Culture

Sorellanza e Storia nel tempo di Silvia Ricci Lempen

Intervista con la vincitrice, con il romanzo in italiano e in francese ‘I sogni di Anna’/‘Les rêves d’Anna’, di uno dei Premi svizzeri di letteratura

Silvia Ricci Lempen (BAK / Julien Chavaillaz)

Il 14 gennaio scorso sono stati annunciati i Premi svizzeri di Letteratura 2021 da parte dell’Ufficio federale di cultura. Tra i laureati, per la parte italofona, la scrittrice Silvia Ricci Lempen è stata scelta per il suo romanzo ‘I sogni di Anna’, uscito da Vita Activa Edizioni nel mese di novembre del 2019.
Nata a Roma nel 1951, Ricci Lempen, dottoressa in filosofia, vive dal 1975 nella Svizzera romanda, e ha scritto diverse opere letterarie e saggi (il primo ‘Un homme tragique’ è stato pubblicato nel 1991 per L’Aire e insignito del Premio Michel-Dentan). Giornalista, Silvia Ricci Lempen si è sempre impegnata – accanto alla sua fervente attività artistica spesso premiata – a favore del femminismo e degli studi di genere. Ciò che incuriosisce maggiormente però della sua biografia è l’assoluta dimestichezza, dichiaratamente fondamentale, nel passare dall’italiano al francese con facilità disarmante. Colpisce in particolare l’aver scritto contemporaneamente la stessa storia – questa premiata – in due lingue diverse. ‘Les rêves d’Anna’ è infatti stato pubblicato anche dalle Editions d’en bas nello stesso anno.

Sono cinque – una sesta è in divenire – le protagoniste di questo splendido romanzo che racconta il secolo scorso in un viaggio a ritroso nel tempo. Cinque ragazze confrontate con il tempo e il luogo in cui vivono, partendo dalla Grecia di Roxani nel 2030 – una storia non ancora scritta ma che sarà – sino alla Roma di Anna nel 1911. Destini alla continua ricerca della felicità, quale essa sia per loro e per l’epoca in cui stanno vivendo.
Ne ‘I sogni di Anna’ assistiamo allo svolgersi e all’intrecciarsi di molti sottili fili. La parola trama, anzi trame, non mi è mai sembrata più appropriata. I fili si sintrecciano, si incastrano, a volte si spezzano, a volte invece sembrano infiniti e noi possiamo scorgerne solo un segmento. Ma la trama che compongono è sempre estremamente viva e realistica.
Abbiamo il privilegio di assistere a dei frammenti, a volte qualche mese, a volte anni, di queste vite, legate tra loro – perché un legame c’è sempre – per un motivo di volta in volta specifico: amicizia, affetto, solidarietà, amore, dolore condiviso.
Luoghi diversi, tra la Svizzera romanda, italiana, la Francia, Roma, personalità e storie differenti in questi lunghi cinque capitoli che con generosità dipingono vite e raccontano la Storia, con estrema attenzione circa l’esattezza degli eventi e una lingua articolata e cesellata e modellata sui contorni di ogni personaggio. C’è qualcosa però che accomuna i destini di Federica (Glasgow, 2012), Sabine (Losanna, 1988), Gabrielle (Niort, 1961), Clara (Ticino e Ginevra, 1928) e Anna (Carpineto e Roma 1911), e ha il nome di sorellanza. Questa è di capitolo in capitolo più forte e testimonia un legame sotteso a tutte le donne che sarà fondamentale per la loro ricerca continua della felicità e la propria affermazione. Una sorellanza intergenerazionale che non è mai però, ne ‘I sogni di Anna’, famigliare, anzi. Ma va detto che non si tratta di un romanzo incentrato unicamente sulle donne: i personaggi che lo compongono sono buoni e cattivi, indipendentemente dal genere. Abbiamo madri crudeli e uomini estremamente buoni, tutti ugualmente indimenticabili.
Alla fine i fili vengono avvolti e la conclusione ci riporta al titolo di questo romanzo che seppur non autobiografico, tanto racconta della sua autrice. Una generosa posftazione intercetta infatti poi i legami tra Silvia Ricci Lempen e le storie che racconta.

