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Un ‘audit’ cantonale per i diritti umani

Domani all’Usi si discuterà di come fare per migliorarne il rispetto anche a livello locale. Tra gli ospiti anche la ginevrina Léa Winter

(Keystone)
9 dicembre 2022
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Spesso il problema, coi diritti umani, è che sembrano una cosa astratta e lontana: se ne parla pensando magari all’Afghanistan o alla Cina, dimenticando che anche qui da noi c’è chi non ha il tetto, il permesso, l’ausilio sociale necessari per vivere dignitosamente. E che i tribunali non bastano, perché spesso chi ne avrebbe bisogno è troppo debole ed emarginato per farsene ascoltare. Ce lo ricorda domani una conferenza organizzata dall’Università della Svizzera italiana in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani (vedi sotto). Ci si chiederà appunto – spiega il programma – come "migliorare la protezione dei diritti fondamentali" anche a livello locale, in modo da "ancorarne i principi nella società e responsabilizzare la popolazione e le istituzioni pubbliche" a partire dal qui e ora, ovvero dagli uffici cantonali e comunali. Ai quali si suggerisce anzitutto una revisione periodica indipendente: una sorta di audit autonomo sulla falsariga dell’Esame periodico universale (Epu) introdotto dalle Nazioni Unite, concernente proprio il rispetto di tali diritti.

A portare la sua esperienza a Lugano sarà tra gli altri Léa Winter, copresidente dell’organizzazione per i diritti umani Fian Schweiz e membro del gruppo di lavoro Epu per il canton Ginevra. La città ha inserito i diritti umani nella sua nuova Costituzione nel 2013, specificando all’articolo 42 che il loro rispetto "è soggetto a una valutazione periodica indipendente". Valutazione per la quale però non è stata ancora identificata una procedura né individuata una commissione, tanto che sono stati i volontari della rete di diritti umani Regard – Fian inclusa – a stilare nel 2019 un primo provvisorio bilancio, tra luci e ombre: «Attraverso i questionari inviati a circa 50 associazioni, ci siamo accorti che su alcuni aspetti si sono fatti importanti passi avanti», spiega Winter. «La lotta contro la discriminazione di genere e a difesa della comunità Lgbtq+ è andata avanti, inoltre è stata creata una piattaforma sicura per gli informatori in caso di irregolarità nello Stato e ci si è mossi per regolarizzare la situazione dei sans-papiers. D’altro canto, vediamo in particolare che molti stranieri faticano ancora a far riconoscere i loro diritti e sono spesso vittime di situazioni insostenibili, come ci mostrano anche le cronache recenti (il riferimento è al suicidio di un 18enne afghano residente a Ginevra, al quale era stato intimato dal Tribunale amministrativo federale di tornare in Grecia, ndr)».

Mancano visione e formazione

Inoltre, aggiunge Winter, «mancano una visione globale e un coordinamento nella realizzazione dei diritti fondamentali dopo l’abolizione dell’Ufficio per i diritti umani nel 2013». Tanto più che «alcuni di questi diritti, pur essendo protetti dalla Costituzione a livello cantonale e federale, non sono di fatto difesi dai giudici, come vediamo ad esempio proprio nel caso degli alloggi. Ennesimo esempio del fatto che non basta il principio: servono anche il suo rispetto e la revisione di quanto compiuto, oltre a un cambiamento culturale e giuridico più generale. La formazione professionale dei giudici deve superare la visione antiquata della Svizzera sulla giustiziabilità dei diritti umani e garantirne il rispetto».

A tal proposito Winter sarà in Ticino non solo per riflettere sul caso ginevrino, ma anche per mettere in rete le competenze sviluppate attraverso un’intensa collaborazione intercantonale, in particolare in seno alla Fondazione Diritti Umani: «Trovo che sia molto importante sviluppare la collaborazione e accelerare la costruzione di istituzioni di controllo ad hoc per il rispetto dei diritti umani nei diversi cantoni e comuni. Ci auguriamo che l’esempio di Ginevra – il cui Parlamento sta attualmente elaborando una proposta di legge per la creazione di un Comitato che effettui una valutazione periodica indipendente – possa ispirare altri cantoni».

Ma come si costruiscono questi organismi? Secondo Winter «per la società civile è essenziale che tali comitati garantiscano la titolarità del processo di valutazione e la partecipazione di tutti. Pertanto, dovrebbe essere composto da rappresentanti della società civile, delle autorità pubbliche e da esperti di diritti umani e di valutazione. L’indipendenza, l’imparzialità e l’autonomia del Comitato devono essere garantite, così come la trasparenza e l’accesso ai suoi lavori».

IL CONVEGNO

Anche De Rosa e Gysin tra i partecipanti

‘Proteggere i diritti fondamentali: quali possibilità per il Cantone Ticino?’ Questa la domanda alla base del convegno che si terrà domani a Lugano, dalle 8.30 alle 13, presso l’Auditorium del Campus Ovest Usi. La riflessione guarda a "una revisione generale delle norme cantonali e delle prassi applicate dagli uffici del Cantone e dei Comuni. E qui può venire in aiuto il federalismo: idealmente i vari Cantoni sviluppano approcci innovativi all’attuazione dei Diritti Umani, li sperimentano e ispirano altri Cantoni", si legge nel programma. A condividere esperienze e prospettive ci saranno, tra gli altri: il Direttore del Dipartimento della Sanità e della Socialità Raffaele De Rosa, la Consigliera nazionale Greta Gysin, la nuova giudice federale Federica De Rossa e Milena Costas Trascasas, ricercatrice dell’Alto Commissariato Onu sui Diritti Umani.

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