Ticino

Chiesa presidente Udc non preoccupa gli altri partiti

Farinelli (Plr): 'Da soli non si cambiano le cose'. Riget (Ps): 'Difenda i lavoratori ticinesi, adesso'. Dadò (Ppd): 'Rispondiamo con la politica concreta'

Ti-Press
11 agosto 2020
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La futura presidenza nazionale dell’Udc che vede come unico nome proposto dalla direzione il consigliere agli Stati ticinese Marco Chiesa non fa discutere solo nell’area di destra, con la competizione ormai lanciata alla Lega. “Un ‘effetto Chiesa’ potrebbe avviare un afflusso ulteriore di consensi verso posizioni nazional-sovraniste” scrive sul ‘Cdt’ la granconsigliera del Plr Natalia Ferrara. Di più. Perché in Ticino “Chiesa può presentarsi come il riferimento principale dell destra cantonale nazionalista e contribuire così al riassorbimento di almeno parte del movimento leghista nell’Udc, con tutte le conseguenze del caso. Ma non solo”. Quindi, riprende Ferrara, “starei attenta anche in casa liberale e Ppd, e non meno importante, in area socialista, come dimostrano gli scenari elettorali di mezzo mondo”.

È lanciata la sfida, quindi? Si rischia uno spostamento a destra del dibattito, della proposta e dell’asse politico? «Non penso proprio» risponde da noi interpellato il consigliere nazionale liberale radicale Alex Farinelli. Primo, sostiene, «la politica federale viaggia su tutt’altri binari, è impossibile e illusorio pensare che una persona da sola possa cambiare il corso di un partito e del dibattito». Secondo, perché di persone così «in Svizzera ce ne sono state solo due: Christoph Blocher a livello nazionale e Giuliano Bignasca a livello cantonale. Ma l’hanno fatto in un momento particolare dove la politica viaggiava in altra maniera, ma soprattutto come ‘padri padroni’ dei loro partiti, non come presidenti». E per il Plr all’orizzonte «non vedo alcuna preoccupazione, non da Chiesa o dall’Udc almeno. Il risultato delle ultime elezioni federali deve farci pensare e abbiamo in atto un percorso di analisi interna. Che non è assolutamente dipendente da Marco Chiesa».

La copresidente del Ps Laura Riget: 'È un partito di destra, rimarrà un partito di destra'

A sinistra, invece? «Non vedo questo rischio, l’Udc è sempre stato un partito di destra e rimarrà un partito di destra anche con Chiesa» esordisce da noi raggiunta la copresidente del Ps Laura Riget. Per poi aggiungere come «quello che forse cambierà con Chiesa è che per ora l’Udc nazionale, a parole, ha sempre detto di voler difendere le lavoratrici e i lavoratori e i loro salari. Ma nei fatti e nelle proposte, a livello di parlamento federale, hanno sempre respinto ogni discorso in questo senso come ad esempio il rafforzamento delle misure di accompagnamento alla libera circolazione. Forse sotto la presidenza di Chiesa, che viene dal cantone dove le conseguenze negative della libera circolazione sono più evidenti, auspico ci sia maggior sensibilità sul tema. Ma non mi faccio grandi illusioni».

Detto delle acque mosse nell’area di destra, questa nomina può spingere il Ps a fissare ancor più i propri paletti nel dibattito politico ticinese? «Assolutamente sì» esclama Riget: «Questa crisi ha messo a nudo le fragilità del nostro sistema economico e della società. In Ticino si rischia un’emergenza sociale, e sarà importantissimo fare di più in questo ambito. Come Ps ci impegneremo a fondo». Perché «c’è bisogno di più sinistra, la pandemia ha dimostrato che ci vuole più Stato, non meno Stato».

Fiorenzo Dadò, presidente del Ppd: 'Daremo risposte concrete e coerenti coi nostri valori'

Anche al centro non si vive con molta preoccupazione la nomina di Chiesa, che avverrà il 22 agosto all’assemblea dei delegati democentristi convocata a Brugg. Il presidente popolare democratico Fiorenzo Dadò alla ‘Regione’ risponde che «come idea potrebbe anche starci, capisco chi ha questi timori di uno spostamento a destra. Ma nella pratica la vedo molto difficile». A Chiesa, aggiunge, «faccio gli auguri, io non ho gran timori». Perché «i partiti potranno più o meno resistere a dipendenza della politica pragmatica che sapranno fare». E annota che «il Ppd deve profilarsi non in maniera populista ma sui temi che interessano il ceto medio-basso e sui nostri valori, con una forte coerenza tra quello che diciamo e che facciamo».

Sui temi spesso cavalcati dalla destra come i rapporti con l’Europa, anche in vista della votazione del 27 settembre sulla disdetta dell’accordo di libera circolazione, aggiunge: «Sono il primo a dire che bisogna collaborare con l’Ue, ma non possiamo far finta di niente sul fatto che c’è un forte abbassamento dei salari in Ticino rispetto al resto della Svizzera dato dal frontalierato, come non si può tacere sulla sostituzione di manodopera e sul costante aumento di frontalieri nel terziario. Le risposte a livello federale sono insufficienti, noi dobbiamo profilarci con risposte concrete, coerenti e finendola con gli slogan».

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