Culture

Joe Jackson, avanti veloce

9 febbraio 2016
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Talento difficilmente classificabile e misurabile, Joe Jackson (classe '54) è musicalmente un lucido folle: nel 1981, dopo due album di colto punk-rock di successo (prendete i Sex Pistols, immaginateli mentalmente lucidi, dall'igiene personale curata e polistrumentisti), l'artista britannico spiazzò il mondo intero in attesa di un nuovo capitolo new wave rifilandogli un disco swing intitolato “Jumpin' Jive”. Strano a dirsi, ma quella stessa voce che in “I'm the man” (colorito ritratto del music-business datato 1979) sguaiatamente urlava “tu hai soldi, io ho la materia prima, dai che ci divertiamo”, risultava perfettamente a suo agio anche su brani anni '30, abitualmente scritti per voci “laccate”. Cotanta poliedricità confluì poi in “Night & Day” (1982, album-consacrazione) e quattro anni dopo in “Big World”, registrato live per il mondo (3 lati incisi, nel doppio vinile, e uno vuoto).

Passato un tantino inosservato “Night & Day II” – anno Duemila – il Joe Jackson più recente tende una mano a “Big World” non fosse altro che per le sedici tracce registrate in quantità uguale negli studi di quattro distinti angoli della terra. “Fast Forward” (letteralmente “Avanti veloce”) è un ritorno alla canzone sette anni dopo “Rain” (con tappa ad Estival 2008). “Will Power” a parte (strumentale dell'87), il post-grande popolarità di Joe Jackson è stato proprio all'insegna della musica più che delle parole, a partire da “Night Music” ('94), passando per “Symphony No.1” (Sony Classical, '99), fino a “The Duke”, omaggio a Ellington del 2012, ultimo atto di un periodo alternativo che comunque non ha lesinato grandi canzoni (“The Bridge”, sul concept “Heaven & Hell” del '97, o “Glamour and Pain” da “Night & Day II”).

Piace senza distinzione continentale, “Fast Forward”, a partire dal capitolo New York in cui brillano Bill Frisell su “See no Evil” (cover dei Television, anno '77), ma anche Brian Blade (batteria), Regina Carter (violino) e lo storico Graham Maby (basso). Dagli studi di Amsterdam escono il singolo “A little smile” e la dolce-amara “So you say” dai ritmi latin alla “Breaking us in two” e affini. Dalle sessions di Berlino, un tributo al cabaret tedesco di “Good Bye Jonny” e “Junkie Diva”, dedicata ad Amy Winehouse, a detta di alcuni (in realtà per Billie Holiday, parola del suo autore). New Orleans, per finire, si fa ricordare per i fiati dei Galactics, band locale il cui sound meticcio (rock, blues, elettronica, hip-hop) ben si sposa con le visioni musicali macro del solista inglese, che omaggia Beethoven a suo modo in “Ode to Joy”, così come a suo modo rispolvera lo shuffle nell'apertura di “Neon Rain”.

Il rapporto di Joe Jackson con le classifiche si era chiuso con “Laughter & Lust”, album del '91 nel quale la star parlava del suo post-mortem: “quando morirò e andrò nel paradiso del pop, gli angeli […] mi chiederanno del mio splendido sound […] ma non l'album intero, nessuno ha tutto quel tempo. Per favore, solo il singolo...” (“Hit single”, traccia 6). Così come per altri sessantenni ancora in splendida forma, le cose migliori di “Fast Forward” - retto da un pianoforte onnipresente, acustico ed elettrico, come d'abitudine – non stanno nel singolo, ma nell'album, a partire da “Fast Forward” canzone, che l'album lo apre, sontuosa e degna del Joe Jackson d'annata. Così, se pure gli angeli del paradiso del pop chiederanno conto di “Steppin' out”, suo biglietto da visita dell'82, noi mortali (ma ancora in vita) possiamo goderci il documento più recente, scritto, prodotto ed arrangiato da un songwriter redivivo, e - sempre a suo modo - immortale, in concerto il prossimo 16 febbraio a Zurigo, Volkshaus, data unica per la Svizzera (info: www.allblues.ch).

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