Culture

Rifici, Lac: 'Perdita economica di dimensioni drammatiche'

Il dietrofront del governo sui posti in sala è stato fatale. A colloquio col direttore artistico: 'Niente muro contro muro, ma serve un dialogo'.

Carmelo Rifici (Ti-Press)
12 novembre 2020
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Al comunicato stampa che annuncia la sospensione di tutta la programmazione fino all’8 gennaio 2021, il Lac allega uno scritto condiviso sulle pagine ufficiali che inizia con ‘Caro pubblico’. È una lettera nella lettera che da una parte è una dichiarazione d’affetto – “Per amore dei vostri confronti e della comunità artistica terremo la Hall aperta per eventi di piccole dimensioni ma di sicura qualità – e insieme un misurato j’accuse: “Nella giornata di lunedì abbiamo dovuto prendere una decisione immediata sul prosieguo della stagione (…) con una perdita economica di proporzioni drammatiche». Riassunto brevemente: il Lac ridimensiona la stagione adattandola a 50 spettatori in sala, come da disposizioni federali del 28 ottobre; domenica 9 novembre il Consiglio di Stato (Cds) abbassa il limite a 5 e di lunedì mattina il Lac disdice contratti e rimborsa biglietti. Martedì pomeriggio, dopo la ‘letteraccia’ del mondo della cultura, il Cds riporta il limite a 30, ma per il Lac è troppo tardi. Sulla questione torna a laRegione Carmelo Rifici, direttore artistico del Lac.

Carmelo Rifici, la vostra doppia lettera parla chiaro: la stagione si ferma qui.

Non potrebbe essere altrimenti. Avevamo riorganizzato la programmazione per attenerci alle nuove direttive del Consiglio federale, già abbastanza tragiche, alle quali ci siamo giustamente adeguati per dare un amano in questa grave situazione. Ci attendevamo che il Cds le potesse confermare, soprattutto in una sala come quella del Lac, mille posti per ospitare 50 persone. Dopo avere riformulato tutto, con un’evidente perdita di denaro oltre che di energie, anche umorali, l’abbassamento a 5 persone ci ha costretti lunedì mattina a dover cancellare nuovamente tutti gli accordi, e a chiudere un’importante produzione come ‘La bottega del caffè’. Dopo un giorno, è bastata evidentemente una lettera che riportava la seria preoccupazione di tutto un settore che pretendeva di essere trattato alla stregua degli altri settori, e si è tornati parzialmente indietro, a 30. A parte l’imbarazzo che viene dal parlarci di 5 persone in sala invece di chiederci di chiudere i teatri, questo dietrofront rischia di sembrare una mancanza di controllo.

Per mancanza di controllo intende scarsa conoscenza da parte del Cds delle dinamiche operative, organizzative che riguardano il vostro settore?

È evidente. E il nostro comunicato ne parla chiaramente. L’idea che noi, da un giorno all’altro, si possa riprendere le attività come se nulla fosse, fa sorgere in me il dubbio che il Cds non conosca pienamente la quantità di lavoro dietro un centro culturale. Su questo punto eravamo stati chiari già nella prima lettera condivisa dai lavoratori dello spettacolo del territorio. Ma tutto ci s’immaginava tranne un dietrofront che pare voler sistemare una situazione, ma in realtà la peggiora.

Nel comunicato stampa di ieri si attribuisce a voi, operatori del settore, l’aver capito male che gli spettatori sarebbero scesi a cinque…

Non abbiamo capito male per niente, perché l’onorevole Badaracco, domenica sera durante la prova generale della ‘Bottega del caffè’, ha subito intercesso per noi con gli onorevoli Gobbi e Bertoli per comprendere la situazione. Ci sono state date dapprima informazioni che andavano nella direzione che per i teatri non fosse cambiato nulla. Dopodiché, alle 21, ci è arrivata un’informazione inequivocabile che eravamo equiparati a tutte le manifestazione pubbliche e private da 5 spettatori. Il dietrofront è evidente e quest’aggiustare il tiro è stato per noi un’ulteriore batosta. 

Anche il Lac è firmatario della lettera aperta di ieri. Anche il Lac, evidentemente, si sente relegato nella categoria dei presunti ‘dopolavoristi’…

Sono spaventato dal fatto che fare teatro, come già ribadito dal collega Helbling tramite le vostre pagine, sembri quasi un passatempo. Io sono certo che il Consiglio di Stato non pensi questo, però la conseguenza della direttiva ci ha portato a questa situazione estremamente complessa che non ci permette di fare altro che tenere una Hall aperta per consentire al museo e al Book Shop di fare il proprio lavoro. Penseremo a piccole manifestazioni, come sempre fatto, ma la programmazione seria non c’è più, nemmeno tarata sui 50 posti, e ce ne dispiace. Bastava concederci quarantotto ore in più, invece di rendere effettiva a mezzanotte del giorno 9 novembre una decisione che ci ha tagliato le gambe. E anche in questo senso, tornando alla sua domanda precedente, non c’è stato nessun equivoco.

A 24 ore dal dietrofront c’è un sostanziale silenzio da parte del governo. Vi pesa?

Tutto pesa in questo momento. Continuo a pensare che quel che è successo serva a mettere il Cds di fronte a un'evidente esigenza di dialogo col settore culturale. Non è il momento per noi di costruire un muro contro muro e non lo vogliamo assolutamente, però serve un dialogo e anche se forse non è questo il momento, ci auguriamo possa arrivare disponibilità dal Cds e dal Decs per certe questioni irrisolte da tempo. Questa è una situazione che è tutta a svantaggio nostro ma anche dei cittadini, visto che un buon 40-50% delle attività teatrali sono anche gestite coi soldi dei contribuenti. Sottolineo ancora che siamo consapevoli della difficoltà del Cds di gestire la situazione causata dalla pandemia, e proprio per questo mi piacerebbe creare possibilità di confronto costruttivo per cambiare questa spiacevole tendenza a guardare al nostro settore come a un settore di serie B.

Il Lac nel comunicato stampa parla di una perdita economica "di proporzioni drammatiche". «Stileremo a breve un preventivo, quantificando così la perdita ma chiaramente questa situazione non è il massimo - spiega, da noi interpellato, il municipale di Lugano Roberto Badaracco, presidente del consiglio direttivo del Lac. Chiederete dei risarcimenti? Avvierete una causa contro il Cantone? «È prematuro parlare di eventuali cause civili - afferma Badaracco - Stiamo semmai valutando la possibilità di far capo al pacchetto di aiuti previsto dalla Confederazione per gli enti e gli operatori culturali che accusano appunto delle perdite». Aggiunge Badaracco: «il Consiglio di Stato avrebbe potuto mantenere il limite delle cinquanta persone. Secondo me bisogna considerare la sicurezza, ragionando quindi sui piani di protezione, e la dimensione dei luoghi. In una saletta anche cinque persone sono già troppe».

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