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Marco Santilli e Ivan Tibolla: tanta roba (in due)

Dopo ‘L'occhio della betulla’ e ‘La Stüa’, il quartetto diventa ‘CheRoba in due’ per soli clarinetto e pianoforte. A colloquio con il clarinettista.

Ivan Tibolla (sx) e Marco Santilli
24 aprile 2021
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CheRoba è il quartetto jazz cui si devono gli splendidi ‘L’occhio della betulla’, coproduzione con Rete Due, e ‘La Stüa’, entrambi del 2017. Sempre discograficamente parlando, CheRoba è adesso anche ‘CheRoba in due’. All’alba degli allentamenti concessi alla musica suonata, le 14 tracce che lo compongono sono un ulteriore passo verso la normalità per Marco Santilli (clarinetto e clarinetto basso), qui con il solo Ivan Tibolla (pianoforte).

«‘CheRoba in due’ è semplicemente una continuazione in duo con il pianista di quella formazione, e non vuole essere semplicemente una ‘riduzione’ del quartetto. Lo definirei una sua costola, un organismo dalla vita autonoma nato dall’esserci trovati bene dopo un paio d’incontri a Venezia, dove l’idea del progetto a due è nata». Così spiega Santilli, che attraverso il suo ‘Io alternativo’ di cantautore – da ‘Essere umano’ del luglio 2020 alla ‘Ave Maria’ dello scorso febbraio – non ha smesso di produrre nemmeno in isolamento. Fino a questo nuovo lavoro, da poco transitato nelle stanze della Rsi per un’ora di musica dal vivo che – fatta eccezione per una dichiarata ultima traccia intitolata ‘Lockdown’ – se proprio non trasuda, almeno porta con sé il vissuto cui nessuno è scampato: «In questo periodo, forzatamente, abbiamo avuto tempo per riflettere su tutto, come molti di noi hanno potuto fare. Quale occasione migliore per finalizzare un progetto che si era arenato, integrato da alcune nuove registrazioni che si sono rivelate importanti, fino a dare forse il carattere principale». E il clarinetto che s’allontana dal microfono e dall’opera tutta, nella suddetta ultima traccia, un suo carattere ce l'ha: «L’ho inteso come l’allontanarsi da questa situazione. È un movimento, un allontanamento che vorrebbe essere di speranza».

Ibrido

Innegabile è anche il carattere della copertina, un tavolino apparecchiato con due sedie vuote, affacciati su un’indefinita calle veneziana: «Forse un caso, forse no, quella fotografia mi è balzata all’occhio. L’ha scattata un conoscente, Markus Heuer di Berna. Mi hanno colpito i colori, l’atmosfera, la pace, la calma. Si vede uno scorcio di Venezia che non è esattamente turistico, con quello che potrebbe essere un ristorantino magari noto alle persone del luogo, che sanno che lì si mangia bene e a un costo accessibile rispetto a tanti altri».

Due sedie vuote come i due di CheRoba, il leventinese d’origine Santilli e il Tibolla che è veneto e a Venezia ci lavora. «Tanti legami che andavano a stringersi. E un senso di calma e d’intimità», come le frequenze prodotte dall’insieme dei due strumenti a reggersi l’un l’altro. Un’intimità che «ha molta letteratura nella classica e nel jazz», e che nel caso di CheRoba, per Santilli, è un ibrido, è jazz in senso lato: «Siamo stati influenzati da tanti generi musicali, la classica che abbiamo praticato a lungo, la world music, quella popolare». Un ibrido che, in questo senso, fa eccezione e interloquisce tra confini diversi, unito da una lingua comune: «Hanno scritto di noi che componiamo in italiano pur non usando  alcun testo. Leggo tutto questo come un riferimento agli strumentali che rispettano la musicalità della nostra lingua madre, la tradizione delle melodie ampie, potenziate dalla ricchezza di vocali. Senza esserne consapevoli, crediamo che un po’ di Puccini in noi possa essere rimasto».

‘Rumorame’

Aperto da ‘Vento’, bella composizione di Tibolla molto amata dal Santilli e di cui ci s’innamora inevitabilmente pur non suonandola – «Contiene quel folklore immaginario diventato corrente musicale negli ultimi decenni, che in Francia ha esponenti come Louis Sclavis» – ‘CheRoba in due’ si snoda sin da qui notturno e riflessivo in episodi come ‘Caffé sospeso’ o ‘Floating – «Composti effettivamente quando fuori faceva buio, ma notturni per lo schema armonico sul quale avviene l’improvvisazione, pianisticamente intimo» – passando per ‘Note di Nuto’ – «Un omaggio al clarinettista Pinolo Scaglione, amico di Cesare Pavese e personaggio de ‘La luna e i falò’, un brano evocativo, questa l’intenzione, di quelle atmosfere di festa, di cortile» – fino a ‘Ajvar’, per clarinetto soltanto, spartiacque tra il pianoforte e l’organo a canne che da ‘Godiva soleva‘ in avanti si prende la scena. «È quasi un prolungamento di ‘Orgelwind’ (album del 2015, ndr), dove il ‘wind’ è inteso come ‘rumorame’, quello che porta con sé l’organo e che a tanti organisti provoca fastidio, e invece a noi tanto piace». L’organo perché «Ivan è diplomato in organo e c’è differenza, a mio parere, tra il pianista che si mette a suonare l’organo e l’organista che conosce lo strumento e la sua storia, e che ha studiato improvvisazione organistica».

Quattro dei brani con organo confluiti in questo lavoro sono tutte libere improvvisazioni, una novità rispetto al lavoro precedente. E nell’improvvisazione c’è spazio anche per una ‘Summertime’, assai rivisitata di suo, ma che qui rivive sotto una luce inedita: «Gli standard, se posso, li evito, sebbene facciano parte della nostra ‘letteratura’, dell’improvvisazione quando studio. Cosa che vale anche per la musica classica, della quale non ho mai smesso di studiare i classici del repertorio per clarinetto, ma anche le suite per violoncello di Bach, che mi fanno stare bene e sono forse la prova che Dio esiste». Ma «clarinetto basso con organo a canne, non swing, con improvvisazione non jazzistica, ci ha convinti». Cioè: «Se bisognava fare ‘Summertime’, doveva esserci una buona ragione». E la buona ragione c’è.

Coda

«Suonare dal vivo è, per quanto mi concerne, la maniera migliore per esprimermi. Più passa il tempo e più divento taciturno». Il Ticino, a Santilli, al ‘CheRoba in due’, potrebbe riservare un concerto in agosto. Aspettando il Marco Santilli cantautore. «Intendi Marco Santilli Rossi?». Esattamente. «Allora. La prossima settimana dovrebbe andare in studio a terminare un album pop-rock, sperando di concluderlo in estate. Sta pensando a una formazione giusta, o meglio alle persone giuste. Potrebbe anche decidere per un trio chitarra, voce e fagotto. Perché gli strumenti vengono sempre dopo le persone».

L’intervista è finita. Per buona educazione, chiediamo a Marco Santilli di salutarci Marco Santilli Rossi: «Lo farò, senz’altro».

Guarda ‘CheRoba in due’ alla Rsi: https://www.rsi.ch/play/tv/musicaviva/video/marco-santilli-e-ivan-tibolla?urn=urn:rsi:video:13989220

 

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