Culture

Erez, Usi: ‘Più borse di studio ed esami forse online’

Intervista al rettore dell'Università della Svizzera italiana. Semestre assicurato, diplomi consegnati a distanza e l'aiuto a chi è in difficoltà

Boas Erez, rettore dell'Usi (Ti-Press)
8 aprile 2020
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“È vero che ci sono modelli utili per indicarci come comportarci”, scrive il matematico, “ma è impossibile calcolare tutte le implicazioni delle nostre scelte di comportamento”. Le implicazioni, quelle che si fanno luce più lentamente dell’emergenza conclamata e che portano a riscrivere il presente. Il matematico in questione è Boas Erez, rettore dell’Università della Svizzera italiana. Scrive alla comunità accademica del “contraccolpo” che anche l'ateneo rischia di subire dalla crisi che il virus ha aperto; si chiede, prima delle grandi incognite legate ai massimi sistemi, se “le famiglie dei giovani che studiano o che vogliono studiare da noi avranno i mezzi per sostenerli”, fiducioso che “collettivamente (…) possiamo cercare soluzioni che diano continuità alla nostra istituzione”.

Esami assicurati

Come? Garantendo gli insegnamenti fino alla fine del semestre, annunciando “cerimonie di consegna dei diplomi a distanza interattive”, “un Dies academicus accessibile in differita”, rilanciando online le attività degli atenei con “visite virtuali” e, non ultimo, il potenziamento dell’offerta di borse di studio. Il semestre, dunque, proseguirà. Esami compresi. Spiegato da Erez in prima persona a laRegione: «Stiamo facendo accertamenti sulla possibilità di condurre gli esami online. Il 30 di aprile ci sarà una comunicazione ufficiale». In questo momento non si sa come, ma «quello che è sicuro è che si svolgeranno. Come in altre facoltà svizzere, è possibile un adattamento dei regolamenti affinché questa sessione possa essere considerata non eliminatoria». A livello ticinese, dunque, non resterà delusa l’organizzazione mantello degli studenti universitari svizzeri (Usu) che nella mattinata di ieri, quanto a fattibilità ed esito degli esami, chiedeva esattamente questo. Ma chiedeva anche l’istituzione di un fondo d’emergenza per gli studenti in difficoltà economiche finanziato da Confederazione, Cantoni e Università, per un aiuto “non burocratico”. Chiedeva, per ultimo, il rimborso delle tasse semestrali.

Andando per ordine: «Quello del rimborso delle tasse unversitarie – commenta Erez – è un aspetto che non abbiamo preso in considerazione. Da noi i corsi non si sono fermati neppure un giorno, abbiamo realizzato una transizione per gradi dalle aule all'online, non ci siamo mai fermati e garantiamo gli esami. Capisco perfettamente le famiglie e gli studenti che possono attraversare problemi finanziari, ma il problema non si pone ora, semmai per il prossimo anno. Lì sì che ci stiamo interrogando su come essere d'aiuto. Penso a chi viene in Ticino per studiare e oggi si ritrova a casa coi genitori e un affitto sulle spalle. L’Università purtroppo, in questo senso, poco può fare. Il sostegno finanziario, come da lettera agli accademici, potrà invece essere «in forma di borse di studio. Le Fondazioni che sostengono gli studenti agiscono generalmente sulla base del merito, e poi ci sono le borse cantonali che si occupano degli studenti dal punto di vista dei criteri sociali. Vogliamo mantenere un’uguaglianza di trattamento, ma prima dobbiamo definire criteri chiari. Li stiamo elaborando».

Mobilità lunga

Nell’incertezza dei tempi del confinamento e tutto quanto «non dipende da noi», le ombre sinistre di una lunga mobilità ridotta sono nei pensieri dell’Usi. «Le ambasciate svizzere hanno già reso noto che potrebbero verificarsi ritardi nell’accordare visti agli studenti non europei. La cosa potrebbe riguardare anche quelli europei, ma al momento non abbiamo alcun mezzo per quantificare il problema». Che potrebbe farsi sentire «meno in ambito di professori, visto che sono relativamente pochi quelli che si muovono», fatta eccezione «per l’Accademia di Architettura, dove abbiamo diversi insegnanti che arrivano da lontano ogni settimana, situazione sulla quale dobbiamo soffermarci e riflettere». Per le altre facoltà, invece, «la cosa è meno sentita, in quanto sono pochi i professori non residenti nel Cantone. Ma non è un problema che ci sembra di grosse dimensioni – conclude il rettore – rispetto invece a quello della mobilità degli studenti».