Culture

Unica meta, la libertà: in viaggio con Francisco

Un album e un concerto insieme a Fabrizio Barale raccontati da Fabio Martino, il Mago di The Vad Vuc: sabato 13 aprile, ‘Truco blues’ fa tappa al Teatro Paravento di Locarno

Francisco: Fabio 'Mago' Martino (sx) e Fabrizio Barale
6 aprile 2019
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“Contenitore” forse è riduttivo. Ma se proprio Fabio Martino, che è (anche) il Mago di The Vad Vuc, lo vuole chiamare “contenitore”, allora si sappia che il contenuto è ordinatissimo e, onestamente, bellissimo. ‘Truco blues’ è ufficialmente “un viaggio, non necessariamente avvenuto, che come unica meta cerca la libertà”. Detto dalla viva voce del fisarmonicista, compositore, docente e tecnico del suono, «dentro confluiscono i nostri ascolti e la nostra passione». La lunga strada di Martino negli Yo Yo Mundi (16 album, più di 1’500 concerti in tutta Europa) e le molte collaborazioni (per brevità diremo che il suo strumento risuona in ‘Io non mi sento italiano’ dell’ultimo Gaber e in una delle opere più belle di Ivano Fossati, ‘La disciplina della terra’) hanno incrociato un bel giorno quella di Fabrizio ‘Naniz’ Barale, sempre con Yo Yo Mundi sullo sfondo. «Ci conosciamo dal ’96, da quando Fabrizio entrò come chitarrista. Nel 2005 lavorammo a uno spettacolo teatrale componendo alcuni strumentali che oggi, riarrangiati, si trovano in questo album insieme a cose nuove, dopo essere rimasti dentro un hard-disk». Fino ad alcuni anni fa, quando l’attività con Yo Yo Mundi si è ridotta e i due – che oggi vivono musicalmente sotto il nome di Francisco – si sono ripromessi di non dimenticare quel progetto. Il live di ‘Truco blues’ ha avuto una sua anteprima a Laigueglia per il “Tenco Ascolta”, concerti legati al noto Premio. Ora, in rigorosa forma di duo («anche con l’uso di looper e groove ritmici»), Martino e Barale lo portano al Teatro Paravento, sabato 13 aprile alle 19.

Capodanno a Bellinzona

Originario di Acqui Terme (Monferrato), Fabio vive nel Canton Ticino da sei anni. «Con una donna ticinese, abbiamo una bimba, la mia vita è qui». E in questo c’entrano, non poco, The Vad Vuc. «Come Yo Yo Mundi venimmo a suonare a Chiasso nel 2005, ospiti loro. Nacque una bella amicizia, mi invitarono ancora». Per farla breve, «a Capodanno del 2010, suonando in piazza a Bellinzona, conobbi quella che ora è mia moglie». Una cosa tira l’altra e «un giorno ricevo una telefonata da Cerno che mi dice “Fabio, il Büti non suona più con noi. Tu che fai in questo momento?”». Da 6 anni, il Mago è ora vadvuchiano (vadvuco?) in pianta stabile, per questioni fonico-artistiche, soprattutto artistiche. Per inciso, su ‘Truco blues’ (il Truco è un gioco di carte argentino) Cerno canta ‘This train goes by’ e con lui soffiano i fiati dei The Vad Vuc, per una cosa «che pare uscita dalla Louisiana». Basso e batteria, invece, sono (nell’ordine) Guido Guglielminetti, capobanda per Francesco De Gregori, e Claudio ‘Lillo’ Fossati, figlio di Ivano nonché suo batterista. Un filo, Fossati, cui è legato soprattutto Barale, che con il cantautore ha suonato per 12 anni. C’è altro Ticino in ‘Truco blues’ e ha i tratti femminili di Animor, timbro del quale anche noi ci eravamo invaghiti ascoltando i Rocky Wood e che bene sposa la scarna ‘Fiore di seta’.

Parlando di cose toccanti

Frutto di una stima artistica e umana, ci sono canzoni su ‘Truco’, con testi di Barale, ma anche strumentali come ‘La sposa bambina’, «scritto in 2 ore, così come si sente, poi Fabrizio ha aggiunto la chitarra», dice Fabio di una cosa musicalmente toccante. Parlando di cose toccanti, gli strappiamo un ricordo di quella session del 2003 a Milano per Gaber. «Al tempo lavoravo per Fossati con la buon’anima di Beppe Quirici. Fu lui a chiamarmi. Giorgio l’ho incontrato nella fase in cui già lottava con la malattia. Fu quasi una carezza da parte di una persona che stava per andarsene. Sono passati 20 anni e forse solo ora mi rendo conto di quello che è successo. È di una tale qualità, quel disco, che ascoltandolo ora viene da credere che sia uscito la settimana scorsa. È l’ultimo lampo di un genio».

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