Culture

Soletta 56 online, 'democratizzazione della cultura'

Illustrata la 56esima edizione 'Home edition'. Il presidente Felix Gutzwiller: «La cultura per rafforzare la coesione in un momento così difficile»

Nuovo sito
6 gennaio 2021
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Pensato, ripensato, reinterpretato durante un anno che «turbolento», come lo definisce la direttrice Anita Hugi, pare almeno riduttivo, le ‘Solothurner Filmtage’, o ‘Giornate cinematografiche di Soletta’ saranno un festival completo di tutto – premi, sezioni, programmazioni speciali – benché online. Annunciato dal 20 al 27 gennaio prossimi, con il sito interamente rinnovato per far fronte alle mutate esigenze di fruizione non in loco, la 56esima edizione ha una sua forma definitiva, accolti i progressivi cambiamenti delle regole imposti dalla pandemia. «È stato necessario progettare quattro concetti di festival», spiega Hugi nella conferenza stampa su Zoom, ricordando l'abbandono dell'idea ‘locarnese’ di piccole proiezioni isolate in Soletta a fianco della programmazione online, un addio alla ‘promiscuità’ reso noto già prima di Natale. La dimensione interamente online non significa, però, totale gratuità, perché «la cultura è preziosa», tiene a specificare il presidente Felix Gutzwiller, anch'egli in collegamento: il ricavato degli ingressi virtuali – in tutto 1'000 posti di un'ipotetica sala – andranno in parte alle produzioni, come «contributo diretto di solidarietà». Detto che «la dimensione online è una grande chance, ma necessita di virtù», Gutzwiller vede nel dislocamento nello spazio virtuale una «democratizzazione della cultura» per un più generale «servizio a favore dell'uomo». Cultura come «seme per rafforzare la coesione in un momento così difficile».

Concorso e dintorni

Sono in numero di 170 i film di quest'anno, presi nella totalità di generi, lunghezze e lingue nazionali, frutto di una scelta avvenuta tra 651 produzioni candidate (262 in più dell'edizione precedente). I dodici tra documentari e fiction (di cui cinque prime mondiali) nominati per il Prix de Soleure vedono in gara otto registe, cinque registi e una co-regia di due registi: la maggioranza femminile è una novità assoluta nella storia del festival, che il prossimo 26 gennaio assegnerà per la 13esima volta il suo premio principale (60mila franchi). Undici sono i titoli che si contenderanno il Premio del pubblico (20mila franchi), diretti da sette registe, sei registi, un duo femminile. Di pari importo è la novità anche nella categoria ‘Opera Prima’, che il 26 gennaio premierà con altrettanti 20mila franchi uno tra i lungometraggi esordienti dalla selezione ufficiale delle serie Panorama Schweiz, Prix de Soleure e Prix du Public. In giuria, la regista svizzera Anja Kofmel («Chris the Swiss»), il direttore del Cinémas du Grütli di Ginevra Paolo Moretti (Quinzaine des Réalisateurs, Cannes) e il distributore francese Patrick Sibourd (Nour Films).

Da segnalare il 'Rencontre' dedicato al regista e produttore Villi Hermann, "spirito libero", "figura emblematica del cinema di lingua italiana", rubando parole alle note ufficiali di presentazione. Quello a lui dedicato è un viaggio lungo sette decenni per 19 opere tra l'Hermann regista, produttore e realizzatore di corti, e cioè tra film noti (‘Bankomatt’, ‘San Gottardo’) e opere sperimentali degli esordi. Hermann presenzierà anche a tavole rotonde, sempre virtuali, per condividere la sua esperienza con il pubblico. 

All'interno della sezione ‘Histoires du cinéma suisse’, ‘Cinéma Pionnières’ è il programma speciale all'insegna di sette storiche registe: le contemporanee Lucinenne Lanaz, Gertrud Pinkus e Tula Roy, e le scomparse Marlies Graf-Dätwyler, Isa Hesse-Rabinovitch, June Kovach e Carole Roussopoulos, riproposte in dieci opere che hanno fatto la storia del cinema svizzero nel decennio successivo all'introduzione del diritto di voto alle donne. Per ‘Hommages’, il festival rende omaggio a quattro cineasti scomparsi nel 2020: Andres Pfaeffli, Francis Reusser, Jean-Louis Roy, Karl Saurer. Detto in dicembre del Premio d'onore 2021 a Frank Braun, direttore della programmazione dei cinema zurighesi Riffraff e Houdini e del lucernese Bourbaki, da segnalare la sezione ‘Focus’, dedicata alla critica cinematografica, e la nuova sezione ‘In studio’, focus sullo scambio artistico con workshop e masterclass con registi.

La bambina che zittì il mondo

Dell’inaugurazione affidata per la prima volta a una pellicola ticinese – Niccolò Castelli, ‘Atlas’, il 20 gennaio in streming e in diretta televisiva sui tre canali nazionali – abbiamo scritto lo scorso 22 dicembre. Dobbiamo invece riferire di ‘Only A Child’, cortometraggio realizzato dal chiassese («Vacallo», ci tiene a specificare) Simone Giampaolo, sei minuti di animazione in concorso nel 'Panorama' dei cortometraggi fruiti in anteprima all’interno della conferenza stampa, alla presenza – collegato da Londra, in un riquadro a sé, come tutti gli altri – del regista. Più che un film di Simone Giampaolo, ‘Only A Child’ è un serratissimo (quanto a ritmo) e toccante poema visivo cui hanno messo mano ognun per sé venti animatori sotto la supervisione del ticinese, un collettivo che dona forma alle parole originali pronunciate nel lontano 1992 a Rio de Janeiro, al Vertice della Terra dell’Onu, dall’allora 12enne Severn Cullis-Suzuki, proto-Greta Thunberg nota come “La bambina che zittì il mondo per 6 minuti’. «Severn parlò ancor prima che io nascessi», spiega Giampaolo, venuto in contatto con quelle parole a metà anni Duemila grazie a YouTube. «Rimasi folgorato. Qualche anno fa mi dissi che non mi era speso abbastanza per qualcosa di veramente profondo, e andai a riguardare quel filmato». Il contatto con la protagonista – felice che le sue parole potessero divenire film, cosa mai successa prima d’ora – quello con Amka, felice di far da tramite tra l’idea e il prodotto finale, e ‘Only A Child’ è realtà da vedere. Il perché del collettivo è presto spiegato: «Ho sempre sognato un film con diverse tecniche d’animazione tutte insieme. Ogni tecnica è una specie di ‘nazione a sé’, e il tutto è una metafora delle nazioni del mondo. Mi è sembrato il modo migliore», dice Giampaolo delle venti mani al lavoro con budget diversi, ma un unico movimento «per sottolineare un discorso così importante». Tecnicamente parlando, «volevo che ognuno di loro dirigesse le proprie sezioni, che sentisse il progetto molto personale. Io ho fornito una linea per evitare troppa casualità».

Giampaolo, classe 1989, che da otto anni vive a Londra dove lavora, tra gli altri, per Cartoon Network, cita Amka Film Productions, a un anno dalla morte di Tiziana Soudani, produttrice indipendente alla quale l’opera è dedicata. E per Amka è collegata Gabriella De Gara, a parlare dell’«arte collettiva» retta sull’entusiasmo di ogni singolo elemento coinvolto nel film dal «forte messaggio politico», ma soprattutto della «forza motrice» che lo guida e che è anche quella di Tiziana Soudani, un corrispettivo nel film e viceversa: «Tiziana s’innamorava dei progetti, e quest’opera è un conglomerato di quello che lei è stata».  

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