Ticino

Medici, salta l'obbligo di una seconda lingua nazionale

Lo ha praticamente stabilito il Tribunale federale accogliendo parzialmente il ricorso dell'Eoc e di due cliniche private. Sconfessato il Gran Consiglio

Ti-Press
8 giugno 2020
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Per fare il medico in Ticino non serve conoscere una seconda lingua nazionale, con buona pace del Gran Consiglio. A deciderlo una volta per tutte è il Tribunale federale, che ha ritenuto la norma incompatibile col diritto superiore e potenzialmente discriminatoria. Sul tema, Mon-Repos ha accolto due diversi ricorsi contro il legislativo cantonale: uno presentato dall’Ente ospedaliero cantonale e da tre medici – patrocinati dall’avvocato Filippo Gianoni – e l’altro dalle cliniche private Sant’Anna e Ars Medica, patrocinate dall’avvocato Flavio Canonica.

Dove eravamo rimasti

Il riassunto della vicenda: la revisione della Legge sanitaria adottata l’11 dicembre 2017 imporrebbe a chi voglia praticare una “professione medica universitaria” in Ticino l’obbligo di conoscere, oltre all’italiano, anche il francese o il tedesco secondo criteri corrispondenti “a un livello B1 secondo gli standard internazionali”. Problema molto rilevante per un cantone nel quale sono stranieri 6 medici su 10. Poi c'è l'ostacolo giuridico: la seconda lingua non è richiesta dalla legislazione federale.

All’epoca si era molto discusso circa il potenziale discriminatorio della norma e i rischi che comportava nel soddisfare il fabbisogno di personale, e l’allora direttore del Dipartimento della sanità e della socialità Paolo Beltraminelli era stato chiaro: «L’introduzione obbligatoria della seconda lingua nazionale è una norma contraria al diritto federale che davanti a un ricorso non tiene». Eppure il Parlamento aveva ritenuto indispensabile per la sicurezza dei pazienti la padronanza della seconda lingua, per evitare problemi nella consultazione della farmacopea svizzera e in ultima istanza per il bene dei pazienti.

'Contrario al diritto federale'

Secondo i giudici di Losanna l’autorizzazione d’esercizio per i medici ­spetta sì ai Cantoni, ma nel rispetto delle condizioni dettate dalla Confederazione, e la norma nazionale è chiara nel parlare di “una lingua sola”. Pertanto il criterio ticinese della seconda lingua dev’essere “considerato contrario al diritto federale superiore” (peraltro a Berna, in sede di dibattito prima dell’ultima modifica federale, si era notato da più parti che per alcune professioni mediche è più importante l’inglese della seconda lingua nazionale).

Rischio di discriminazioni

Non solo: l’accordo con la Comunità europea “non proibisce solo le discriminazioni fondate manifestamente sulla nazionalità (discriminazioni dirette), ma anche ogni forma di discriminazione dissimulata che, attraverso l’applicazione di altri criteri di distinzione, conduce nei fatti al medesimo risultato (discriminazioni indirette)”, ad esempio quando una condizione “può essere rispettata con più facilità da lavoratori locali”. E “benché non fondata sul criterio di nazionalità” la richiesta di una seconda lingua va “a colpire maggiormente” coloro che vengono da fuori senza conoscere il tedesco o il francese, “in particolare, in provenienza dalla vicina Italia”.

Mon-Repos non vede poi né la proporzionalità, né le ragioni d'interesse pubblico che giustificherebbero un’eccezione. Le restrizioni possibili a livello cantonale sono ammissibili solo se di natura tecnica o limitata a livello temporale e geografico, e non vi sarebbe alcuna lacuna da colmare come invece ipotizzato dal Gran Consiglio. Né costituisce un argomento valido l’attuale assenza di una farmacopea – il registro nazionale dei medicamenti – in lingua italiana, problema che semmai si dovrà risolvere con una traduzione.

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