Culture

Coronavirus, come il Lac si prepara alla fase 2

I direttori di LuganoMusica, Orchestra della Svizzera italiana e Lac Teatro di fronte alle incertezze per la prossima stagione

Quale (e quanto) pubblico al Lac? (Archivio Ti-Press)
25 aprile 2020
|

I rinvii sono ormai tutti diventati degli annullamenti: una conclusione anticipa e dall’amaro in bocca, per le stagioni concertistiche e teatrali colpite dalla pandemia e dalle restrizioni sanitarie. Adesso che si inizia a discutere di allentamento delle misure e di ritorno alla normalità, ci si interroga non solo sui grandi eventi estivi – molti festival hanno già annunciato l’annullamento – ma anche sulle stagioni che partiranno il prossimo autunno.
«Spero che il Consiglio federale non metterà sullo stesso piano tutte le attività culturali» ci spiega il direttore artistico di LuganoMusica Etienne Reymond. «Un conto è un festival con migliaia di spettatori che si concentrano in piazze, sale e bar, un altro è un concerto dove ognuno ha il suo posto ben definito in sala», il che permetterebbe anche la tracciabilità del pubblico, una delle possibili condizioni che l’autorità potrebbe richiedere per la riapertura delle sale.

Le incognite per LuganoMusica e Osi

«Speravamo di riuscire a recuperare, in queste ultime settimane, i concerti annullati – penso soprattutto ai recital, dal momento che è più facile far viaggiare un singolo artista –, ma adesso purtroppo li dobbiamo cancellare» spiega Reymond. Per la prossima stagione? «Aspetto, come fanno tutti i miei colleghi a livello europeo». L’obiettivo è comunque tenere i concerti già organizzati da tempo, pronti a tutelare i nuovi abbonati con rimborsi in caso sia impossibile tenere i concerti. E soprattutto, pronti a “modalità alternative” per adattarsi alla situazione: «A seconda del numero di persone che potranno entrare in sala, si valuterà se tenere due volte il concerto, nello stesso giorno o se gli artisti potranno in due giorni di seguito; un’altra possibilità è concerti più brevi senza intervallo, in modo da evitare che il pubblico debba entrare e uscire due volte» prosegue Reymond.
Anche l’Orchestra della Svizzera italiana naviga a vista, come ha spiegato la direttrice Denise Fedeli. «Siamo abituati a programmare con un anno e mezzo di anticipo e adesso siamo chiamati a reagire in breve tempo, cambiando organico, ridimensionando il programma, modificando la disposizione dell’orchestra, ovviamente in accordo con gli artisti invitati». Di solito in questo periodo l’Osi inizia la prevendita degli abbonamenti e la presentazione dei concerti, ma data la situazione è tutto rimandato e si sta valutando, per una migliore gestione dell’incertezza sul numero di spettatori, una stagione senza abbonamenti – una decisione, in proposito, sarà annunciata appena possibile.
Per quanto riguarda la gestione dell’orchestra? «I musicisti sono, a seconda del programma, cinquanta, sessanta: stiamo cercando di capire come disporre l’orchestra per rispettare le distanze di sicurezza, l’utilizzo di mascherine o, per i fiati che ovviamente non possono indossarle, di divisori in plexiglass… ma è chiaro che lavoriamo di fantasia, in attesa delle decisioni delle autorità».
Grande incognita, il numero di spettatori ammessi in sala. «Una possibilità – prosegue Fedeli – è affidarci alle nuove tecnologie, diffondendo in videostreaming il concerto in altre sedi; è un’ipotesi che stiamo valutando con la Rsi e altri partner». Per l’Osi sarebbe sostenibile una stagione con metà o un terzo di spettatori? «Sul lungo periodo no, ma in una situazione di emergenza come questa, eventualmente con il sostengo di qualche sponsor che interviene in nostro aiuto, potremmo pensare di reggere una situazione di questo tipo per qualche mese. Ma sicuramente non è un ‘modus vivendi’» conclude Denise Fedeli.
Se l’Osi, nella sua stagione al Lac, dovrà gestire “solo” le trasferte di solisti e direttori; più delicata la questione per LuganoMusica che ospita grandi orchestre internazionali. Avremo una stagione più incentrata sui recital, più sicuri in caso di restrizioni dei viaggi? «No – risponde Etienne Reymond –, anche perché la stagione è pronta da mesi, siamo fortunatamente riusciti a spostare alcuni appuntamenti verso la primavera del 2021, così da essere più tranquilli ma annullare già adesso dei concerti previsti tra 6 mesi o un anno è impensabile». Anche perché, quando si tratta di tournée europee, cancellare una tappa crea disagi oltre che all’orchestra anche agli altri organizzatori.

Le scene di Lac Teatro

Anche Carmelo Rifici, direttore della stagione teatrale del Lac, attende le decisioni delle autorità, con l’annullamento degli ultimi spettacoli in cartellone – tra cui la ‘Traviata degli specchi’ che doveva riportare la lirica sul palco del Lac – che si accompagna a possibili scenari per il futuro, da quelli più ottimisti ad altri che si spera di non dover attuare. «Quello che si immagina è una timida riapertura a settembre, quando si potrà riprendere a fare qualcosa rispettando i rigidi protocolli sanitari, sia per il pubblico, sia per gli spettacoli». Bisognerà adattarsi, per garantire la sicurezza del personale artistico e tecnico come del pubblico. Ma è pensabile una stagione teatrale con il Lac a capienza dimezzata? «Serviranno delle strategie: per noi già adesso molti spettacoli, ad esempio di prosa, non richiedono la sala piena; per altri si potrà pensare di raddoppiare le rappresentazioni, accordandosi con gli artisti».
L’epidemia ha fermato anche le compagnie teatrali: questo avrà delle ripercussioni? «La maggioranza degli spettacoli in una stagione sono già stati concepiti da tempo, senza dimenticare che avremo molti degli spettacoli persi in questi ultimi mesi e che è nostra intenzione recuperare: i debutti veri e propri sono quindi solo una parte della stagione». Debutti per i quali un problema c’è: le prove. «Le compagnie dovranno mettere in prova gli spettacoli tra agosto e settembre, direttive permettendo: quest’anno sarà un periodo di intensa attività teatrale».
L’incertezza non riguarda solo le norme sanitarie, ma anche il pubblico: avrà ancora voglia di teatro? «Immagino che una piccola resistenza ci potrà essere, anche se penso e spero sul timore prevarrà il desiderio per l’evento teatrale, per la relazione, anche se c’è chi sta immaginando un mondo dove questa relazione sparisce e il rito teatrale diventa un rito mediatico. Sono tesi che ascolto con interesse, ma non è la prima volta che per delle epidemie si devono chiudere i teatri: non è che dopo la peste del Seicento si è dovuto pensare a un mondo senza teatro, anzi mi sembra che dopo sia fiorito nel migliore dei modi». Nessuna conseguenza, quindi? «Posso immaginare che il pubblico, che noi abbiamo abituato a un certo tipo di teatro diciamo più concettuale, più pensato, abbia bisogno di essere sollevato: si potrebbe quindi pensare, sia per la produzione sia per l’ospitalità, a una stagione con più commedie… è un indicatore al quale sto pensando per la stagione dell’anno prossimo».

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE