Culture

Ricordando Pino Daniele. Un anno senza musica

4 gennaio 2016
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Il freddo scorrere dei “RIP”, immagine tanto glaciale quanto il suono dell'acronimo, e la mezza convinzione che quella morte fosse soltanto l'ennesima bufala dei social, nella gara a chi la spara più grossa, ieri schizofrenia, oggi status sociale. Resta viva, a distanza di un anno, l'idea di una musica – la sua - che di per sé non avrebbe previsto eredi, né rimpiazzi temporanei. Resta viva anche l'idea che di personaggi abbondiamo in quantità, così come di belle voci delle quali è inflazionata pure l'infanzia, che di sabato sera gioca a fare gli adulti, e meglio degli adulti a volte canta. Sempre meno abbondiamo di poeti, calpestati come siamo dal lessico fantascientifico di un'umanità cui è concesso giusto il tempo di nascere, consumare e dimenticare.

Un anno fa, la corsa in autostrada verso un ospedale, l'ennesimo tentativo di restituire un ritmo regolare ad un cuore che è sempre pulsato a tempi dispari, in barba al metronomo e a quel senso del tempo innato che sta dentro ogni grande strumentista. Il gossip, senza successo, ci ha provato a farci cenare a pane e acqua davanti al suo ricordo, ostaggi di un'informazione che non è più interessata a celebrare l'arte in quanto tale, ma soltanto i suoi scheletri nell'armadio. Così, è bello constatare quanto scavare nella vita del musicista e dell'uomo sia risultato improduttivo, forse per la tendenza di quell'uomo a farsi gli affari propri, lo sguardo basso sullo strumento e una propensione al menefreghismo costruttivo cantato in “Che te ne fotte”. Un uomo che ha chiuso una porta (ma non tutte) ad una terra natia che può essere invadente ed eccessiva per chiunque, e non puoi farci niente, una terra che non gli porta rancore per quel suo appartenere, ora, ad un'altra terra più a nord. Napoli l'ha perdonato e celebrato nella sua piazza principale, al suono delle sue parole, di notte alla luce degli smartphone, e da quella notte per ogni notte ed ogni giorno in tutte le piazze, vere o virtuali, d'Italia e non soltanto.

Di lui restano le sue opere, e con esse il rispetto conquistato dall'artista, il suo quieto vivere, l'innata compostezza di un non innamorato di se stesso, la misura di chi ha vissuto al suo fianco e oggi non è interessato a spiegare chi è più moglie di chi, e chi è più figlio di chi. L'insieme di tutto questo ci può essere d'aiuto a ricordare Pino Daniele come merita: niente di meno e niente di più che un grande musicista, in un anno senza musica.

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