Culture

Essere letti dai libri

Lo psicoanalista italiano Massimo Recalcati ha presentato a Milano il saggio ‘A libro aperto’

19 novembre 2018
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Si legge per passione, interesse. Per “legittima difesa”, citando Woody Allen. Si legge per capire. Ma, soprattutto, per essere capiti. Perché il miracolo che si compie eseguendo il meccanico gesto di prendere in mano un libro, aprirlo e iniziare a leggerlo è che i ruoli si invertono. Non sei tu, in posizione dominante, a leggerlo. Con certi libri accade che sia il libro a leggere dentro di te.

Lo spiega lo psicoanalista Massimo Recalcati, nel suo ultimo saggio “A libro aperto”, presentato sabato mattina a Book City a Milano. E lo spiega sin dal sottotitolo: “Una vita è i suoi libri”. Il motivo è semplice, ha ricordato davanti alla platea Recalcati: «Il libro è un incontro». Tra lettore e libro viene a crearsi un legame dove ci si guarda dentro a vicenda, dove ci si scambiano vita, esperienza, storia.

La spiegazione di questo scambio è tutta nella figura del libro, che smette di essere semplice insieme di fogli stampati, rilegati e si fa esso stesso vita. Recalcati illustra questa trasformazione con tre definizioni. La prima è che il libro è un coltello, “perché taglia la nostra vita, offrendole la possibilità di acquisire una forma nuova, perché distingue la nostra vita com’era prima della lettura da come è diventata dopo”. Questo accade giacché non è il lettore ad avere il coltello dalla parte del manico, ma il libro. E verso di lui occorre “andare disarmati”. Con disponibilità. Poiché, e qui siamo alla seconda definizione, il libro è un corpo. Non parole, non inchiostro, non carta. Un corpo vivo, che pulsa, “non uno sterile erbario pieno di foglie morte”. Un corpo che diventa erotico nella misura in cui per Recalcati quando si legge non è solo la mente ad essere al lavoro, ma è l’intero corpo pulsionale che viene sollecitato, stimolato, messo alla prova. La disponibilità a ferirsi con il coltello e avere a che fare con un corpo vivo, quindi.

Nello spazio aperto, ed ecco l’ultima definizione, del mare. “Come il mare, il libro è figura straordinaria dell’Aperto” scrive lo psicoanalista. Il mare come esatto opposto del muro, laddove con le sue onde, il suo orizzonte e la sua calda sensazione di infinità è la negazione unica e totale del muro. La negazione della chiusura, del recinto. E quindi il libro, facendosi mare, si fa possibilità di scavalcare questo muro, incrinarlo. Aprire gli orizzonti, andare verso terre ignote. Terre dove il lettore può trovare risposta, approdi dove può farsi leggere.

La lingua dell’alfabeto e la lingua privata, inconscia

Ma come può un libro leggere una persona? Recalcati fa l’esempio della musica. «Ero in un momento di grande difficoltà a cavallo tra 2012 e 2013 – ha spiegato al pubblico –. Un momento di profonda solitudine. Durante il periodo natalizio, una mia paziente mi regalò un disco di un pianista che allora non conoscevo se non di nome e fama. Una sera lo ascoltai. E, da quelle note, da quella musica, mi sentii capito».

A quanti di noi accade, in momenti di difficoltà – la fine di un rapporto amoroso, un difficile momento familiare, quando i problemi personali sembrano sovrastare tutto –, di rifugiarci in canzoni, gruppi musicali, che sembrano essere materia vivente apposta per noi. Ma con la musica c’è un rapporto molto diverso rispetto al legame che si crea con il libro. La musica può essere accompagnamento, sottofondo. Può essere rumore per sovrastare il rumore di un treno affollato, può essere complemento di un film o di un’azione. Il libro è da solo. E quando si legge, si è soli col libro. Non si può guardare l’acqua increspata del lago facendo guidare i propri pensieri da una melodia in quel momento necessaria, non si può pensare alla lista della spesa o a un appuntamento del giorno seguente. Quando si legge, si legge. E allora, questo abbandonarsi e farsi leggere dal libro, come si crea? “Ogni lettore – scrive Recalcati – legge la lingua di cui è fatto un libro con la propria lingua privata, inconscia, quella che Jacques Lacan battezza come ‘lalingua’”. Che altro non è che la prima lingua, quella inconscia, quella che ci forma. Una lingua, scrive Lacan, fatta da “schegge del corpo”. Una lingua che non segue le regole dell’alfabeto o delle nozioni, della grammatica o dei codici del linguaggio. La lalingua è quella che, per lo psicoanalista francese di cui Recalcati è stato allievo, ognuno di noi incontra quando nasce, attraverso la presenza di chi lo accoglie e cresce. È quella che ci fa da coperta calda appena nati e ci dà il senso del tutto. Ognuno ha la propria lalingua. Ognuno può dare un’interpretazione diversa a un libro attraverso il proprio vissuto, certo. Attraverso la propria sensibilità, sicuramente. Ma anche con questa lingua primaria la quale, se presente in un libro, innesca meccanismi dell’inconscio che, appunto, trasfigurano il libro in un coltello, in un corpo, in un mare. Perché quel determinato dialogo di un libro resta impresso, marchiato nel proprio essere? Perché la descrizione di una casa, di un profumo, di un cibo colpisce e stordisce? Perché ognuno ha la propria lalingua, perché è la madeleine di Proust. E, di conseguenza, ognuno di noi ha libri che hanno segnato, composto, costruito, descritto, capito la propria vita.

Pagine che cambiano la vita

Nella seconda parte del saggio Recalcati racconta quali libri siano stati i mattoni che hanno costruito la sua, di vita. Si va da “La nausea” di Jean-Paul Sartre ai Vangeli, dall’Odissea agli “Scritti” di Lacan, da “Essere e tempo” di Heidegger al “Sergente nella neve” di Rigoni Stern. Libri che sono incontri nella vita di una persona si diceva, e che la cambiano in maniera radicale. Libri che sono corpi coi quali ci si unisce, libri che sono coltelli che ti tagliano e ti fanno capire che non sarai mai più la persona di prima. Libri che sicuri timonieri guidano in mare aperto, dispiegano orizzonti, rendono l’ignoto meno temuto perché si mostrano fedeli compagni di viaggio, amici sinceri, presenza che forma dando forma. E che fanno accogliere con rassegnata, sommessa fiducia l’innegabile fatto che non siamo noi a leggere i libri, ma sono i libri a leggere noi.

Massimo Recalcati, ‘A libro aperto. Una vita è i suoi libri’, pp. 192, Feltrinelli, 2018

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