Culture

La barca è piena, il cinema pure

‘Voi siete il futuro della nostra democrazia, voi siete il potere’ ha detto il regista Markus Imhoof agli studenti del Film festival diritti umani di Lugano

13 ottobre 2018
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1942-1981-2000. Sono le tre date della proiezione di ieri mattina al Film festival diritti umani di Lugano: 1942, anno in cui è ambientato ‘La barca è piena’ di Markus Imhoof; 1981, l’anno in cui il film è uscito nelle sale, vincendo l’Orso d’argento alla Berlinale e una candidatura agli Oscar; 2000 e oltre, gli anni di nascita degli studenti che hanno riempito il Cinema Corso. Insomma, come avrebbero reagito i post-millenials a un film che, con un linguaggio cinematografico molto lontano da quello degli attuali prodotti audiovisivi, narra vicende risalenti alla Seconda guerra mondiale? La risposta è: bene. Un po’ di chiacchiericcio entrando in sala e prima dell’inizio del film, ma durante la proiezione attenzione, silenzio e buio – poche, le luci azzurrognole degli smartphone che hanno illuminato la sala, perlopiù avvistate nei dintorni delle poltrone occupate dai docenti, ma non generalizziamo.

Così, il pubblico ha rivissuto le vicende di un eterogeneo gruppo di rifugiati che trova riparo in un villaggio svizzero, accolti, con qualche perplessità, dai coniugi Flueckiger. Per evitare di essere immediatamente espulsi dalla Svizzera che non concede asilo a chi è perseguitato “solamente” per la razza, gli sventurati cercano di rientrare nell’esiguo elenco di eccezioni previste dalla legge inscenando una grottesca famiglia. Tutto inutile: le regole sono le regole, le famiglie vengono separate, gli unici a rimanere in Svizzera sono il disertore nazista e un bambino di sei anni senza genitori, un “minore non accompagnato”, per usare la terminologia burocratica.

Per gli altri, in un finale che non ha perso nulla della sua forza umana e cinematografica, vediamo la barriera con la bandiera rossocrociata chiudersi alle loro spalle.

‘Di solito vedo solo capelli grigi’

«Sono contento che siate qui: di solito vedo solo capelli grigi» ha detto, poco prima dell’inizio del film, Markus Imhoof, ospite d’onore della quinta edizione del festival. «Voi – ha proseguito il regista rivolgendosi agli studenti – siete il futuro di questa democrazia; voi siete il potere». E il regista era ben contento di incontrare questo futuro, iniziando il dibattito capovolgendo la situazione e ponendo lui due semplici domande al pubblico. “Quanti di voi hanno parenti non svizzeri?”. Più della metà della sala ha alzato la mano. “Vi sentite inferiori agli altri?”.

Perché è questo il tema, non solo del film ‘La barca è piena’, ma di tutto il cinema di Imhoof (e del Film festival diritti umani di Lugano): come è possibile dirsi superiori a un altro essere umano? Come possiamo – e qui il riferimento è alla votazione del 25 novembre con la quale si rischia di uscire dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo – dire di non far parte dell’umanità. Siamo, per capovolgere la metafora del consigliere federale von Steiger, che dà titolo al film, tutti sulla stessa barca.

Tornando al film, un ragazzo ha detto che faticava ad associare i migranti del film a quelli di adesso. Certamente, ha risposto Imhoof, i rifugiati di allora rischiavano la vita – e noi lo sapevamo, il Consiglio federale lo sapeva –; oggi abbiamo a che fare in molti casi con migranti economici «ma rendiamoci conto che siamo stati noi, siamo ancora noi, a creare i motivi per la loro fuga». Che cosa possiamo fare, ha chiesto un altro studente? «Prima di tutto votare» la risposta del regista. «E poi intervenire, quando sentite qualcuno mostrare disprezzo per i profughi: non restate in silenzio».

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