L'intervista

Stefania Auci, 'I leoni di Sicilia' per colazione

Sabato 31 ottobre alle 11, non al Lac ma in streaming sulla pagina facebook, la scrittrice siciliana dialoga con Maria Rosa Mancuso.

'La scrittura all'alba, la scuola di mattina e il lavoro di madre, che non ha orario' (foto: Yuma Martellanz)
29 ottobre 2020
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Romanzo storico. Caso letterario. Bestseller. La fuga verso la grande città di Paolo e Ignazio, via da Bagnara Calabra dopo il terremoto del 1783 per aprire una piccola bottega di spezie che un giorno diventerà un impero. Quello della famiglia Florio (con tanto di flotta navale). Stefania Auci, trapanese trapiantata a Palermo, racconterà il suo libro da 27 edizioni in un anno e mezzo e 450mila copie vendute (fiction tv in fieri) a Maria Rosa Mancuso per le Colazioni letterarie di domani alle 11. Non al Lac, però, ma in streaming sulla pagina facebook del centro culturale (partecipazione gratuita e libera; chi ha prenotato verrà contattato dalla Mediazione culturale del Lac. Incontro poi riascoltabile su www.edu.luganolac.ch).

Stefania Auci non scrive nel modo più romantico del termine (terrazza sul mare, eremo, o altre connotazioni logistiche da bravo romanziere); nemmeno ha chiesto l’aspettativa (e non intende farlo) dal suo lavoro d'insegnante di sostegno nei pressi del quartiere Zen di Palermo. Auci è, autodefinizione, «una pallina da ping pong» in una vita «frenetica», quella di una madre che le sue storie le scrive alle quattro del mattino, poi insegna e fa cose comuni come portare i figli dalla dentista. Come per tutti i multitasking di successo, la prima domanda è…

Come riesce a conciliare le due cose?

Dovrebbe dire ‘tre’. La scrittura all'alba, la scuola di mattina e il lavoro di madre, che non ha orario. L’insegnamento lascia del tempo per la famiglia. Salvo consigli scolastici da tre ore, come quello di ieri.

Insegna nei pressi del quartiere Zen, impegno aggiuntivo…

Sì, nella sezione distaccata. In un altro quartiere, con altri tipi di difficoltà. Comunque sia, nemmeno dove lavoro io il contesto sociale è facilissimo.

Lei chiama i suoi studenti, affettuosamente, ‘scafazzati’…

Sì, scafazzati, anche se devo dire che quest’anno ho una classe ‘sistemata’…

Il suo successo è grande. Potrebbe arrivare il giorno in cui le s'imporrà una scelta...

No, ci sono punti fermi della mia vita che non voglio cambiare. Opterò per il part-time, ma solo per smettere di alzarmi, dopo cinque anni, alle quattro del mattino. Vorrei riconquistarmi delle ore di sonno decenti. Ma non voglio lasciare la scuola perché mi piace. Oggi, a mio avviso, s'è perso il valore dell’insegnamento, la bellezza della sfida che porta con sé insegnare. Anche se mi rendo conto che la scuola di oggi non è il mondo più confortevole. Ma è proprio in questo contesto che il tuo sforzo si dimostra in grado di portare effettivamente dei frutti.

‘I leoni di Sicilia’ è stato venduto negli Stati Uniti, in Germania, Francia, Paesi Bassi, Spagna, ancor prima che in patria.

Sì, nel senso che i diritti sono stati ceduti a tutti questi Paesi prima dell’uscita del libro in Italia.

Doppia soddisfazione.

Devo dire di sì. Soprattutto americani e spagnoli l’hanno voluto fortemente, battendo tutti sul tempo. E in Francia ci è voluta un’asta tra editori.

La saga dei Florio: perché proprio loro?

Per creare una storia un po’ diversa da quanto avevo scritto in precedenza. Una sfida. Ora è sempre più un portare l’asticella ogni volta più in alto, cercare soluzioni sempre più diverse e complesse, per mettere alla prova il proprio talento e le proprie capacità. Ecco, per me questa storia rappresenta essenzialmente la volontà di mettermi alla prova.

Florio come storia di una famiglia, che è anche storia d'integrazione e cambiamento…

Quanto al cambiamento, sì, inteso come rottura fisica, forte, che viene dall’evento tragico che apre il libro. Ma non identificherei tutti i siciliani con il cambiamento che, come per l’intera Italia d’altra parte, paese fortemente conservatore che non ama cambiare se non costretto e sempre in maniera traumatica, sono custodi delle tradizioni, più che conservatori. In generale, il vero e proprio cambiamento per i protagonisti del romanzo è una spinta che proviene da dentro. I cambiamenti in Sicilia attecchiscono soltanto se i siciliani li condividono, altrimenti non ci sarà mai un cambiamento indotto di lunga durata.

I Florio mai completamente accettati dalla città perché non cittadini di nascita…

Sì, e credo si tratti del problema di tutti coloro che si trovano a essere stranieri in terra straniera. In Svizzera, per esempio. Tanti italiani hanno sperimentato cosa significhi dover comprovare ogni giorno il proprio valore col lavoro, il comportamento, per essere accolti in un territorio con nuove regole valoriali. E del trasferimento di una persona in un contesto differente rimane sempre questo doversi mettere in gioco, sapendo da una parte conservare le proprie tradizioni e dall’altra riuscire a integrarsi, preservandole. Credo sia la sfida dei prossimi cinquant'anni. Noi italiani, e l'Europa tutta, stiamo diventando a nostra volta terra d’emigrazione. Se da una parte dobbiamo essere saldi nel mantenere la nostra identità, dall’altra parte dobbiamo essere in grado di rispettare e capire appieno quella di chi arriva da noi. La convivenza pacifica s'impara per tentativi ed errori, non con una piana accoglienza e sudditanza.

‘I leoni di Sicilia’ è un romanzo storico. Della sua genesi si parlerà domani. Anticipato in sintesi?

È stata forse la parte più divertente. La ricerca storica, l’approfondimento, il cesello. Il trovare, faticosamente, una nuova chiave di lettura per una storia che è già stata scritta. Molto affascinante.

Il successo non cambia i suoi rapporti coi "circolini intellettuali" costretti a "investire in Maalox”, così come descritti al Corriere. Dopo l’ennesima ristampa, qual è oggi il suo rapporto con i gastroprotettori?

Premetto che soffro di reflusso gastrofageo e quindi il Maalox è il mio fine pasto. Quanto alla mia dichiarazione, semiseria, resto serenamente avulsa da questi circoli. Io non tolgo e non metto a nessuno. Lo ripeto spesso, c’è spazio per tutti nel fantasmagorico mondo della letteratura e io non ho alcuna intenzione di eliminare la fetta di potere di nessuno.

A questo proposito: com’è, per una siciliana, superare in classifica Andrea Camilleri?

Ci sono state persone che mi hanno guardato come se gli avessi ammazzato il figlio (ride, ndr). Approfitto anche di questa occasione per ricordare che non è stata colpa mia. Giuro che non volevo. È successo.

Sta scrivendo il secondo capitolo de ‘I leoni di Sicilia’. Non è preoccupata dalla legge del sequel?

No, non ho paura. Ho una fifa bastarda (ride, ndr). Semplicemente, come dicevo alla dentista poco fa, non ci penso. Mi sono convinta che non lo sto scrivendo io. Come vede, mi trovo in piena dissociazione della personalità.

Un’ultima cosa: possiamo citare la dentista nell’articolo?

Certamente, la citi pure.

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