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Leo Pusterla: di 28 ce n'è uno, ed è 'Only To Be There'

Quasi 30 tracce nell'album edito da Areasonica Records. Solo parzialmente una follia, quella del Collettivo Terry Blue. L'abbiamo ascoltato insieme all'autore

Leo Pusterla, Collettivo Terry Blue (foto: Andrea Cosentino)
4 aprile 2021
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Chi, in epoca di mordi e fuggi, farebbe mai un album con dentro 28 brani inediti o quasi tutti? In epoca, poi, in cui “la gente ascolta le canzoni per una decina di secondi durante i quali decide se comperare il disco oppure no” (il Maestro). E chi, nel 2021, all’etichetta che ti sta porgendo il contratto, risponderebbe: «Sappiate che abbiamo un disco pronto, sono 28 brani e non lo pubblicheremo diversamente»? Chi oserebbe tanto? Forse solo Leo Pusterla.

Esce per Areasonica Records ‘Only To Be There’, il nuovo album del Collettivo Terry Blue, ivi rappresentato da Leo Pusterla, subito oggetto di domanda necessaria: come diavolo si spiegano 28 brani per i quali servirebbero, a occhio, tre vinili? «In realtà non si spiegano», risponde Leo. «Nel senso che sono 28 brani che non potevano uscire diversamente. Siamo consapevoli di quanto questa scelta possa essere limitante e di come la soglia dell’attenzione sia scesa nel tempo». Pusterla parla di 6 secondi, 4 in meno di Morricone, e al netto del tempo trascorso tra le due affermazioni ci sta (Come dovremo stupire l’ascoltatore tra dieci anni? Coi petardi?). «Sì, siamo nell'era dell’immediatezza ma, paradossalmente, una trentina di brani sono una novità».

Resistenza, non resilienza

Il contratto discografico ha sancito l’inizio di una seconda vita per Leo e il Collettivo, Andrea Zinzi (chitarre), Giuliano Ros (basso), Matteo Mazza (batteria), Eleonora Gioveni (backing vocals & poetry) e, non di meno, Andrea Cosentino (sound design). «Senza questa firma – spiega il band leader – tutto questo non sarebbe stato possibile. Areasonica ci ha colpiti sin dall’inizio per l’impegno artistico e per la totale libertà concessaci a livello sonoro». Suono che è diventato la vita di Leo, che oggi vive a Milano e, lasciata la professione precedente, studia da sound engineer «Ancora dopo mesi, questa città che pur immobilizzata non smette di muoversi rimane impressionante per la facilità con la quale si entra in contatto con personaggi anche di un certo spessore. Non ci ero abituato. Milano è la mia metropoli a misura d’uomo».

A proposito di canzoni che dopo 6 secondi o resti o te ne vai. Con ‘Only To Be There’, la canzone, resti: ipnotico arpeggiato di acustica, attesa ritmica da ‘Shout To The Top’ (Style Council, cose per vecchi) e un riff che chiama un altro ascolto, e un altro: «Dopo il primo mix ci siamo detti: “O piacerà un sacco, oppure non lo ascolterà nessuno”». Non si spiegano le canzoni, ma Pusterla è cortese e soddisfa la nostra curiosità: «‘Only To Be There’ racchiude l’idea che ho di ‘resistenza’, contrapposto a un vocabolo che non amo, ‘resilienza’. Ora: la resilienza è una proprietà dei metalli, non degli umani. Gli umani sono resistenti, non resilienti. Se io ti tiro un pugno, non tornerai come prima...». Resilienza a parte: «Cercavo un distacco da quanto di molto cupo, disturbante e disturbato si era prodotto in precedenza». Non che ‘Only To Be There’, l’album, non contenga episodi bui – ‘Safe And Clean’, l’invito a restare sulla barca che sta affondando invece di buttarsi prima che sia successo – ma i due della title-track non sono il mero resoconto di una vicenda amorosa che si spegne nel giro di una notte. La storia si ferma un attimo prima. Per proseguire altrove.

Tra le cose belle

“Me ne vado da questa città, la tragedia è finita e la poesia è solo creazione”. A chi mancasse la cupezza, tra le 28 tracce di ‘Only To Be There’ c’è molto ‘leaving’, molto partire. Come in ‘Leaving that town’, riuscito valzerone dell’addio: «Sì, parla di Losanna, del mio andarmene da lì con tutto ciò che questo è significato. Abbandonare un luogo significa abbandonare persone, vissuti, esperienze». E poi c’è il ‘leaving’ di ‘Away From You’, un “lontano da te“ da leggersi come “lontano da me”: «È ispirata dalla serie tv ‘Fringe’, puro entertainment americano con dentro un concetto interessante: due dimensioni separate all’interno delle quali la stessa persona ha due personalità opposte. Partendo da qui, ho pensato a un ‘Away From You’ come un abbandonare una versione di me stesso cui non posso fare più fare affidamento, un me stesso di divertimento, esagerazioni, vite spericolate. ‘Away From You’ è una sorta di lettera a un me stesso che non c’è più e che non voglio più vedere, nonostante mi mancherà».

Tra le cose che ci sono tanto piaciute c’è pure – con urlo liberatorio annesso, «l’uscita dalla mia comfort zone», la chiama Pusterla – ‘Get Bored With You’, dove l’annoiarsi è anche il bello dello stare insieme: «È molto semplice essere innamorati e felici finché non ci si annoia. C’è invece qualcosa di magico nella capacità di annoiarsi insieme, consapevoli che quella noia sia una parte fondamentale della vita». ‘Get Bored With You’ fa il pari, per ‘ciccia’ e per una certa poesia di fondo, con ‘Isabelle & The Lockdown’, il trovarsi bloccato a Lugano per disposizioni federali senza potersene andare a Losanna a salutare l’amico che non se la passa bene. «In quarantena, dalla mia finestra, vedevo ogni mattina una lucertola che prendeva il sole. L’ho chiamata Isabelle, lei lì immobile sotto il sole, senza preoccupazioni, e io a pensare di dover essere da un’altra parte, a spendere il tempo con qualcuno che non avrei potuto più vedere».

Leo Pusterla si dice felice, e cosi anche il Collettivo. «Cercheremo di ampliare il nostro pubblico a livello italiano, ma tra un anno ti scriverò che siamo tornati in studio, perché è la mia esigenza. Vorrei esplorare il jazz. In ‘Leaving That Town’ non ho suonato e si è creato qualcosa di nuovo...». Un futuro senza chitarra? Si, bello, ma poi chi le scrive le canzoni?

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