Culture

A proposito di Woody Allen – la discussa autobiografia

Tra umorismo, riflessioni filosofiche e un po' di chiarezza sulle accuse di molestie che hanno portato al boicottaggio del suo lavoro

Woody Allen e la moglie Soon-Yi a Cannes (Keystone)
25 marzo 2020
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Che libro è ‘A proposito di niente’ di Woody Allen? Diciamo che è quel libro che prendi per vedere che cosa il regista statunitense ha scritto della travagliata relazione con Mia Farrow, delle famigerate foto erotiche con la di lei figlia adottiva Soon-Yi, dell’accusa di aver abusato sessualmente della piccola Dylan Farrow, delle polemiche che ne sono seguite e che, cavalcando il movimento #MeToo, negli ultimi anni hanno portato a una vera e propria messa al bando di Woody Allen, con attori che si pentono di aver lavorato con lui, film che non trovano distributori e l’editore Hachette che si rifiuta di pubblicare questa autobiografia (uscita, negli Stati Uniti, da Arcade e in italiano da La nave di Teseo, anche se per ora solo in ebook). Poi inizi a leggere della famiglia di Woody Allen, del nonno miracolosamente sopravvissuto a un naufragio durante la Grande guerra, del padre scapestrato il cui matrimonio rischia di andare a monte perché ruba un anello di diamanti alla cugina della futura moglie, della sua infanzia a Brooklyn, della sua passione per le storie di gangster e i giochi di prestigio (utili anche per barare alle carte), delle sue prime esperienze di scrittore per radio, televisione e Broadway, poi l’amore per il jazz, il suo primo matrimonio – perdendoti nel suo racconto costellato di battute pungenti, autoironia, riflessioni filosofiche, digressioni e anticipazioni.
Inizi ad annotarti i passi migliori, ma smetti quando ti rendi conto che praticamente stai trascrivendo tutto il libro. Così resti indeciso su cosa riportare in questa recensione, se l’icastica presentazione dei genitori (“Due persone che non c’entravano niente una con l’altra, come il protagonista di ‘Bulli e pupe’ e Hannah Arendt”) o quella dell’abbigliamento dell’eterna amica Diane Keaton (“Sfoggiava sempre un’immaginazione un po’ eccentrica, come se il suo personal shopper fosse Buñuel”), il suo nichilismo surreale (“Non c’è motivo logico per cui rimanere attaccati alla vita, ma chi se ne importa di quello che dice la testa. Il cuore dice: hai visto Lola in minigonna?”), l’irriverenza religiosa (i fedeli che “ciondolavano la testa come pupazzi adorando un potere immaginario che, se esisteva, ripagava tutti i loro salamelecchi con il diabete e il reflusso gastrico”), l’impietosa autocritica (“Tutto filò liscio durante le riprese di ‘Ombre e nebbia’, tranne il film che ne uscì fuori”) o altri aspetti ancora.
Nel caso non si fosse capito, è un vero piacere leggere ‘A proposito di niente’ nel suo riuscito amalgama di stili e temi: si capisce perché Woody Allen si senta più uno scrittore che un regista.

L’amore e l’amarezza

Poi certo, arrivano anche Mia Farrow e Soon-Yi: il tono cambia, le battute si diradano e si fa largo l’amarezza. E certo quelle pagine sono animate, se non da un senso di giustizia, quantomeno dalla voglia di far finalmente sentire la propria voce – ma su questo torneremo –, e tuttavia si percepisce che quella vicenda è lì, nell’autobiografia, innanzitutto per dovere di completezza: si tratta di eventi importanti nella vita e nella carriera di Woody Allen – e aggiungono “un suggestivo elemento drammatico a una vita altrimenti abbastanza banale”.
Dicevamo l’amarezza: non è tanto quella di un uomo uscito pulito da tutte le approfondite indagini ma ugualmente condannato senza appello dall’opinione pubblica, piuttosto quella di un padre che ha perso una figlia soggiogata dalla madre. Perché la “versione di Woody” vede una Mia Farrow fortemente instabile, violenta nei confronti dei figli adottivi (tra cui Moses e Soon-Yi) e pronta, pur di vendicarsi del tradimento del compagno, non solo a inventarsi accuse di abusi sessuali, ma anche a plagiare la piccola Dylan Farrow, filmandola nuda e costringendola a ripetere bugie in cui ha finito di credere.
Prima l’ho definita la “versione di Woody”, ma non è esatto: il regista ricostruisce dal suo punto di vista la sofferta relazione con Mia Farrow, ma per quanto riguarda gli abusi fa un passo indietro e lascia che siano altri a parlare. Testimoni vari, tra cui il figlio Moses che ricorda gli abusi subiti dalla madre Mia e ha più volte smentito gli incoerenti ricordi della sorella Dylan. E le conclusioni cui sono giunte le due autorità che hanno approfonditamente indagato – la clinica per abusi sessuali sui minori dello Yale New Haven Hospital e i servizi sociali dello Stato di New York – che hanno escluso gli abusi da parte di Woody. Ma quel che ha perso nell’aula penale, Mia Farrow ha vinto nella causa per la custodia dei figli, allontanando per sempre Dylan e Woody. Ma soprattutto Mia Farrow ha vinto con l’opinione pubblica: Woody è un pervertito e “approfittando di un movimento del tutto legittimo” sono stati scatenati “i talebani del #MeToo”, arrivando alla situazione che conosciamo.
Ma insieme all’amarezza, in quelle pagine c’è anche l’amore: per Soon-Yi, alla quale ‘A proposito di niente’ è dedicato e che, bene specificarlo, non fu mai “figlia di Allen” (era stata adottata da Mia Farrow prima della relazione con Woody Allen) e non era più minorenne quando i due iniziarono a frequentarsi. E parte del libro è dedicato appunto a raccontare la banale quotidianità del loro matrimonio.

E, ovviamente, tanto cinema

Gran parte di ‘A proposito di niente’ è ovviamente dedicata al cinema. Ed è interessante leggere le storie che stanno dietro i suoi film e i suoi giudizi personali, spesso più impietosi di quelli degli spettatori. L’ossessione, dopo un primissimo progetto sfuggito di mano, per il totale controllo artistico dei film, l’importanza della scrittura rispetto alla regia (“un regista mediocre può fare un buon film da un’eccellente sceneggiatura, ma un grande regista non può mai trasformare una sceneggiatura scadente in un buon film”), i suoi modelli – come la grande ammirazione per Ingmar Bergman – e i racconti divertenti dei molti incontri. O non incontri, visto che in un’occasione ha detto alla segretaria di mandare a quel paese uno scocciatore che si spacciava per Fellini – e che in realtà era davvero Fellini. Un altro equivoco riguarda Roman Polanski, ma lasciamolo ai lettori del libro.

L’ultima parola

Riordinando le 15 pagine di appunti, ritrovo una citazione che riassume in poche riga la vita, lo spirito e l’amarezza di Woody Allen.
“In vita mia ho scritto battute per comici da nightclub, ho scritto per la radio, scritto uno spettacolo da nightclub che poi ho interpretato, scritto per la televisione, tenuto concerti, scritto e diretto film e commedie, e ho fatto addirittura la regia di un’opera lirica. Ho fatto di tutto, da un incontro di boxe con un canguro in televisione a un allestimento di Puccini. Ho potuto cenare alla Casa Bianca, giocare a baseball al Dodger Stadium con giocatori della Major League, ho suonato jazz a New Orleans, ho viaggiato in mezzo mondo incontrando capi di Stato, uomini e donne di talento, tipi spiritosi e attrici incantevoli. Ho pubblicato dei libri. Se morissi adesso, non potrei lamentarmi – né lo farebbe un mucchio di altra gente”.

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