Culture

Due laghi

Microcosmi / Un viaggio da Gandria a Verbania, ‘perché è dal piccolo che è possibile comprendere i transiti di questa epoca’

La Bottega di Gandria
24 agosto 2019
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I laghi del nord hanno qualcosa in comune, aprire a catene alpine, dare a chi li percorre il senso cangiante dell’orizzonte. Sentire i venti; su quello di Lugano la Breva, la Porlezzina. La barca – scrive Antonio Fogazzaro – “che avanza faticosamente, a passo di remi”. Sto andando a Gandria per incontrare Francesca Solari, giornalista e regista che in passato ha collaborato con la Rsi. Femminista, studiosa di filosofia, per anni a Napoli, poi a Parigi. Parliamo del nucleo, degli sguardi sul futuro. Di fronte alla riva vedo una barca nel suo lento andare. Così, Fabio Pusterla: “Una barca attraversa l’acqua, poco prima dell’alba:/si avvicina? si allontana?/(…)”. Francesca parla con passione di quanto fatto negli ultimi anni: di ‘VivaGandria’. Della Bottega a un passo dall’imbarcadero. Della programmazione culturale che spazia tra musica e botanica: teatro, pittura, biologia. E filosofia, sulle tracce di Walter Benjamin. Eventi, che hanno come scopo quello di preservare, leggo nel documento programmatico dell’associazione, “l’aura incantata che si sprigiona dal luogo”. Un discorso che intende promuovere contatti e relazioni, perché è dal piccolo che è possibile comprendere i transiti di questa epoca che ci vedono pensare, agire. ‘VivaGandria’: il luogo, la bellezza. “Mi sono interrogata spesso del perché il luogo mi abbia tanto coinvolta. Una vita che pian piano mi ha risucchiato. L’altro giorno, nei miei appunti ho trovato una frase di Maria Zambrano sulla bellezza”. Cosa rivela? “Parla della bellezza e della morte. Una chiave per cominciare un discorso. Gandria ha suscitato delle passioni, a ondate; negli anni 20 dello scorso secolo c’era stato un dibattito sulla strada che avrebbe dovuto attraversare il paese. Fortunatamente, diversi svizzeri tedeschi che abitavano qui, di una certa importanza, sollevarono il problema. Difendere il sentiero. Un movimento che ha coinvolto la stampa internazionale. Alla fine è intervenuta la Confederazione per imporre il percorso alto”. Ondate, dici? “Sì. Fino a questa che ha circa dodici anni. Negli anni 90 era passata una legge che permetteva di proteggere i dintorni di un’opera, mentre prima oggetto di questo erano solo i monumenti. Per un nucleo storico come il nostro sono più importanti i vuoti dei pieni. In quel periodo oggetto dell’attenzione era Fusio, quindi abbiamo iniziato a pensare che fosse possibile fare altrettanto, con l’aiuto dell’Ufficio Beni Culturali. Si è fatta una petizione, qualcosa per e non contro qualcuno. Tre quarti della popolazione ha dato il suo appoggio. ‘VivaGandria’, ha promosso questo movimento”. Parlavi di uno spirito costruttivo. “L’idea era animare il villaggio. Gandria ha avuto decenni di splendore, a cui ne sono seguiti altri di decadenza. Spopolamento, declino del turismo. Eravamo in leggera ripresa, ma quest’anno ha chiuso l’unico albergo, in vendita da molti anni. Un albergo storico, il Moosmann, che portava attività: atelier di scrittura e fotografia, clienti dalla Svizzera tedesca e dalla Germania”. Parlavi di altre iniziative. “Il sentiero dell’olivo, da Castagnola a Gandria, con il fondo Snag, inaugurato nel 2002. L’idea è anche differenziare: un frutteto, dei vigneti, lavorare per l’insieme del territorio. Il progetto per un albergo diffuso”. La Bottega? “Sappiamo la fatica che fanno le botteghe di paese, allora si è pensato al bar; a un punto di informazione turistico, spazio multiuso e da lì l’animazione culturale. Le porte aperte alle Cantine, ricordo di una transumanza orizzontale”. Un insieme correlato. “L’idea è, accanto alle proposte che portiamo avanti, di sviluppare relazioni. Forse, un disegno più grande delle nostre forze…”. Parli di un sistema che deve trovare maggiore sostegno. “Se non riusciamo a realizzare il progetto per un albergo diffuso, gli operatori soffrono. Tutto va avanti assieme. Un altro obiettivo della Bottega, oltre a fare conoscere i prodotti del territorio, è di crearli. Coltivare erbe; l’olio, in due ore va, una produzione limitata. Penso anche alla creazione di ceramiche tipiche. Godiamo dell’aiuto prezioso di professionisti, persone che amano Gandria”. L’architetto Edy Quaglia ha realizzato il progetto della Bottega. Design minimalista, ridata dignità e vitalità alla riva nel rapporto con il lago. Francesca Solari parla di una bellezza che appartiene a tutti. E lei la sa trasmettere bene. Per info: www.viva-gandria.ch.

A Verbania

Un’intensa giornata di pioggia: vortici d’aria fanno di un altro lago, il Maggiore, balenio di luci. Sembra un mare, oggi sette agosto, questo lago amato da molti e tra questi, dal poeta Vittorio Sereni, nato a Luino. Alla guida, Massimo Pacciorini - Job; alla sua destra il papà, Marco. Andiamo a trovare per un saluto Carlo Manini, che in questi mesi non sta molto bene. Nato nel 1937, è uno dei più validi e apprezzati scultori del secondo ’900 italiano. Manini ha già esposto, tra le tante mostre realizzate, alla Galleria di Giubiasco dove Massimo e la sorella Nicoletta da diversi anni ospitano artisti del Ticino e non solo. Luogo segnato da scelte mirate e da un senso di condivisione che evita qualsiasi formalità, (foto@fotolabojob.ch). A Verbania, ci fermiamo sotto i portici dello storico caffè Nazionale. Marco Pacciorini - Job è ricercatore ed esperto di cristalli. Quando è nata la sua passione? “Credo di averla sempre avuta, ed è venuta fuori negli anni. I cristalli portano soprattutto alla ricerca, alla conoscenza delle rocce. Uno stimolo grandissimo”. Le prime ricerche? “Da giovane andavo con gli esploratori, si imparava molto; i sassi, i colori, le forme. Più tardi ho avuto la fortuna di scoprire una cava in Val Bedretto e ci ho lavorato per cinquant’anni”. C’era molto materiale? “Con gli amici andavamo in un’altra zona. Un giorno abbiamo cambiato posto: è stata una fortuna. Come trovare il petrolio!”. Cosa suscita la visione di un cristallo? “Dipende. Ci si può emozionare o meno. La stessa cosa che proviamo davanti a un quadro. La natura è una cosa stupenda e il mondo minerale è difficile, per capirlo occorre esperienza. I cristalli della Val Bedretto sono unici al mondo, cristallo di quarzo con punte molto piccole e una trasparenza eccezionale”. Riprendiamo la via che ci porta a Carlo Manini e alla sua famiglia, sempre squisita nell’accoglienza. Nonostante la fatica, l’artista dice della nostalgia del suo atelier e di avere in mente nuovi progetti. Di grande forza nelle sue opere è il rapporto tra materia e forma, la precisione, una ricerca vasta e approfondita che lo ha sempre caratterizzato, partendo dal disegno. Ricerca, è parola che risuona e batte su di noi come la pioggia che oggi sembra non finire mai.

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