Culture

'Scrivo di getto' - Intervista a Fabio Andina

8 agosto 2016
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(di Elena Spoerl) -

Fabio Andina, classe 1972, malcantonese, laureato in cinema, è una ‘new entry’ nel panorama letterario ticinese, anche se scrive da vent’anni. Nel 2005 ha pubblicato la prima raccolta di poesie (‘Ballate dal buio’, Ed. Ulivo), quest’anno il primo romanzo (‘Uscirne fuori’, Adv) e ora una raccolta di racconti che al Premio Chiara Inediti 2016 si è appena meritata una menzione. L’autore è “originale sia nello stile che nel contenuto”: lo sostiene la Giuria del Premio che negli scorsi giorni ha inoltre deciso, “vista la qualità dei racconti”, di realizzare un’antologia curata da Pietro Macchione Editore. Sono stati scelti dieci racconti tra cui uno di Andina, ‘Noi due in una tenda’.
La scrittura di Andina ricalca la lingua parlata. ‘Uscirne fuori’ è stato scritto di getto (150 pagine in 10 giorni), e così pure i racconti, dove l’autore tratteggia alcuni personaggi che vivono nel Paese Senza Nome. Ma la scrittura non è mediatrice? Si può scrivere come si parla? Lo chiediamo al diretto interessato.
Scrivere di getto, come si parla:
è possibile? Vantaggi e svantaggi?
Ovviamente la scrittura spontanea dà la possibilità di metter nero su bianco tanto in poco tempo. Lo svantaggio potrebbe essere la riscrittura, ma non nel mio caso, perché tendo a correggere il minimo indispensabile. Per me diventa facile quando ho già “scritto” in testa quel che voglio raccontare. Quindi, prima di aprire il rubinetto e lasciare uscire il fiume di parole, queste le ho dovute pensare per del tempo. Oppure devo conoscere molto bene il soggetto.

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