Lac - Focus India

Il valore del pregiudizio

Una sola rappresentazione non può bastare a restituire la complessità della cultura e della civiltà indiana. Ma mille, sì.

19 gennaio 2018
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Questa domenica il Focus India, che in parallelo alla mostra Sulle vie dell’illuminazione ha animato il Lac per questi ultimi quattro mesi, giunge alla sua conclusione.
L’esposizione, gli incontri, le conferenze, le danze, i concerti che hanno divertito, commosso e appassionato il pubblico del centro culturale hanno arricchito la nostra conoscenza di un paese lontano, per pensiero e tradizione, non solo attraverso i loro contenuti specifici, ma anche attraverso il pregiudizio. Universalmente questa parola, legata al concetto di superficialità, è utilizzata in senso negativo, ma in questo caso, un po’ provocatoriamente, vorrei usarla in senso positivo, provando ad esaltarne il significato di visione parziale e soggettiva di qualcosa.
Inteso in questo senso, la mostra stessa era incentrata sul pregiudizio: ogni artista, fotografo o scrittore presente ha voluto osservare, comprendere e poi rappresentare un paese lontano in forma soggettiva, cercando di trovare un’idea, un concetto o anche solo un aggettivo che potesse incasellare e definire l’India.
Allora per alcuni l’India è stata il colore, per altri la miseria (ma per certi è ricchezza), per altri ancora l’India è magica, per taluni è spirituale. C’è chi ne ha esaltato gli odori, chi ne ha appreso i simboli, chi ha voluto cogliere solo un aspetto del suo pensiero, chi ha affermato che in India tutto è religione. Ma tutte queste visioni parziali, che io chiamo pregiudizi, di uomini e donne che hanno guardato all’India attraverso la lente deformante della propria soggettività, se messe sapientemente insieme (come il Focus India, non a caso rappresentato da un mandala, ha saputo fare) riconducono nuovamente alla complessità.
L’India è un universo. Questa frase, stampata e impressa in più punti della nostra libreria è un po’ il mantra che ci ha accompagnato in questi mesi di ricerca, di approfondimento. Quella frase era lì per ricordarci ogni giorno la complessità e le contraddizioni di un paese che non può essere ridotto ai minimi termini perché troppo vasto, troppo antico, troppo variegato. Sempre in mutamento.
Uno dei libri che più ci ha aiutato a comprendere il pregiudizio, ma anche in alcuni casi accentuarlo, moltiplicarlo come in un caleidoscopio, farne un modus operandi, è stato Orientalismo di Edward Said. Questo libro racconta, tra le altre cose, la storia di un pregiudizio millenario, difficile da estirpare, sul presunto immobilismo dell’Oriente, nonché sulla presunta superiorità della civiltà occidentale. Ma soprattutto affronta il tema del fraintendimento, della reale comprensione tra diverse culture: “Il vero problema è se possa mai esistere qualcosa come una rappresentazione veritiera, o se piuttosto ogni rappresentazione, proprio in quanto tale, sia immersa in primo luogo nel linguaggio e poi nella cultura, nelle istituzioni e nell’ambiente politico dell’artefice o degli artefici della rappresentazione.” Il corsivo è mio, e la chiave è tutta lì, in quel corsivo. Una no. Ma mille sì, forse mille ci restituiranno la visione d’insieme, proprio come ha voluto fare il Focus India.

Sabato 20 gennaio alle ore 16.30 l’ultimo appuntamento: con lo scrittore Paolo di Paolo.

L’odore dell’India e Un’idea
dell’India. Dai diari di viaggio
di Pasolini e Moravia
Hall del Lac – Lugano Arte e Cultura

Orientalismo.
L’immagine europea dell’Oriente
di Edward Said
Feltrinelli, 2001
395 pagine

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