Arte

I ritratti di Meng Yan

Botta, Giacometti, Dalí, Mao… Casa Rusca propone ‘Ritratti’ con venti opere dell’artista cinese. Visitabile dal 4 agosto al 15 settembre 2019

Salvador Dalì, 2009 olio su tela, 200 x 200 cm © Meng Haodong
3 agosto 2019
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«Di tutti i ritratti che mi sono stati fatti, questo è il primo che mi ha colto!». Pressappoco devono essere state queste le parole dette dall’architetto Mario Botta quando, tempo fa, ha visto la tela di notevoli dimensioni che lo ritrae, realizzata dall’artista cinese Meng Yan (nato nel 1971, l’artista è attivo a Shanghai sin dagli anni Novanta ed è annoverato fra i maggiori esponenti della scena artistica, in patria e all’estero).

L’aneddoto che vede protagonista l’architetto di Mendrisio ci è stato raccontato da Giancarlo Ermotti, sinologo di formazione, banchiere (per «an accident») in pensione e appassionato d’arte. L’occasione di scambiare due chiacchiere con lui ci è data dalla mostra che ha contribuito a organizzare: ‘Meng Yan. Ritratti’, allestita nei sotterranei di Casa Rusca (in calce, le informazioni). Questo allestimento è l’ottavo in linea di successione nelle proposte di Locarno Arte, ma il primo a inaugurare la serie ‘International’, versione estiva della rassegna che – come ha spiegato in conferenza stampa il direttore dei Musei Civici, Rudy Chiappini, nonché direttore della mostra – esce dai suoi confini, allargando l’orizzonte. Una proposta che crea una connessione dialogica fra espressione e linguaggio artistici di qui e d’altrove.

Un’analessi è d’obbligo: Ermotti, che da una quarantina di anni vive in Cina, ha conosciuto l’artista circa una dozzina di anni fa e, dopo aver curato una prima personale di Meng Yan a Massagno nel 2016, ha proposto a Chiappini di portarlo a Locarno. E qui torniamo a ‘Ritratti’.

‘Ciò che anima i miei personaggi’

I venti ritratti esposti, in larga parte, sono frontali, con il punctum (parola che prendiamo a prestito dalla fotografia) negli occhi, quasi ipnotici. La raffigurazione, per buona parte con scala di grigi, è insolita e curiosa: le teste sono dipinte su un fondo scuro e piatto, da cui emergono le forme, le fisionomie. La materia sulla tela è una presenza importante, cristallizzando il gesto come attore sulla superficie. Guardando a questi olii, non si riesce a comprendere se si tratta di un’emersione del volto dall’ombra o la sua dissolvenza nel nero: la dialettica fra le due dimensioni dà luogo a uno stato transitorio, fuori da tempo e spazio.

“Studiare le espressioni dei volti è un processo di pratica e meditazione che mi spinge a riflettere su ciò che anima la mente dei personaggi che ritraggo” è la definizione significativa dell’impulso che spinge Meng Yan a dipingere con tecnica ad olio la tela con i volti di grandi personalità del Novecento e della contemporaneità. Nelle sale 2 e 3 della pinacoteca s’incontrano quindi Salvador Dalí, il già citato Mario Botta, Andy Warhol, Alberto Giacometti, Lucian Freud, Anselm Kiefer, Marlene Dumas; per citare solo alcuni dei dipinti (200x200 cm) realizzati negli ultimi due anni. Così anche la serie dedicata a Mao Zedong (più piccola nei formati), rappresentato in diverse età anagrafiche, soprattutto, scalzando l’iconografia tradizionale. Le opere dedicate all’ex presidente della Repubblica democratica cinese occupano la prima sala. Il corridoio, fra la prima e le altre due sale, è occupato dal gruppo ‘Happiness’: tele di dimensioni contenute raffiguranti donne. Una serie, fra le poche in colore, che, in chi scrive, suscita effetti contrastanti fra loro: da un lato fascino e dall’altro disturbo.

L’allestimento sarà inaugurato, in presenza di Meng Ya, sabato 3 agosto, alle 17; successivamente, sarà visitabile dal 4 agosto al 15 settembre 2019. L’esposizione s’accompagna al consueto catalogo, essenziale nelle linee e ben concepito, curato dal direttore dei Musei Civici.

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