laR+ Culture

Babel, attraverso l'Atlantico nonostante la pandemia

Il festival di letteratura e di traduzione di Bellinzona si terrà a settembre, con un programma che prova ad avvicinare Americhe ed Europa

18 luglio 2020
|

Dal 17 al 20 settembre a Bellinzona, come sempre: la 15ª edizione del festival di letteratura e traduzione Babel è confermata, seppur con un programma ripensato a causa dell'emergenza sanitaria. L'edizione 2020 di Babel doveva infatti intitolarsi 'Americana' e ospitare autori e autrici provenienti da tutte le Americhe: al suo posto avremo 'Atlantica' della quale ci parla il direttore Vanni Bianconi.

Babel 2020 ci sarà. Una “non notizia” in tempi normali, ma l’emergenza sanitaria ci ha abituati ad annullamenti e rinvii. Opzioni che immagino abbiate valutato anche voi: come mai la decisione di andare avanti?

In questi mesi ci siamo mossi come tutti e come tutto: in modo calmo, riflessivo, agitato, ottimista, furibondo, esasperato eccetera. Passare da tanti stati d’animo ci ha però permesso di riconoscere un elemento costante, centrale: quanto fosse necessaria la speranza di poterci ritrovare nel contesto fisico di un festival, ad ascoltare e discutere con gli scrittori e il pubblico. Per questo abbiamo deciso presto di fare tutto il possibile perché il festival potesse tenersi a Bellinzona, nelle date previste. Tutto il resto è cambiato, e continua a cambiare, ma quella speranza è sempre più reale: Babel 2020 ci sarà.

Molti festival ci sono, ma con edizioni virtuali o ibride. Babel?

Abbiamo subito deciso che Babel è in presenza: è il suo pubblico, i suoi scrittori, i suoi luoghi. Ma abbiamo anche colto l’occasione per riflettere sulle potenzialità del digitale, e stiamo sviluppando una serie di formati per creare e condividere contenuti che non sostituiscano bensì si aggiungano al festival: formati che sfruttano le potenzialità del digitale, per esempio l’intimità dell’auricolare, con letture e performance sussurrate all’orecchio del pubblico così distante e ravvicinato, o percorsi che permettano al pubblico di seguire uno o l’altro autore in “stanze” separate.

Inoltre, per permettere di seguire il festival anche a chi non potrà venire a Bellinzona, tutti gli incontri saranno trasmessi in live streaming sui nostri canali social.

Il festival doveva portare l’America, o meglio le Americhe, a Bellinzona, ma la pandemia ha reso difficili le trasferte attraverso l’Atlantico, da qui l’idea di ‘Atlantica’. Ce la può illustrare?

Questa inversione di rotta rappresenta fedelmente il percorso che abbiamo compiuto in questi mesi difficili e sorprendenti. Il programma “Americana” era pronto, la presenza di scrittrici provenienti da tutte le Americhe era confermata: era stato un grande lavoro ed eravamo molto soddisfatti. Poi è cambiato tutto – e a poco a poco abbiamo osservato la distanza tra noi e le Americhe farsi insormontabile.

Insormontabile, ma esplorabile, e l’abbiamo esplorata: andando a fondo nello specchio immenso dell’Atlantico abbiamo potuto osservare ciò che distingue e accomuna l’Europa e le Americhe da nuove prospettive – le lotte razziali in atto, e le loro radici e ramificazioni europee, a livello politico e storico; le sirene e altre creature del profondo, a livello simbolico; e a livello artistico i molteplici e intricati influssi reciproci. Per questo abbiamo invitato personalità che, vivendo in Europa, hanno forti rapporti con le Americhe e il nuovo programma, forse ancora più straordinario di quello originario, si chiama “Atlantica”.

Ospiti: si può già conoscere qualche nome?

Avremo scrittori americani che vivono in Europa, come l’argentina Samanta Schweblin e il messicano Juan Pablo Villalobos, scrittori italiani e svizzeri profondamente influenzati dalle letterature delle Americhe, come Peter Stamm, Laura Pugno e Giorgio Vasta, i traduttori di alcuni dei più grandi autori delle Americhe (da Rachel Cusk Gabriela Mistral a Colson Whitehead), e molte rotte complesse e diverse, come quelle tracciate dal romanziere franco-ivoriano Gauz o dal grande giornalista Gary Younge.

 Americhe ed Europa separate per l’emergenza sanitaria, ma anche prima della Covid-19 c’erano difficoltà a comprendersi – e a comprendere certe scelte politiche.

È proprio nella distanza forzata che sembra di riconoscere di più le differenze, come pure le somiglianze, e sempre le complessità: furiosi per la gestione della pandemia negli Usa e in Brasile, per esempio, rimaniamo a bocca aperta osservando le catene di solidarietà nelle favelas o l’insurrezione suscitata dalle parole di George Flyod, I can’t breathe. E non possiamo non misurare quegli orrori e quelle liberazioni con quello che succede sulla soglia di casa.

Che cosa significa attraversare l’Atlantico a livello linguistico? Penso a Stati Uniti e Gran Bretagna “separati da una lingua comune”, ma anche alla polemica per ‘Roma’ di Cuarón “sottotitolato in spagnolo”.

La lingua è vasta, profonda e viva come l’oceano, e come l’oceano copre e scopre profondità naturali e umane: attraverso la lingua possiamo cogliere i relitti della storia e i mutamenti delle correnti. L’inglese ora è la lingua egemone dell’Impero americano, e in tutto il mondo le proteste razziali adottano la terminologia afro-americana, e con essa parte di quella storia. Allo stesso tempo, la lingua dà corpo alle differenze, varie come le specie dei coralli, e ‘Roma’ sarebbe un film diverso se non fosse stato parlato in spagnolo messicano.

 

 

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE