Culture

Poesia, la musica del mondo

Si può parlare di poesia in giorni come questi, quando la morte si affaccia sulla soglia – si chiede Alberto Nessi, in occasione della Giornata mondiale della poesia

Bisogna estrarre dall’oscurità la luce
21 marzo 2020
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Si può parlare di poesia in giorni come questi, quando la morte si affaccia sulla soglia, si disegna subdola sul viso di chi incontriamo per strada, entra di prepotenza dai teleschermi nelle nostre case come fossimo in tempo di guerra? Quando negli obitori della Lombardia non c’è più posto per i morti? La prima risposta è no, non si può parlarne. Ma a pensarci bene, credo che sia possibile. Anzi, credo che si debba parlarne, perché la poesia ha sempre accompagnato l’umanità fin dai primordi: Omero, Villon, Dante, Leopardi, Baudelaire, Celan e tutti i grandi poeti parlano di morte e ci trasmettono vita.

La poesia scopre le vene nude dell’esistenza, la sua precarietà, la sua caducità. E ci dice: vivi intensamente, come se fosse l’ultimo giorno. La poesia può darci forza per resistere al dolore di questi giorni perché trattiene la vita. Perché è una conchiglia dove risuona la musica del mondo, come ha detto Octavio Paz.

​​​​Questa musica può essere un valzerino suonato da un musicante di strada o una sinfonia, un blues o un quartetto d’archi, il fischiettio di un ragazzo felice o il balbettio di un ferito, il sussurro di un innamorato o il lamento cupo della civetta: basta che sia vera e ci faccia scoprire il mondo. Le cose quotidiane alle quali non badiamo più, un giorno, accompagnate da quella musica, ci appaiono in modo nuovo. Fosse solo uno sguardo, una parola colta per caso, una foglia accartocciata, il glicine che quest’anno fiorisce prima del tempo: queste cose d’improvviso si caricano di significato e ci sembrano nascondere un messaggio misterioso. Dunque non sono più solo sguardo, parola, foglia, fiore, ma segni che ci riguardano da vicino. Il poeta con la sua sensibilità sa cogliere quei segni, sa interrogarli, anche se non ottiene risposta. L’importante è che li interroghi.

​​​​​​La poesia in versi non va dietro ai luoghi comuni, non è politicamente corretta e fa uno sberleffo ai conformisti. Non è un testo dove basta andare a capo prima della fine di ogni riga, come pensano gli sprovveduti. È musica più immagini più pensiero. Ed è il ritmo a decidere tutto: il ritmo del battito del cuore. La poesia è un luogo sconosciuto da scoprire e da condividere con il lettore. In tempi di smarrimento e di desolazione ne abbiamo bisogno.

Maria Zambrano, la grande filosofa spagnola del secolo scorso, nel breve scritto La crisi della parola afferma che “bisogna trasformare il male in bene; bisogna estrarre dall’oscurità la luce”. L’impresa non è da poco ed ha a che fare con la magia. Io mi accontenterei di un bagliore. Un bagliore che ci aiuti a guardare in faccia gli altri con occhi meravigliati e fraterni. Perché vivere non è cosa scontata: e anche la poesia, il miracolo della poesia, può aiutarci a trasformare il male in bene, a estrarre dall’oscurità la luce.

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