Arte

La 'Via Lactea' si ammira allo Spazio 1929

Una mostra dedicata al latte, progetto fotografico di Alfio Tommasini, insignito del terzo rango al Sony World Photography Awards

Via Lactea © Alfio Tommasini
25 ottobre 2018
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“In un contesto d’agricoltura moderna, desideravo interpretare la relazione tra uomini e animali attraverso qualcosa di apparentemente ordinario, ma fortemente legato all’identità e continua trasformazione di queste terre e delle abitudini dei propri abitanti. Nei lunghi mesi invernali, ho viaggiato per il Paese per osservare coloro che vivono della produzione latte, tentando di scovare in essi i riflessi di quel misterioso enzima che conservano come caratteristica della loro natura", spiega Alfio Tommasini, fotografo originario della Vallemaggia, scrivendo del suo progetto "Via Lactea".

Dopo Campo Blenio lo scorso anno, l'allestimento fotografico giunge a Lugano – allo Spazio 1929, da oggi fino al 25 novembre – dopo essere stato premiato con il terzo posto al Sony World Photography Awards, nella categoria "Contemporary Issues", organizzato dalla World Photography Organisation. Un concorso che ha visto la partecipazione di centinaia di migliaia di candidature da tutto il mondo.

Inaugurazione questa sera alle 18, in presenza dell'artista.

Riproponiamo alcuni stralci dell'intervista del 27 dicembre 2017

Tre inverni. Ventisei cantoni. Diecimila chilometri percorsi in tutta la Svizzera. Contadini, mucche da latte, fattorie, industrie, macchine, scorci di paesaggio. «Partivo a notte fonda, per arrivare nelle aziende agricole entro le cinque e assistere al primo lavoro dei contadini: la mungitura», inizia Alfio. Il nostro interlocutore è Alfio Tommasini, fotografo freelance e cofondatore, nel 2014, del Verzasca Foto Festival.

Torniamo al motivo del nostro incontro: «Questo è uno di quei progetti che fatico a descrivere, forse perché il mio desiderio è che queste immagini trasmettano un’atmosfera più che spiegare...», ammette Alfio quando gli chiedo di parlarmi di “ViaLactea”, progetto che racconta la produzione del latte in Svizzera.

Ineffabile, si diceva, ma accompagnato dal crepitio dei ciocchi di legno nella stufa, Alfio dà voce al racconto sull’oro bianco svizzero e su tutto ciò che gli gravita attorno.

Sembra un po’ un cliché, permettimelo...

Infatti lo è, desideravo raccontare una storia ambientata nel nostro Paese (pensata per un libro), attraverso un prodotto simbolo e stereotipato; in par- te decontestualizzandolo e reinterpretandolo attraverso la mia visione. La sfida è stata trovare una poetica personale per parlare di un prodotto esaurito in immagini e discorsi sempre molto simili, vedi dibattiti su benefici, prezzi... Non volevo fare un reportage con affermazioni propagandistiche, ma neanche dimenticare che la sua produzione è legata alla nostra cultura e alla trasformazione del territorio. La mia sto- ria è ambientata in un luogo dove l’inverno sembra infinito, dove vivono persone che si nutrono di latte per vivere e sopravvivere. L’alimentazione dei nostri nonni aveva nel latte e nei suoi pro- dotti una delle primarie fonti di sosten-

Perché hai scelto il latte? 

Per due ragioni. La prima è una semplice constatazione personale. Quando arriva l’inverno e diminuiscono frutta, verdure e ore di sole, ho notato che nella mia dispensa aumentano notevolmente i prodotti latticini, forse per proteggermi dal freddo e farmi la pelle più spessa. La seconda ragione, filo rosso anche della mia ricerca fotografica, è l’interesse per la relazione che l’essere umano intesse con territorio e animali. In un contesto contemporaneo, volevo scoprire cosa sta dietro al cartone di latte, anche in ricordo delle origini contadine della mia famiglia, che a differenza mia avevano un contatto diretto con i prodotti che consumavano.

Osservandoli, ho avuto l’impressione che questi scatti siano avvolti da un’aura di fiaba (mi passi il termine?), l’ambientazione è avvolta da un alone suggestivo che asciuga tempo e spazio, con una composizione pulita e insieme drammatica...

Buona parte delle fotografie ha un’ambientazione notturna o crepuscolare, perché il momento della prima mungitura è al mattino presto. La si può vedere come una sorta di fiaba, dove però non mancano momenti di tensione e suspense. Ho cercato di non avere elementi che ancorassero troppo lo scatto al qui e adesso, lasciandolo indefinito. Non volevo fare un reportage giornalistico, bensì dare piena libertà di lettura e interpretazione soggettiva all’osservatore.

www.alfiotommasini.com

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