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La musica del mondo

È proprio ancora necessario, di questi tempi, scrivere poesia? Domanda retorica. Sarebbe come chiedersi: è ancora necessario fare l’amore?

Domenica 21 marzo, Giornata mondiale della poesia (Pixinio)
20 marzo 2021
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“L’unico miracolo che si compie dai tempi di Omero e da prima ancora, e che non può essere dimenticato o messo in dubbio perché chiunque può farlo rivivere con la lettura, è quello delle parole che trattengono la vita. È la poesia”. Prendo questa dichiarazione da “Amore lontano” di Sebastiano Vassalli, dove lo scrittore scomparso cinque anni fa racconta, a modo suo, la vita di sette grandi poeti: Omero, Virgilio, l’autore del Qohélet – forse Salomone –, Jaufré Raudel,Villon, Leopardi, Rimbaud. “Amore lontano”, apparso nel 2005, è uno degli ultimi libri dello scrittore. Che trent’anni prima aveva stilato una feroce invettiva contro i poeti italiani contemporanei: il libello s’intitola “Arkadia” ed è forse la più violenta requisitoria contro gli “impoeti d’Italia”. L’amore di Vassalli per la poesia genera odio per quelli che l’autore chiama “gl’impiastricciatori di parole”, categoria nella quale infila quasi tutti gli autori di versi dagli anni Sessanta in poi; infierendo specialmente contro il Gruppo ’63, con il quale peraltro aveva simpatizzato in gioventù.

Non è l’unico, Vassalli, a prendersela con i poeti. Il primo nella storia è Platone, in un dialogo della “Repubblica”. Facendo un gran balzo fino all’Ottocento, l’anatema più noto contro la poesia moderna è dell’inglese Peacock, contrastato dalla “Difesa della poesia” di Shelley: che la definisce come espressione dell’immaginazione nata con l’umanità. Nel secolo scorso incappiamo in Gombrowicz, con il farneticante “Contro i poeti”. Un intervento recente molto efficace è “I poeti sono impossibili-Come fare il poeta senza diventare insopportabile” di Alessandro Carrera, insegnante in varie università degli Stati Uniti e del Canada. Questo libro, uscito nel 2005, permette di venire a conoscenza di una realtà mirabolante: i poeti in Italia, venuti alla luce attraverso una pubblicazione o Internet o una lettura pubblica ammontano a due milioni; e dei 125 titoli che si stampano ogni giorno la metà è di libri di poesia. Non mi sembra una buona notizia, dal punto di vista ecologico: che spreco di carta! Com’è mai possibile che l’Italia di oggi sia un popolo di poeti (in passato anche di santi e navigatori)? Due milioni di arpe eolie sparse sull’accidentato territorio italiano? Siamo di fronte a un fenomeno che meriterebbe un’analisi sociologica.

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Allora ci si potrebbe chiedere: è proprio ancora necessario, di questi tempi, scrivere poesia? Domanda retorica. Sarebbe come chiedersi: è ancora necessario fare l’amore? Però Rainer Maria Rilke, nelle sue “Lettere a un giovane poeta” dice che si deve scrivere solo se si ha qualcosa da dire: sareste disposto a morire, quando vi si negasse di scrivere, chiede il grande poeta? Un testo poetico è una creatura vivente che bussa alla mente e al cuore. È sempre stato così, perché oggi dovrebbe cambiare? La nostra civiltà é forse al tramonto?

Per essere poeta ci vuole sensibilità, pazienza, coraggio di stare soli. Bisogna essere umili, prendere dagli altri. E queste virtù mi sembrano in contrasto con le tendenze dominanti nel nostro tempo che sono superficialità, fretta e voglia di farsi vedere. La musica della poesia parla sottovoce, quando parla. E dovrebbe parlare a tutti. Dice Orazio, nel primo secolo avanti Cristo: “Sarai detto egregio se un costrutto attento (“callida iunctura”) darà nuovo aspetto a parole comuni” . Il poeta antico, dunque, tocca un punto dolente, che duole tuttora: quello del linguaggio della poesia. Che è musica, immagini e pensieri insieme, ed ha la prerogativa di comunicarci qualcosa di unico.

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Nel nuovo millennio, passata la sbornia degli anni sessanta-settanta del Novecento, tramontate le mode di ermetismo, neoavanguardia, parola innamorata, eclissatisi i trafficanti di letteratura, messi a tacere i tromboni, resta la parola nuda: la parola vera che pochi sanno dire. La poesia che procede in disparte, là dove è ignorata e respinta, e resiste e dura nel rumore proprio perché inutile ed eterna.

Ma l’uomo d’oggi oggi ha altro da fare. Ha da fare le cose importanti. Ha da lottare per la pagnotta; e, oltre tutto, è immerso in un universo di chiacchiere. E allora addio poesia! A meno che…

A meno che la vita, che oggi ha rallentato il suo ritmo e spento la nostra superbia a causa della pandemia, ci offra momenti di silenzio, durante i quali si può sentire la musica del mondo.