la recensione

Se è New York, allora è Woody Allen

In 'Un giorno di pioggia a New York', i consueti novanta minuti di buona nevrosi, scorci tanto cari, pensiline degli hotel e una carrozza di ‘Manhattan’ memoria

'Miss Simpatia' Elle Fanning (Keystone)
27 novembre 2019
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Lui è Gatsby (Timothée Chalamet), universitario amante del poker e dei cavalli; indossa, ovviamente, giacca e pantaloni alla Woody Allen e, ovviamente, soffre di alcune insicurezze nei confronti del genere femminile; lei invece è Ashleigh (una strepitosa Elle Fanning), ventenne di Tucson Arizona, già ‘Miss Simpatia’ al liceo di Scottsdale; ci è o ci fa, ma forse è proprio così, svampita ergo seducente. I due salgono sul bus che dal college di Yardley va nella Grande Mela dove li attende una suite al Pierre con vista, ovviamente, su Central Park. Lì, a Manhattan, i giovani hanno in programma un tour cultural-turistico, perché stanno insieme; o forse no, o almeno non troppo.

Prima, però, Ashleigh deve intervistare il grande Roland Pollard (Liev Schreiber), regista ovviamente in crisi creativa e ovviamente colpito dall’aspirante reporter ed esperta di cinema (“Ho visto tutti i classici americani, soprattutto quelli europei”); Gatsby teme i rischi insiti nell’intellettuale adulto di successo (“Che c’è di sexy nella perdita della memoria a breve termine?”) e mentre l’intervista si protrae più del dovuto, nella New York in cui ad ogni isolato c’è, ovviamente, un set cinematografico, il ragazzo finisce nel film di un vecchio amico. Mentre Ashleigh s’infila negli isterismi hollywoodiani che la porteranno fino al sex symbol Francisco Vega (Diego Luna), “La cosa più meravigliosa dopo la pillola del giorno dopo”, sul set, Gatsby bacia, per esigenze di copione, Shannon (la monoespressiva Selena Gomez, e l’espressione è “sbattimi”); sorella minore della ex di Gatsby e da lui, ovviamente, ignorata per tutta l’adolescenza, Shannon non ama girare le scene d’amore (“Devi fingere passione con ogni tipo di disagiato”); ma il dado, il bacio, è ovvio, è tratto.

Nelle sale svizzere da domani, dopo la pace con Amazon studios e malgrado le mai sopite accuse dalle quali, al contrario di Polanski (e comunque la pensi Colin Firth ), Woody Allen è stato scagionato, la New York del regista è lì da vedere in tutto quel si può chiedere quando la storia passa per la città che non dorme mai, accettando il prevedibile come si porta pazienza col nonno che ripete cose già dette e facendosi piacere il finale un po’ affrettato, affidato a una madre redenta. ‘Un giorno di pioggia a New York’ sta nei consueti 90 minuti di nevrosi, scorci tanto cari, pensiline degli hotel e una carrozza di ‘Manhattan’ memoria, che porta a una decisione che non è proprio “Tu sei la risposta di Dio a Giobbe”.

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