Culture

Vasi Comunicanti: ai confini della realtà (e del Ceresio)

Al via la seconda edizione. Piccoli eventi ripetuti piuttosto che grandi eventi, per creare un'unica, misteriosa e curativa 'Storia di lago' itinerante

13 luglio 2020
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Due i rimpianti: l’impossibilità di farsi un caffè insieme su Zoom, piattaforma per videoconferenze, e il dover rinunciare alla traversata del lago sulle barche dei pescatori (o ‘Performance itinerante per uomini e barche’), che lo scorso anno trasportarono fino a un centinaio di spettatori (escluso chi si organizzò con mezzi propri) per vivere la prima edizione di Vasi Comunicanti, festival di teatro, cultura e territorio a cavallo del confine tra Italia e Svizzera, progetto di Karakorum Teatro in collaborazione con la Fondazione Claudia Lombardi per il teatro.

I rimpianti (di cui sopra) di Stefano Beghi, direttore artistico di Karakorum Teatro, sono però compensati dalla seconda edizione partita domenica scorsa (per la parte di esperienza che riguarda i resident artist, vedi in seguito) e che si concluderà il prossima 26 luglio, sotto il motto di “Teatro, cultura e territorio tra ‘nuove’ frontiere”. Un’edizione “curativa”, la chiamano gli organizzatori, avente come palcoscenico il Ceresio, unito da sponda a sponda, alla maniera dei vasi comunicanti, da iniziative culturali e artistiche in linea con lo spirito iniziale dell’iniziativa, costruita sulle suggestioni e sui ricordi degli abitanti del territorio.

Piccoli eventi ripetuti, piuttosto che grandi eventi

«Siamo qui a presentare il tentativo di tenere alta la testa e di non mollare» annuncia Beghi all’inizio della conferenza di presentazione svoltasi ieri online, portatore dell’invito giunto dai piccoli comuni di frontiera italo-svizzera, e dalla città di Lugano, a continuare nel progetto. Con tutte le accortezze della mutata condizione sanitaria: «Piuttosto che grandi eventi – spiega il direttore artistico – piccoli eventi ma ripetuti. Sarà un abitare spazi pubblici dei paesi, non il convogliare persone in grandi spazi di aggregazione». Vasi Comunicanti si struttura dapprima con l’istituzione di una residenza artistica (dal 12 al 18 luglio) nella quale quattro artisti (lo stesso Beghi, Chiara Boscaro, Marco Di Stefano e Stefano Panzeri) abiteranno i comuni che aderiscono al Festival – Porto Ceresio e Ponte Tresa per l’Italia, Morcote e Lugano per la Svizzera – per una prima fase di raccolta del materiale che andrà a formare le ‘Storie di lago a cavallo della frontiera’.

«Stiamo già raccogliendo le memorie della comunità locale, tramite interviste, raccolta di testimonianze, biografie, quella che comunemente si definisce ‘memoria collettiva’, spiega Beghi. Da questo materiale scaturiranno «quattro racconti, scritti in settimana e resi pubblici a partire dalla prossima domenica», data d’inizio della quotidiana tournée (dal 19 al 26 luglio, con Beghi, Panzeri, Susanna Miotto e Alice Pavan) nei comuni aderenti, secondo elemento di una proposta artistica completata, giovedì 16 luglio alle 20 presso la Fondazione Claudia Lombardi per il Teatro (Lugano-Càsoro), dallo spettacolo teatrale ‘Pop Economix Live Show’, ovvero la storia del crack della banca Lehmann Brothers (anno 2008), sinonimo di ‘recessione’.

'Ai confini della realtà'

Le ‘Storie di lago a cavallo della frontiera’, che saranno ascoltate anche dagli spettatori del Long Lake Festival, che ospita Vasi Comunicanti anche quest’anno, hanno come scopo finale «una drammaturgia unica», spiega ancora Beghi, che parla di una «dimensione seriale» dei racconti, formato assai gradito, televisivamente parlando. «Non solo una raccolta», dunque, ma «un’unica tematica nella quale tutte le comunità possano vicendevolmente riconoscersi», da qualunque sponda del Ceresio le storie arrivino. Storie che Chiara Boscaro, artista in residenza a Lugano, riunisce sotto il simbolico titolo di ‘Ai confini della realtà’, da intedersi come mistero, il filo conduttore che di norma lega le storie di famiglie, le leggende locali.

E il mistero – tornando a Beghi – è anch’esso aspetto ‘curativo’ del post-Covid che si sta vivendo dall’una e dall’altra parte del Lago:  «È un modo per poter indagare la dimensione della ripartenza dall’isolamento. Distanziamento, quarantene, emergenza, hanno lasciato un segno difficilmente spiegabile. Cosa succederà? Il virus c’è ancora? Da dove è arrivato? Ci sembrava irrispettoso raccontare del coronavirus come qualcosa di finito. Più interessante e utile raccontare partendo da quegli episodi del passato in cui la comunità si è sentita persa. Episodi ‘misteriosi’, non siamo riusciti a capire. Questo ci permette di parlare del sentimento di smarrimento passato e di come affrontare lo smarrimento attuale». Il programma completo è consultabile su www.karakorumteatro.it.

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