La scrittrice chiarisce per noi alcune tra le particolarità dei ‘Sogni di Anna’, iniziando dal spiegarci perché ha scritto lo stesso romanzo contemporaneamente in francese e in italiano… «Le cinque giovani donne sono due italofone e tre francofone e io ho le ho fatte parlare nella loro lingua. Volevo cercare di restituire la loro intimità linguistica, che corrisponde naturalmente anche ai luoghi dove vivono e dove si muovono. Scavare fino in fondo questo mio bilinguismo: sfruttare la mia intimità con due universi che non sono solo linguistici ma anche culturali». 

Nel romanzo di parla di storie di donne Silvia Ricci Lempen, anche di femminismo qua e là…

Il femminismo mi sta molto a cuore, ma allo stesso tempo le mie perosnagge non sono campioni di femminismo, affatto! A parte una, Sabine. Le altre non hanno una coscienza del Movimento. Queste giovani donne si comportano a volte in modo femminista senza aver necessariamente fatto una riflessione politica. È un movimento che viene dall’interno, dalla trasmissione di altre donne,  non necessariamente da una teoria.

Perché il libro ripercorre a ritroso il tempo e la Storia?

In realtà è stata una scelta abbastanza istintiva, ciò che volevo raccontare avrebbe avuto più energia scrivendolo in modo diverso dalla temporalità. Poi naturalmente a cose fatte ho visto molti altri aspetti interessanti di questo andare a ritroso. Il presente è contenuto nel passato e viceversa, un movimento di va e vieni che ho cercato di restituire.

Nel romanzo, scritto in cinque anni e frutto di ricerche storiche approfondite, storia pubblica e privata si fondono continuamente, è così anche nella realtà?

Assolutamente! Questo è un aspetto importante nella mia scrittura. Ho sempre cercato di mettere in realzione storia pubblica e storia privata. Non solo perché penso che queste si influenzino ma anche perché vedo un parallelismo tra la psiche collettiva e quella individuale. Ci sono tanti eventi storici che potrebbero venir spiegati e capiti in profondità se confrontati con il modo in cui viviamo i nostri traumi privati.

Il libro pare un’ode anche alla intergenerazionalità, che però non deve essere sempre famigliare, anzi, le famiglie in generale non ne escono sempre così bene…

Per me è importante dissociare la trasmissione tra una generazione e l’altra dalla trasmissione del ventre. Le donne sono sempre state racchiuse dall’idea della trasmissione biologica, madri carnali. Lasciando invece la trasmissione simbolica agli uomini. Qui invece io cerco di mostrare come questa sia importante anche tra donne. In letteratura se ne parla troppo poco.

Il titolo del suo libro contiene, oltre al nome di una delle protagoniste, anche la parola sogno. Che importanza ha il mondo onirico per Silvia Ricci Lempen?

Ho sempre tenuto in gran conto i miei sogni, me ne sono interessata dal punto di vista psicoanalitico. Nel libro c’è poi il riferimento anche all’inconscio e alla follia. In tutte le storie si ritrova il disegno di un’artista dell’art brut svizzera, Aloïse Corbaz, che rappresenta il personaggio di un sogno. Una donna imponente, una creazione dell’immaginazione dell’artista, che si presenta nelle diverse storie sotto varie forme, tra cui quella onirica.

Per scoprire l’universo de ‘I sogni di Anna’, l’Ufficio federale di cultura metterà a disposizione del pubblico un podcast dedicato a Silvia Ricci Lempen da giovedì 28 gennaio, sulla pagina dedicata ai Premi svizzeri di letteratura. 

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