Covid e Cultura

Federazione bandistica ticinese: 'Più sensibilità per noi'

Luca Sala, presidente, problemi economici e pure logistici: 'Allentamenti sì, ma dobbiamo suonare in 15 e solo così occupiamo lo spazio di una palestra'

'Le autorità dovrebbero considerarci alla pari degli altri attori che contribuiscono al benessere della nostra nazione' (Ti-Press)
19 aprile 2021
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Un piccolo esercito di duemila musicanti, 500 allievi suddivisi nelle scuole delle filarmoniche e nei corsi di perfezionamento, capace di coinvolgere un numero ancor più alto di famigliari e simpatizzanti. Un piccolo esercito, quello delle bande ticinesi, che torna a farsi sentire proprio ora che l'allentamento delle rigide misure di sicurezza imposte al settore della cultura, e a quello della musica in primis, rappresenta un primo tiepido raggio di sole. Perché per quanto “le nostre autorità hanno vietato e praticamente continuano a vietare quasi tutte le attività culturali nell'intera Svizzera per mitigare l'impatto del coronavirus – scrive la Federazione bandistica ticinese (Febati) – il prezzo da pagare è comunque gravoso sia finanziariamente sia moralmente”. 

La Febati affida l'attuale il disagio delle bande ticinesi a un comunicato stampa che riassume i “gravi ammanchi finanziari” derivati dall'annullamento di “concerti, avvenimenti, registrazioni presso la Rsi, manifestazioni collaterali“ con conseguente “calo d'introiti dai propri sostenitori”. E per quanto siano state e siano “benvenute”, le iniziative messe in atto dalla Confederazione e dal Cantone – Indennità di perdita di guadagno Corona (Ipg) – “non sono state sufficienti per coprire i disavanzi”. «Siamo perfettamente coscienti che il problema principale è la pandemia, e siamo altrettanto coscienti dell'essere noi un'associazione che raggruppa bande dilettantistiche, ma vero è anche che ci sono istruttori e maestri che vivono di questo lavoro», spiega a laRegione Luca Sala, presidente della Febati, ‘quotando’ il comunicato: “L'accesso al lavoro ridotto è stato praticamente negato, in quanto considerati enti senza scopo di lucro, malgrado si siano sempre pagati i relativi oneri sociali per maestri e istruttori”. «Applicando la legge alla lettera – precisa Sala – le scappatoie sono davvero poche. Non lamentiamo di certo un errore nell'applicazione da parte di questo cantone. È vero però, ed è quel che ci viene riferito dai presidenti delle altre federazioni, che in altri cantoni si è venuto maggiormente incontro. Questo emerge dagli incontri che periodicamente teniamo tra federazioni bandistiche».

Il comunicato di Febati parla anche di “dispendio burocratico”, quello necessario per allestire richieste di Ipg, con relativi “cavilli legali” da affrontare in caso di invio di ricorsi alle istanze competenti. Nell'attesa di capire in cosa consisterà lo snellimento delle pratiche burocratiche recentemente annunciato – “Timida iniziativa della quale attendiamo le relative disposizioni” – in aggiunta al problema economico e burocratico se n'è aggiunto uno prettamente logistico: «Per far suonare 15 elementi servirebbero 375 metri quadrati. Più di una palestra. Ci sembra un po' assurdo». In base alle nuove disposizioni federali, infatti, gli allentamenti alla musica dal vivo portano per le bande ticinesi una regola più restrittiva rispetto all'estate scorsa, quando lo spazio da rispettare tra singoli musicanti era di 10 metri quadrati: «Quindici musicanti compreso il maestro, dunque una ripresa già di per sé limitante, col problema aggiuntivo di questi 25 metri quadrati imposti tra singoli esecutori, mentre studi da tempo commissionati da grandi orchestre come i Wiener Philarmoniker per i propri ottoni dimostrano come le emissioni degli strumenti a fiato siano davvero minime, e non ricollegabili a pericoli di diffusione del coronavirus». 

Tradizioni viventi svizzere

C'è poi un problema nel problema: «Per l'anno 2020 – spiega Sala – abbiamo dimezzato la nostra quota associativa, anche perché avendo meno attività a livello di federazione, siamo riusciti a venire incontro a chi doveva sostenere la spesa. Ora c'è in ballo una piccola diatriba tra noi e la Suisa per poter avere almeno una riduzione sulla quota per singolo musicante, contestataci già nel 2020. Sappiamo che le cose sono diverse per le società dei cantori, per esempio, che questa riduzione per l'anno 2021 l'hanno ottenuta. E si tratta di una riduzione di più della metà del contributo». Questo, e quanto sopra, ancor più dovuto oggi che la Federazione bandistica ticinese può definirsi «virtuosa» in campo fiscale: «Non siamo più contestabili dal punto di vista delle trattenute previste per legge. E partendo dal fatto che, in regime normale, è davvero raro che un istruttore si rivolga alla disoccupazione, rammarica che ora che ve n'è effettivamente bisogno, la cosa ci venga negata». Anche e soprattutto perché «in tutto questo tempo, l'istruzione agli allievi è stata garantita». 

Col futuro a rischio, la Febati ricorda l'essere, le bande, “un importante veicolo di propaganda e formazione culturale e un formidabile elemento di aggregazione sociale che va assolutamente difeso, tutelato e valorizzato”. E «in quanto annoverati fra le tradizioni viventi svizzere, chiediamo – chiude Sala – di essere messi alla pari degli altri attori che contribuiscono al benessere della nazione anche e soprattutto in momenti difficili come questi». Desiderio del quale, parallelamente, si è fatta tramite Luana Menoud-Baldi, presidente dell'Associazione bandistica svizzera, friburghese di origini leventinesi che dal Radiogiornale annuncia una petizione online per provare a mettere a posto le cose.

 

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