Società

Raccontò gli abusi su Netflix: Daisy Coleman si è uccisa

Nel 2016, in ‘Audrie & Daisy’, il destino oggi perfettamente identico di due vittime di stupro: “Mi credevo invincibile. Era un pensiero stupido”.

Si è tolta la vita lo scorso 4 agosto all'età di 23 anni (Facebook)
8 agosto 2020
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Sono i tempi ad essere diversi, ma il destino di ‘Audrie & Daisy’, due teenager che hanno dato il titolo a un documentario Netflix del 2016, è ora, definitivamente, il medesimo. Audrie Pott, 16enne di Saratoga, California, si era tolta la vita nel 2012, dieci giorni dopo uno stupro di gruppo ampiamente documentato e diffuso via telefonini; lo stesso destino, nello stesso anno, era toccato alla 14enne Daisy Coleman di Maryville, Missouri, sopravvissuta per otto anni prima del gesto estremo portato a compimento lo scorso 4 agosto all’età di 23 anni. “Dopo la morte di mio padre – raccontava Daisy nel documentario di Bonni Cohen e Jon Shenk – pensavo di avere avuto la mia parte di dolore nella vita. Pensavo che sarei stata invincibile. Ma era un pensiero stupido, da ragazzina. Non siamo affatto invincibili”.

Missouri burning

Nel gennaio del 2012, dello stupro di Daisy in stato di pre-coma etilico viene accusato il 17enne Matthew 'Matt' Barnett, che poi abbandona la ragazzina in piena notte nel giardino di casa Coleman; il mattino seguente è la madre Melinda a ritrovarla, sotto shock e con sintomi da assideramento. C'è un video di quella notte, ripreso da un amico di Barnett, e fa il giro delle memorie telefoniche di tutta la scuola. Ma le accuse rivolte al giovane saranno presto ritirate, perché indimostrabili al di là di ogni ragionevole dubbio. O perché – teoria decisamente più accreditata – il ragazzo è il nipote di Rex Barnett, ex-deputato repubblicano, ex-poliziotto della stradale. Anche l'amico Jordan, il 'videomaker', è libero. È libero pure un terzo amico, che ha ammesso lo stupro della 13enne Paige, amica di Daisy, con lei in casa di Matt.

Anonymous canalizza in piazza l’indignazione social e il caso raggiunge i media nazionali chiamando a Maryville, oltre a Daisy, le altre locali (ma non solo) vittime di stupro. Cosa che urta la sensibilità dell’allora sindaco Jim Fall – “Vent’anni fa abbiamo realizzato un lago di 400 ettari che ospita una zona ricreativa, un campo da golf professionale e una delle cento migliori zone di pesca del paese. Qualcuno è venuto qui per parlarne?” – e non di meno quella dello sceriffo Darren White ("Lo sceriffo bianco, sadico e narcisista", come definito nelle ultime ore da Melinda Coleman) che così, indirettamente, risponde alle dimostranti: “I ragazzi sono gli unici che si sono voluti mettere questa storia alle spalle. Vanno tutti all’università, mi sembra, lavoreranno per essere persone migliori. Si dà sempre la colpa ai maschi, ma le ragazze in questo mondo hanno le stesse colpe dei ragazzi”.

L'ultima porta

Dopo la sentenza di non colpevolezza, è tutto un #ioodiodaisy e un #daisymente. "Giustizia è stata fatta", "Ecco cosa succede alle sgualdrine", "Offriva favori sessuali in cambio di alcolici", ma soprattutto "La scuola tornerà alla normalità". Anche la squadra di football di cui Matt Barnett è simbolo. Accusati di avere infangato il buon nome di una cittadina che si crede Truman, quella dello Show, additati come bugiardi, emarginati e senza più una casa perché data alle fiamme dall’Anonima Odiatori dopo atti intimidatori e vandalistici, i Coleman che un tempo avevano trovato in Maryville il luogo in cui dimenticare la morte del capofamiglia tornano ad Albany, Missouri, dentro una casa che al piano di sopra ha le porte sfondate per tutte le volte che Daisy verrà salvata dai successivi, numerosi, tentativi di suicidio.

Daisy che nei giorni del documentario era, per il fratello Charlie, “come un riccio. Ha gli aculei e ti punge prima che possa raggiungere il suo lato più dolce. È triste, ma sono sicuro che non la solleverò più dal pavimento del bagno, che non dovrò più portarla in spalle al pronto soccorso, e questa per me è già più di una benedizione”; Daisy che due anni più tardi dovrà accettare la morte del fratello più piccolo Tristan, vittima di un incidente stradale; Daisy tatuatrice, che su Netflix ritirava una borsa di studio al Missouri Valley College; Daisy per la quale “non si tratta sempre di dimenticare il passato, ma di perdonarlo”.

 

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