Festival del Film

Locarno 2020: il Festival 'che sa adattarsi' è cominciato

Al GranRex la 'benedizione' di Solari, Hinstin, Bertoli, Stöckli e Moret. Online, dall'Oregon, Kelly Reichardt: il suo 'First Cow' sta aprendo l'edizione n.73.

Marco Solari, presidente del Locarno Film Festival, e Lili Hinstin, direttrice artistica (Ti-Press)
5 agosto 2020
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Mettiamola così: al GranRex c’è l’aria condizionata e le poltrone sono rosse, morbide e silenziose. A logica, meglio dell’afa dei dopocena d’inizio agosto e del gran baccano delle sedie sui ciottoli di Piazza Grande. Ma sono semplici pensieri divagatori per questo Festival ‘diversamente in piazza’, inaugurato poco fa e poco più in là del consueto, nell’attiguo GranRex. Locarnesi e limitrofi (molto limitrofi, online potenzialmente dal mondo intero) danno il benvenuto a una manifestazione quest’anno a suo modo eroica, che si apre coi grandi spazi di ‘First Cow’ di Kelly Reichardt, collegata dall’Oregon – “Onorata e felice che la gente possa essere nuovamente in sala” – e si chiuderà con gli spazi ristretti della nostra più recente e inedita reclusione, il 15 agosto con la ‘Collection Lockdown’ dei filmmakers svizzeri, anche ticinesi.

Detto della mascherina griffata consegnata in sala, che farà la gioia del collezionista (ce n’è di più al chiuso che in tutta Locarno) e detto dei negozi che pardati non sono (si contano sulle dita di una mano), Locarno 2020 si apre su palco nero e fondale giallo come l’outfit di Lili Hinstin, e con la sigla conosciuta; riceve l’augurio della Città dal municipale Ronnie Moretti e le parole di Manuele Bertoli, direttore del Decs: “Il cinema è un’arte moderna, coinvolgente e fragile”. Fragile perché “i cambiamenti la mettono di fronte a cambiamenti che altre arti soffrono meno”. Bertoli ricorda l’aumento dei fondi al Film Festival “davanti a esigenze effettive, chiare e lungimiranti”, e perché il Cantone ci vede sempre “qualcosa che in futuro cambierà, ma resterà un punto di rifermento”.

Parentesi bernese

La cerimonia d’apertura ha una parentesi tutta bernese con il parlamento rappresentato, da Hans Stöckli (Stati) e Isabelle Moret (Nazionale). “Non vogliamo che il virus cancelli la nostra socialità, la democrazia e nemmeno il Festival”, esordisce Stöckli, auspicando che “il leopardo quasi in quarantena torni presto" nella piazza che gli compete. “Siamo qui anche in tempi di coronavirus per testimoniare che il cinema esiste”. Isabelle Moret porta i saluti del Parlamento durante quello che è “un giro nei cantoni colpiti dal virus, primo fra tutti il Ticino”. Da Moret, nell’ordine: un mea culpa (“Le misure prese da Berna sono state un po’ tardive”), un attestato di stima (“Che coraggio unire la sala all’online) e un augurio (“Dobbiamo ricominciare a vivere, anche andando al cinema”).

'Locarno ha la lotta nei cromosomi'

Il presidente del Locarno Film Festival Marco Solari raccoglie l’assist del capo del Decs: “Sappiamo della fragilità del cinema e dei Festival. Ancor più oggi ci serve l’appoggio politico, che già ci ha dimostrato fiducia”. Perché quello tra il Film Festival e le istituzioni è un “do ut des”. In risposta a Stöckli, che invita a non mollare, Solari garantisce che “Locarno ha la lotta nei cromosomi”; e in risposta a Moret: “Importante il digitale, ma è importante toccarsi, sorridersi, guardarsi negli occhi. Questi muscoli sono scomparsi dietro la maschera, purtroppo necessaria. Ma abbiamo pensato sempre alla gente e continuiamo in questa tradizione”.

Capacità d'adattamento

Il “dichiaro aperta questa 73esima edizione” di Solari precede di poco l’intervento di Lili Hinstin: “La capacità di adattarsi è la qualità dell’essere umano”, esordisce la direttrice artistica, con riferimento a una manifestazione costretta ma anche disponibile a farlo. “Il futuro del cinema sono i giovani autori di domani”, con riferimento a Pardi di domani e Oper Doors. Un cenno sentito ai Films After Tomorrow, in fulcro di questa edizione, le pellicole non completate a causa del Covid-19 che concorrono a Pardi che possano portarli a compimento. “Sono settimane – confessa – che mi chiedono come vedo il futuro: non lo so, perché se lo sapessi farei un altro lavoro. So che quando sono arrivata in questa sala oggi pomeriggio e ho visto questa sala e questo schermo, mi sono detta che è un contesto che in casa non avremo mai. Solo coloro che amano il cinema, e vanno al cinema, lo possono capire. Spero siano quelli che prenderanno le decisioni che riguardano il futuro del cinema”.

Prima di lanciare ‘First Cow’, Hinstin s’intrattiene con la regista statunitense. Sono di Kelly Reichardt, prima che il suo film si prenda lo schermo, le ultime parole della cerimonia d'inaugurazione di Locarno 2020 e riguardano, anche qui, il futuro. E sono parole pesanti: “Mi sento triste e imbarazzata per la mia nazione. Confido in concetti basilari come pace e amore. E libertà di espressione”.

 

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