gli informatici, le guardie di sicurezza, lavori completamente differenti. In questo modo ci siamo persi, magari per sempre, professionalità che garantivano qualità lavorative e risultati».

Cambiamenti

La professionalità persa è un tema che sta anche nei pensieri di Beatrice Peruzzo, marketing e comunicazione di Emme, a Bioggio. «Il personale abbiamo cercato di tenerlo tutto. Qualcuno è stato perso lungo il percorso e la perdita, purtroppo, apre a una difficoltà molto grande che è quella di formare nuovamente qualcun altro. Ci sono apprendistato, se non dedicati, almeno legati al nostro settore, come quello dell’Elettronico multimediale, e da un anno circa l’Operatore di palcoscenico, molto più vicino a noi quanto a spettacoli. Ma quando si perdono capacità come queste, che si formano principalmente sul campo, è poi difficile recuperarle».

Anche da Emme si percepisce la ripresa delle attività. «Potremmo considerarla una media ripresa, confrontata a come stavano le cose solo sei mesi fa. Quello che rileviamo è più che altro un cambio di richieste, che si ripercuote sul personale che andiamo a operare per i vari interventi. Si tratta soprattutto lavori di streaming, di riprese video, i live. Internamente, quel personale che ne aveva competenza ha provveduto a una sorta di formazione specifica e, in generale, c’è stato un aggiornamento di quelle che erano le capacità prima del Covid in quei settori». Non che prima di allora lo streaming non esistesse: «C’è sempre stato, ma veniva richiesto poco. Nel corso dell’ultimo anno la domanda è esplosa».

Altri cambiamenti: «La progettualità, la pianificazione. Una volta, quando a settembre si guardava al calendario dell’anno alle porte, avevamo appuntamenti già fissati all’orizzonte. Ora non è più così, anche se nell’arco di una settimana il calendario può riempirsi. È la progettualità a essere diventata più corta, la richiesta arriva molto spesso sotto data». Trasportato dalla parte di chi organizza, si crea l’evento in meno tempo, e ci si pensa una volta di più, dentro un equilibrio con i service che rimane tale. Ma con l’anno orribile alle spalle, e il Ventidue che comincia a suonare bene (e sul cominciare bene siamo autorizzati a tirar fuori tutti i più antichi ed efficaci proverbi).

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