Culture

Il Leopardi tornato dall'oblio

Lo scritto che l’allora giovane autore decise di non dare alle stampe è stato ritrovato grazie a Christian Genetelli. Ora figura in un volume pubblicato da LED

‘In Dante cerca il primitivo, come in un Omero italiano’
22 febbraio 2020
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L’Ombra di Dante’, ma in realtà anche meno di un’ombra: di questo testo di Giuliano Anniballi stampato a inizio Ottocento si era infatti persa traccia e memoria. E traccia s’era persa anche di una recensione di quel libro, a opera di un giovane Giacomo Leopardi: un oblio che sorprende, pensando alla notorietà del recensore. Ben si comprende, quindi, l’importanza del recente ritrovamento del testo leopardiano, riemerso dagli archivi della Biblioteca Nazionale di Napoli grazie a Christian Genetelli, professore all’Università di Friburgo e membro del Comitato scientifico del Centro Nazionale di Studi Leopardiani. Lo scritto, che Leopardi decise di non dare alle stampe, figura adesso nel volume ‘Un’inedita e ignota recensione di Giacomo Leopardi’, appena pubblicato a Milano per l’editore LED.

Un inedito di Leopardi – e non appunti o frammenti, ma di un testo, per quanto breve, pronto per la pubblicazione. Un ritrovamento che sollecita due domande collegate: la prima è come ha trovato questo testo? La seconda: come è possibile che sia rimasto sconosciuto finora?

Rispondo ad entrambe, perché (come dice) sono strettamente connesse. Tempo fa, durante uno dei miei soggiorni a Napoli per lavorare su altre carte leopardiane, ho chiesto di poter esaminare alcuni documenti che mi incuriosivano, sulla base della loro stringata dicitura nel catalogo dei manoscritti. Fra questi, c’era appunto la recensione all’‘Ombra di Dante’ di Giuliano Anniballi, che ho poi subito riconosciuto come ignota. È una bella copia, firmata, pronta per essere inviata allo stampatore. La firma non è però, come ci si aspetterebbe, ‘Giacomo Leopardi’ o ‘G. L.’, bensì ‘M. D.’. In verità è una sigla, questa, che Leopardi utilizza proprio per firmare un altro suo articolo negli stessi mesi di quel 1816, e indica ancora una comunanza, un’organicità con il padre Monaldo, poiché sciolta significa ‘Monaldoade’, che è il nome omerico dato a Giacomo dallo zio materno Carlo Antici. Difficile però dire se è la singolarità della firma o la stessa dicitura del catalogo ad aver tenuto lontano gli studiosi per oltre un secolo da questa carta. In ogni modo, per quanto breve, è un testo che per Leopardi doveva avere un valore, forse pure affettivo oltre che documentario (come un frammento della sua storia intellettuale), visto che lo ha portato con sé, assieme a tutti i suoi manoscritti più importanti (dallo ‘Zibaldone’, ai manoscritti dei ‘Canti’ e delle ‘Operette morali’), fino a Napoli, fino alla sua ultima dimora, quando decise di lasciarsi per sempre alle spalle la “notte orribile” di Recanati.

Pensa che ci possano essere altri testi simili inediti?

Le carte della Biblioteca Nazionale di Napoli, per le ragioni appena ricordate, rappresentano il più ricco e pregiato fra i fondi leopardiani. Sono studiate da oltre un secolo dai maggiori specialisti (con un padre nobile, a fine Ottocento, nella persona di Giosuè Carducci). Non si può escludere del tutto che qualcosa di simile sia sfuggito al setaccio, ma è ormai davvero molto improbabile (e parlo del finito, delle cose pronte per la stampa). Altro invece il discorso sul fronte delle lettere di Leopardi, per loro natura disperse presso i destinatari: alle quasi mille oggi note e stampate nel suo straordinario epistolario, se ne potrà aggiungere forse ancora qualcuna: minime addizioni mi è peraltro capitato di produrre in anni passati.

Leopardi aveva 18 anni quando scrisse questo testo. Decidendo di non pubblicarlo: quali possono essere i motivi di questa decisione?

Leopardi, in quel 1816 dei suoi diciott’anni, vive una stagione di grande entusiasmo letterario e conoscitivo: traduce Omero, Virgilio, prova a partecipare, dalla lontana e isolata Recanati, alla polemica romantica che infiamma Milano. Il suo fervore è anche pubblicistico, nel senso che nel giro di pochi mesi stampa molti interventi su una rivista letteraria appunto milanese, “Lo Spettatore”. Ha il passo e la sostanza dell’enfant prodige. Dietro il traduttore, o più precisamente nel traduttore, c’è il poeta, pronto ad affacciarsi. Il giovane Leopardi entra insomma nel campo della letteratura con un passo sicuro e molto sostenuto. Legge, interviene, progetta, reagisce. La recensione all’‘Ombra di Dante’ di Anniballi è testimonianza di questa apertura reattiva sul mondo letterario, anche su quello a lui più vicino geograficamente, e in sé marginale, periferico. La rapida rinuncia alla pubblicazione è però probabilmente da ricondurre anch’essa proprio alla piena delle sue riflessioni e dei suoi progetti, in cui Dante ha un posto non secondario. A lui questo Leopardi guarda come a un poeta da imitare per tornare a sentire la voce primigenia della natura, sola fonte di poesia. In Dante cerca il primitivo, come in un Omero italiano.

In questo, come lei scrive, siamo dunque di fronte a “una nuova, fin qui sconosciuta tessera del dantismo leopardiano”.

Sì, certo. Il nome di Dante ha per Leopardi, in quel momento, una sorta di valore magnetico.

Si tratta di una recensione di un’opera anch’essa dimenticata. Può dirci qualcosa di più su ‘L’Ombra di Dante’ di Giuliano Anniballi?

In fondo, Leopardi con la sua ironia aveva previsto nella recensione la sorte dell’‘Ombra di Dante’: “Il vento e i pizzicagnoli disperderanno questa poesia prima che alcun letterato l’abbia veduta’. L’opuscolo a stampa è davvero di difficilissimo reperimento (e per questo nel mio libro ne offro una riproduzione integrale). ‘L’Ombra di Dante’ è un poemetto in terzine dantesche, che mette in scena l’esperienza di un io nei regni dell’aldilà (la sua guida, si capisce, è Dante): si iscrive cioè in un genere, quello della visione, molto diffuso a fine Settecento e nel primo Ottocento. Anche la prima composizione poetica di largo e duraturo respiro di Leopardi, l’‘Appressamento della morte’ (vi mette mano proprio nei giorni successivi alla lettura dell’‘Ombra di Dante’) apparterrà a questo stesso genere, e sarà molto memore di Dante e non del tutto immemore dell’‘Ombra di Dante’. Una piccola tessera, insomma, ma con un po’ di brace residua, non inutile all’accensione della poesia leopardiana.

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