Culture

Sistemare il mondo

Come classificare le cose non è un problema solo
6 febbraio 2017
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Intervista al filosofo Barry Smith sulla, forse inaspettata, importanza moderna dell’ontologia

Antica e a volte accusata di essere inutile e astratta, con l’intelligenza artificiale e la genetica l’ontologia è adesso un campo di ricerca vivo e vitale, ha spiegato Barry Smith a Lugano per un convegno dell’Istituto di studi filosofici

Secondo la definizione classica è lo studio dell’essere in quanto tale; detta con parole forse più semplici, è lo studio delle caratteristiche generali delle cose, dove con “cose” è da intendersi di tutto, dai manufatti alle emozioni fino al tempo o alle quantità. E proprio di metafisica delle quantità – analizizando ad esempio la natura delle unità di misura, o la differenza tra quantità assolute e relative – si è parlato nei giorni scorsi a Lugano, dove l’Istituto di studi filosofici della Facoltà di teologia ha organizzato un convegno parte di un progetto finanziato dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica e sostenuto dal Fondo Swisslos del Cantone al quale hanno partecipato numerosi ospiti internazionali. Tra di essi, Barry Smith, filosofo britannico conosciuto per gli studi sull’ontologia applicata alla biomedicina. Perché, come ci ha spiegato, gli studi ontologici hanno trovato molteplici applicazioni pratiche che vanno di pari passo alla riflessione più astratta: «Partecipo a convegni come questo, dove solo io e Peter Simons (professore al Trinity College di Dublino, ndr) ci occupiamo di ontologia applicata, per mettere alla prove le basi teoriche delle mie ontologie, una sorta di “controllo di qualità” con delle acute menti filosofiche».

Professor Smith, l’ontologia è tra le discipline filosofiche più antiche e anche tra le più criticate in quanto astratta e inutile. Tuttavia, nel ventesimo secolo assistiamo a una sorta di rinascimento ontologico, e di ontologia si interessano molto anche ricercatori e scienziati…
Quello che è capitato è che, negli anni Settanta, un gruppo di persone attive nella ricerca sull’intelligenza artificiale affrontasse il problema di come costruire un robot che potesse imitare il comportamento umano. Queste persone si resero conto che un simile robot doveva possedere le credenze di un essere umano, quello che chiamiamo “senso comune”. Si svilupparono così la fisica e la psicologia del senso comune o popolare (‘folk physics’ e ‘folk psychology’). Alcuni di questi ricercatori iniziarono a usare il termine ontologia per descrivere lo studio delle credenze delle persone, il loro modo di classificare le cose. Il termine fu poi ripreso dai biologi nell’ambito del Progetto genoma umano. Quello che ha fatto questo progetto è stato produrre un immenso insieme di dati che i biologi dovevano iniziare a utilizzare. Ma questi dati erano a livello molecolare: sequenze genetiche che andavano associate a entità biologiche come componenti della cellula o malattie. Venne così creata l’ontologia genetica (Gene ontology) che fu la prima ontologia compiuta, nel 1998. Non solo: possiamo dire che questa idea è diventata utile a praticamente tutti, nella nostra società moderna, perché Siri, l’assistente digitale degli iPhone, è stato creato da un team guidato da uno degli ontologi nel campo dell’Intelligenza artificiale, Tom Gruber. Dietro le risposte di Siri c’è un’ontologia dei ristoranti, dei film, del traffico…

Ma si tratta di un nuovo campo di ricerca, che utilizza un nome antico, o c’è una connessione con la tradizionale ontologia filosofica e le idee, ad esempio, di Aristotele?
Molte delle persone che oggi lavorano nel campo dell’ontologia sono ingegneri, “gente da computer”. Ma soprattutto in campo biologico c’è una comunità abbastanza influente di persone convinta, come me, che la metafisica tradizionale, e persino l’opera di Aristotele, siano utili. E questo per due ragioni: la prima è che le idee filosofiche tradizionali sono essenziali per creare delle buone ontologie, perché studiamo come sono fatte, studiamo gli errori che spesso di commettono. La seconda ragione è che i filosofi sono bravi a formulare definizioni, e una buona ontologia si basa su definizioni dei termini, mentre gli ingegneri, mi spiace dirlo, non sempre sono bravi a formulare definizioni.

A proposito dell’utilità dell’ontologia, credo lei sia il filosofo che ha ricevuto più fondi per un progetto di ricerca…
Sì, è probabile che lo sia… Nel 2002 il governo tedesco istituì un programma di “fuga dei cervelli al contrario” con lo scopo di portare in Germania ricercatori dall’estero, e io vinsi uno dei finanziamenti. Ho così messo in piedi un istituto di ricerca, ancora attivo, che fu il primo istituto di ontologia medica. L’idea è fare in modo che i dossier medici elettronici potessero essere facilmente letti e facilmente condivisi. Il problema era che ne esistevano diversi “gusti”, ed era complicato spostarsi da un ospedale all’altro, persino da un medico all’altro. Abbiamo quindi iniziato a lavorare all’interoperabilità, a una ontologia medica comune, e penso che il nostro lavoro sia stato molto importante. Sono rimasto lì per quattro anni, lavorando insieme ad altri ricercatori europei, poi sono tornato negli Stati Uniti.

Un’ontologia deve portare a una classificazione coerente e completa, ma spesso il nostro modo di cono­scere il mondo è vago e confuso, basato su esempi e ‘somiglianze di famiglia’ più che su categorie.
In ‘Romeo e Giulietta’ abbiamo due famiglie, i Montecchi e i Capuleti, in guerra tra loro. Similmente, nell’informatica e in generale nell’ontologia applicata abbiamo due famiglie che si contrappongono: gli Scruffies (raffazzonati) e i Neats (precisini). Per gli Scruffies non è possibile avere una rappresentazione precisa e accurata del senso comune, e neppure della biologia e della medicina: avremo sempre a che fare con somiglianze di famiglia, con diverse culture, diversi usi, diversi vocabolari, per cui dobbiamo accettare ontologie raffazzonate o comunque semplici. Per i Neats invece è possibile costruire ontologie robuste e rigorose con le quali costruire ragionamenti efficaci nell’affrontare importanti problemi scientifici. Io credo che ci sia spazio sia per gli Scruffies sia per i Neats. Siri ad esempio è basata su una ontologia molto raffazzonata o comunque con un approccio semplificato per la costruzione del suo vocabolario; dall’altra parte, l’ontologia genetica è costruita in maniera molto rigorosa. Quale approccio utilizzare dipende dal tipo di ontologia che dobbiamo costruire.

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