Cinema

'Moka noir', il caffè (amaro) è per tutti

Il documentario è finalmente in sala. Si comincia all'aperto martedì 25 agosto a Mendrisio. Ce ne parlano Erik Bernasconi e Matteo Severgnini.

22 agosto 2020
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Andres Pfäffli, che ne è produttore, non ha avuto il tempo di vederlo in sala. Il co-fondatore di Ventura Film se n’è andato lo scorso 16 agosto all’età di 66 anni, dopo aver fatto “parlare il cinema” nelle più importanti rassegne, raccogliendone i premi. “Ci ha lasciati – questo l’intero virgolettato – ma ha sempre voluto far parlare il cinema”, recita il comunicato che annuncia, ricordando Pfäffli, l’uscita in Ticino di ‘Moka noir – A Omegna non si beve più caffè’, martedì 25 agosto alle 21 nel parco di Villa Argentina a Mendrisio. Alla presenza del regista Erik Bernasconi, anche nei passi del detective che in questo documentario-noir (lo dice il titolo) indaga sulla fine (o ‘scomparsa’, in termini investigativi) del distretto casalingo sviluppatosi in pieno boom economico italiano intorno a Omegna, sul Lago d’Orta, non troppo lontano dai nostri confini. Omegna il paese della moka, di Renato Bialetti che nel 1958 la pubblicità aveva trasformato nell’omino coi baffi, stampato sulle sue caffettiere e reso icona dal televisivo ‘Carosello’. L’omino e tutti gli annessi e connessi di un’epoca in cui in Italia, almeno al nord, rischiava di esserci lavoro per tutti.

Erik Bernasconi: 'Un disagio mai sopito'

‘Moka noir’ (una produzione Ventura film e Rsi Radiotelevisione svizzera) ha avuto giusto il tempo di raccogliere l’apprezzamento del Festival del Cinema di Roma (novembre), delle Giornate di Soletta (gennaio) «e poi avevamo uscite previste per marzo e aprile, e non sto a spiegarti come mai non siamo usciti», racconta a la Regione Erik Bernasconi. Sono per ora sei le date di programmazione, inizio di una prima piccola liberazione: «La sensazione liberatoria di poter presentare al pubblico ticinese un’opera che è pronta da tempo, sì, ma con emozioni molto varie. Intanto, per chiunque, il cinema è un mondo del quale non si può immaginare nemmeno lontanamente il futuro. Riaprono le sale, va bene, ma ci sarà da capire se il pubblico avrà voglia di entrarci. Proprio per questo motivo le prime due uscite sono state pensate all’aperto (la seconda a Bellinzona, ndr), per riportare al cinema anche i più inclini a rinchiudersi».

È un thriller, ‘Moka noir’, ed è inutile chiedere al regista il finale in anticipo. «Il colpevole potrebbe non essere uno soltanto. Le cause potrebbero essere multiple e, alla fine, le conosciamo tutti. Con questo film cerchiamo di prenderne coscienza». Un docu-thriller in bianco e nero, per rispetto del genere ma anche «per la volontà di farne un film unitario, possibilmente non databile. Quella delle rivendicazioni dei diritti dei lavoratori è un’esperienza che in altri territori si sta vivendo solo adesso. E quella di Omegna è la storia comune a molti altri distretti industriali, a volte solo traslata di decenni». Storia scritta a quattro mani con Matteo Severgnini, di Omegna, giallista. «Che è uno dei motivi – l'essere giallista – per cui abbiamo scelto insieme questo taglio. È lui che mi ha proposto le storie della sua cittadina, che non conoscevo. È lui che mi ha portato nelle fabbriche abbandonate, e dalla gente del posto».

Bernasconi e Severgnini si sono conosciuti nel 2010 al termine della proiezione di ‘Sinestesia’ a Stresa: «A ‘Moka noir’ abbiamo iniziato a lavorare nel 2011, le riprese sono iniziate nel 2017. In quei sei anni sono andato con regolarità a Omegna, incontrando decine di operai, imprenditori, politici, economisti». Alcuni sono stati filmati e altri no, per una quantità di contributi comunque troppo grande per entrare nel prodotto finale. Otto anni di lavorazione dopo i quali il tema è ben lontano dall’essere fuori tempo massimo: «Si parla di un disagio economico e umano mai sopito. Anche quest’ultima crisi non credo abbia tolto attualità al film. Che è un film pre-Covid, ma che per quanto riguarda lo stato delle cose, dal punto di vista dei lavoratori, credo resti attuale. Mi piacerebbe poter dire che il film racconta di cose vecchie – conclude Bernasconi – ma non è così».

Ecco le prime date di MOKA NOIR in Ticino. E il trailer...

Pubblicato da Erik Bernasconi su Giovedì 20 agosto 2020

Matteo Severgnini: 'Omegna intercambiabile, universale'

«Non sono io la memoria storica. Volevo raccoglierla». Matteo Severgnini da Omegna conosce il Ticino e il Ticino conosce Matteo Severgnini, che per la Rsi ha raccontato, per esempio, ‘L’invenzione della moka’, audiodocumentario precedente a ‘Moka noir’. «Avevo una storia da portare alla luce – ci racconta lo scrittore – ma essendo troppo coinvolto avevo bisogno di qualcuno che avesse occhi e orecchie vergini. E ho voluto che il racconto arrivasse a Erik direttamente dai suoi protagonisti. Una volta acquisita la stessa conoscenza, ci siamo confrontati, ci siamo messi al lavoro». Su quella che si è rivelata «una specie di matrioska, che conservava una storia dentro l’altra. Si è trattato di aprirle tutte».

Classe 1970, Severgnini ha vissuto la parabola discendente di Omegna: «Vedere quarantenni, cinquantenni a zonzo di pomeriggio ai giardini pubblici mi pareva significativo del fatto che tante di quelle persone, negli anni precedenti, probabilmente lavoravano nelle fabbriche». Parabola che, trasferita al noir, significa: «Ci siamo resi conto, a un certo punto, che il distretto di Omegna era la metafora degli esseri umani. Un distretto con tutti gli organi viventi e pulsanti che poi sono venuti meno. Sono venute meno le fabbriche, gli operai, gli impiegati, l’indotto. E il distretto è morto, diventando quello che per noi è un cadavere». Da cui l’ispettore a cercare l'autore del misfatto. Ispettore che fa del documentario un noir «con tinte gialle»: perché «il genere noir, in letteratura, al cinema e ancor più oggi nelle serie tv, consente di conoscere il lato nascosto delle cose. Se nel giallo l’investigatore riporta a una normalità che di norma sfocia nell’elemento consolatorio e cioè l’identificazione dell’assassino, il noir racconta il lato nascosto, la metà oscura della Luna, che a Omegna è quella parte del distretto del casalingo che non c’è più».

Questo dal punto di vista drammaturgico. Da quello estetico, il noir è nei filmati degli archivi storici, nel naturale grigio-nero delle fabbriche, nella pubblicità del tempo, un po’ in bianco e nero (la Linea di Osvaldo Cavandoli, l'omino coi baffi della Bialetti) e un po’ a colori, documenti originali e non meno storici. «Raccontiamo – chiude Severgnini – la nascita e la morte di un distretto del casalingo locale trattato in modo tale da diventare universale. Omegna è intercambiabile con Lumezzane per la posateria, Biella per il tessile, Faenza per le ceramiche. Le storie avrebbero altre parole, ma la sostanza resterebbe quella».

La locandina

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