Ognuno a casa sua

Il metodo Stahlwerk, una cura a base di jazz

Il nuovo album si chiama come la band e insieme al precedente 'Grund' è un toccasana. Il virus ha fermato il tour europeo, ma il minimal jazz vive di luce propria

Da sinistra, Tobias Schmid, Dominic Stahl, Francesco Rezzonico (© Felix Groteloh)
1 aprile 2020
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Lo stato d’animo di un musicista in questi giorni è più o meno quello di una pianta alla quale hanno tolto il sole. E per un musicista con album e tour europeo temporaneamente cancellato è come, a quella stessa pianta, aver tolto anche l’acqua. ‘Stahlwerk’ è uscito lo scorso 20 marzo. È il titolo del secondo lavoro e, insieme, il nome della formazione che vede Dominic Stahl al pianoforte, Tobias Schmid alla batteria e il ticinese Francesco Rezzonico al basso. Dell’album si può parlare al presente, dodici tracce tra intro, reprise, interludi e struttura portante; per il tour, invece, c’è da cambiare il tempo: sedici date anche europee a partire dal 21 marzo che non ci saranno, da Zurigo all'Austria e poi Slovacchia, Polonia e Germania prima di tornare in Svizzera, a Winterthur, l’11 aprile.

Doveva esserci anche la Casa Cavalier Pellanda di Biasca, chiusa per virus come ogni altra sede preposta. Stahlwerk, lo scorso 15 marzo, annunciavano lo stop: “Fate attenzione, state a casa, non mettete in pericolo gli altri, ascoltate tanta buona musica e siate gentili con i vostri musicisti/artisti locali: se prima probabilmente facevano fatica a pagare l’affitto, ora sono nella m.” (dove “m.” serve a noi per descrivere la piccola icona color marrone, con gli occhi). «Siamo abbastanza giù di morale» racconta Rezzonico. «Ci abbiamo lavorato più di un anno e ci eravamo preparati al meglio anche per la tournée. Dover annullare tutto all’ultimo momento è una botta. Speriamo di recuperare più date possibili in autunno, siamo abbastanza ottimisti sul salvare il salvabile».

Leggere attentamente le avvertenze

‘Stahlwerk’ comunque, uscito per l'etichetta basilese Hout Records, in forma di album esiste (www.stahlwerk-music.bandcamp.com) e vive di luce propria anche senza un concerto, per il piacere minimal jazz dell’ascolto, ‘avvitato’ sul pianoforte di Stahl che dichiara come stanno le cose nella sequenza iniziale ‘Intro-Impression-Shift-Impression (Reprise)’. L’ascolto casalingo – e dove sennò? – premia ‘Wind’, dalla ritmica latin che prende il volo per andare a finire nella notturna ‘Winter’, dove si tira il respiro; premia anche gli ‘Interlude’, soprattutto il terzo dal pianoforte ‘sporcato’, e i ribattuti pianistici di ‘Wind’ che sanno della New York di Joe Jackson prima del contagio, per tutte le volte che dal jazz si devia per poi rientrare, divagazioni classiche del solista incluse, preziose e fondamentali.

L’allusione alla dimensione casalinga non è spesa a caso: tutto suona intimo, adeguato alla nuova dimensione di chi ascolta. Insomma: forte di un nome che sa di medicamento efficace, i tre sono una buona medicina. Per la cura completa a base di Stahlwerk, in farmacia si chieda anche una confezione di ‘Grund’, album del 2016 che contiene altro pregevole pianismo d’insieme (‘Alert’, ‘Wüste’, la bella ‘Sea-K’ e la title-track in 7/8) e dove il basso di Rezzonico ha il suo posto nel mondo (‘Ease’).

Scomporre e ricomporre

«Ci siamo conosciuti a Basilea in stadi diversi del nostro percorso scolastico, ma eravamo lì tutti nello stesso momento» racconta Rezzonico, undici anni in Svizzera tedesca, ora nuovamente in Ticino. «Il progetto si sviluppa dalle composizioni di Stahl, affrontate in modo standard, in una sala prove in cui diamo una forma definita che non sia più dell’avere un inizio e una fine»; intorno a questo «blocco centrale», l’improvvisazione. Anche e soprattutto dal vivo, altrimenti che jazz sarebbe. «Pur in una situazione logistica diversa, abbiamo provato a spingerci un passo più avanti, entrando in studio come andiamo sul palco, senza sapere cosa accadrà di preciso, destrutturando, cercando di ricreare la stessa libertà». Due giorni in sala di registrazione «senza una rete di sicurezza, mettendo in conto il non sapere cosa sarebbe uscito», fino ad avere tanto materiale da ascoltare e da scegliere. Scelto, e pubblicato, con titolo responsabilizzante come accade per tutti i dischi che hanno come titolo nome e cognome, o solo uno dei due: «Ne andiamo fieri».

Radio days

Fare musica live in tre case diverse non è cosa facile. Il minimo, quando si suona insieme, è andare tutti alla stessa velocità e le latenze dei collegamenti internet (a meno di non registrare ognuno per sé e poi 'montare') farebbero di un live in streaming di Stahlwerk del free jazz sin troppo free… «Sì, essendo noi sparsi per tutta la Svizzera, suonare live sarebbe qualcosa di molto astratto (ride, ndr)». Meglio confidare nell'estate e ascoltarla, la musica: «Ho un'orecchio, e credo che continuerò ad averlo, teso verso la radio. Sono in una modalità in cui voglio sentire cose che ancora non conosco e apprezzo l’impegno delle radio svizzere a suonare musica di artisti svizzeri. Quello che so ancor più per certo, per il momento, è che tornerò a immergermi in ‘Brutal’, l’ultimo di Camilla Sparksss».

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