Culture

Brunori Sas, Targa Tenco alla nuda e cruda Verità

(Pek)
22 giugno 2017
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Nella primavera italiana dei Festival musicali delle compagnie telefoniche, durante i quali si certificano vendite e simpatia, arriva puntuale come ogni anno il riconoscimento di una giuria specializzata e non della contabilità. Si chiama Targa Tenco ed è, in un certo senso, l’equivalente dei Razzie Award, se per equivalente s’intende il fatto che i suddetti premi si assegnano entrambi nella stessa località di ben più rinomate kermesse. Il Razzie fa da contraltare alla Notte degli Oscar (a Los Angeles) e le Targhe al più noto Festival di Sanremo (dove, lo dice il nome). Ma se il Razzie premia il peggior film dell’anno con un lampone incollato su di un nastro Super8 dipinto d’oro (valore complessivo del trofeo: meno di 5 dollari), il Club Tenco sceglie il meglio della musica italiana, consegnando una targa il cui valore, come manufatto, non è dato sapere. Non è dato sapere nemmeno cosa succederebbe se la giuria del Tenco giudicasse anche il Festival dei Fiori. E non abbiamo nessuna intenzione di chiedercelo. 

Complice il video di Giacomo Triglia, complice un disco (“A casa tutto bene”) che finalmente suona come un disco (non più scarno per dogma), complice soprattutto il suo autore, al quale si deve il brano, molto altro e il perché di questo articolo, Brunori Sas ha vinto con “La verità” la Targa Tenco per la miglior canzone dell’anno. L’artista, come presumibilmente si fa con i Telegatti, la metterà in salotto di fianco a quella vinta nel 2010 come interprete emergente. Sperando di non vederlo mai sulla poltrona del vocal coach a giudicare talentuosi adolescenti pieni di sé, brindiamo oggi allo splendido disagio creato dall’ascolto di quella canzone, esperienza umana da ripetere con parsimonia, per preservarla dall’usura, e sempre urlando sull’inciso (in particolare in auto).

Brindiamo all’artista vero come la verità e al suo prendersi gioco della spocchia del cantautore sul piedistallo, figura un tempo bisognosa di riverenza da bancario (ora estinta, per credibilità) o da parroco del paese (immutata nel tempo). Brindiamo anche al Brunori che sulle pagine del Sole 24 Ore si è scritto un gustoso reportage chiamato “In Italia tutto bene”, nel quale risparmia al giornalista le domande giuste per tirargli fuori il meglio, tirandoselo fuori da sé. Dentro quel selfie fatto di pensieri c’è anche un po’ del Brunori svizzero, che tempo fa benediceva il ritardo all’appuntamento con la stampa alla Rsi e si augurava almeno un problema tecnico durante l’esibizione serale, tanto per sfatare il mito che in Svizzera funziona tutto. Brindiamo, dunque, in attesa che finalmente qualcuno – il Brunori – ce lo riporti qui, a suonare. 

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