Culture

Paesaggi bachiani

Dalla Breggia all'Arte della fuga, il presidente della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio ci racconta La Via Lattea

Breggia (©PaoloCrivelli 2015)
21 settembre 2019
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Bach in fuga lungo la Breggia: il tradizionale pellegrinaggio musicale ideato da Mario Pagliarani e prodotto dal Teatro del Tempo unirà infatti ‘L’arte della fuga’ e il corso del fiume, dal Monte Generoso al Lago di Como. Tra gli interpreti delle cinque tappe della Via Lattea – da sabato 21 a domenica 29 settembre –, l’organista Stefano Molardi, il quartetto di saxofoni XASAX, il fisarmonicista Claudio Jacomucci e l’Orchestra della Svizzera italiana; tra gli ospiti che accompagneranno il pubblico, lo scrittore Alberto Nessi e Raimund Rodewald, docente di estetica del paesaggio al Politecnico di Zurigo e presidente della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio.

Rodewald, come ha scoperto la Via Lattea?
Da spettatore, alcuni anni fa. Ho partecipato alla serata finale e lì ho conosciuto Mario Pagliarani. Tra l’altro io canto in un coro, e già tanti anni fa avevo cantato un brano composto proprio da Pagliarani… Un incontro occasionale, quindi. E così mi ha raccontato l’idea della Via Lattea, la filosofia di combinare l’arte con l’ambiente, al di fuori delle sale da concerto. È una filosofia che mi sta molto a cuore, sia personalmente, sia come Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio: la cultura è infatti parte del nostro lavoro sul paesaggio – perché il paesaggio è una combinazione tra cultura e natura. Quindi Mario mi ha chiesto se fossi interessato a partecipare a questa sedicesima edizione.

Che si terrà in Val di Muggio.
Nominata “Paesaggio dell’anno 2014” dalla Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio, con una grandissima festa a favore del Museo etnografico della Valle di Muggio. Per me è la valle più bella della Svizzera, la più affascinante. L’ho chiamata “la valle dei panorami” perché non esiste un’altra valle con tale qualità e varietà di panorami.
Conosco bene questi luoghi e ho sempre apprezzato questo forte contrasto tra il Mendrisiotto e la Valle di Muggio, quasi uno spazio di compensazione sia per la natura sia per l’uomo, con un grandissimo tesoro culturale.

Un’occasione per scoprire il territorio con altri occhi.
Come Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio abbiamo anche noi organizzato diverse serate in cui combiniamo musica e paesaggio, cosa che cercherò di fare anche qui. E naturalmente sono molto interessato non solo alla parte musicale, ma anche ai testi di Alberto Nessi, perché la passeggiata non sarà una guida naturalistica, ma un modo per esplorare la poesia nel paesaggio, scoprire quali sono le parti del paesaggio che ci entrano nel cuore. E i contrasti lungo lo stesso fiume, quando la Breggia dopo Chiasso si getta nel Lago di Como: è la stessa acqua ma i dintorni cambiano come il giorno e la notte. E una delle stazioni della Via Lattea sarà l’impianto di purificazione dell’acqua, perché con Pagliarani abbiamo deciso di includere luoghi significativi non solo per l’arte, ma anche per il rapporto con l’ambiente.

Prima ha detto che il paesaggio è una combinazione di cultura e natura. Intendeva che la cultura ci aiuta a vedere la natura o che può proprio modificarla?
Il termine “paesaggio” è stato creato dagli artisti: si tratta di una parola inventata tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento, nell’ambito della pittura. Il paesaggio ha quindi a che fare con l’arte, come ciò che si vede si trasforma in espressione artistica.
Oggi naturalmente la cultura è molto più ampia, e include anche l’urbanizzazione. E l’attività dell’uomo non è sempre sostenibile: cambiamo e talvolta distruggiamo il paesaggio, quei valori che inizialmente abbiamo ritenuto culturalmente e paesaggisticamente importanti.
È una risonanza, tra ambiente e cultura, tra ciò che vediamo e ciò che facciamo, una interrelazione che fa sì che non possiamo ignorare il paesaggio. Anche se non ne siamo coscienti, il paesaggio influisce in profondità su di noi. Ci sono nuovi studi neurobiologici che provano questa stretta relazione tra l’ambiente in cui viviamo e il nostro benessere.

Il che ci porta al problema del paesaggio brutto, dei ‘non-luoghi’.
Talvolta è difficile capire dove è il confine tra il brutto e il bello, ma secondo me la differenza la si ha quando si perde la percezione. Il problema di molta urbanizzazione – in gran parte della Svizzera, non solo in Ticino – è che nei fondovalle abbiamo perso la percezione dello spazio, non li guardiamo più perché pensiamo che il vero paesaggio sia lontano dalle città.
E così abbandoniamo questi spazi, li lasciamo all’economia, ai criteri di pura funzionalità. Dobbiamo chiedere delle qualità estetiche non solo nelle valli.

La sensibilità verso il paesaggio, anche quello urbano, è cambiata?
Sì, molto e anche in Ticino. La gente è più sensibile e devo dire che le autorità per la pianificazione del territorio e la protezione della natura e del paesaggio fanno un buon lavoro. Un impegno che apprezzo molto e che non c’era vent’anni fa.

Però negli anni Sessanta per il tracciato dell’autostrada è stato incaricato un architetto, Rino Tami, di supervisionare gli aspetti estetici. Oggi tutta questa attenzione non sembra più esserci.
In parte no, non c’è più. Ma io l’ho vista, ad esempio, con AlpTransit, dove quello che è stato costruito, come i portali dei tunnel, è stato fatto con idee anche raffinate di architetti. Per le ferrovie mi sembra sia stato fatto un lavoro di altissima qualità; per le strade è vero, in passato c’era una raffinatezza che oggi è venuta meno: sulle infrastrutture prevalgono considerazioni funzionali e di sicurezza che lasciano poco spazio alla tutela del paesaggio.

Esigenze tecniche che prevalgono su quelle estetiche.
Esattamente. E questo naturalmente riguarda anche le abitazioni: in molte zone le amministrazioni locali non hanno un’idea estetica. Il che non vuol dire decidere come si costruisce, ma descrivere cosa vogliamo fare sul territorio, un concetto estetico che dovrebbe essere previsto allo stesso livello di altri criteri di pianificazione, come il numero di posteggi o di piani. Ma nessuno vuole bruciarsi le dita con l’estetica, dicendo che è una questione soggettiva e non pubblica. Il che è completamente sbagliato.

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